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di AMDuemila
Ilaria Cucchi: "Chi ci ha fatto soffrire ne risponderà"

La Procura di Roma ha chiuso l'indagine sui depistaggi relativi alla morte del giovane 33enne Stefano Cucchi, avvenuto a quasi 11 anni fa. Rischiano di finire sotto processo otto carabinieri tra cui il generale Alessandro Casarsa (all'epoca dei fatti capo del Gruppo Roma) e il colonnello Lorenzo Sabatino (ex capo del nucleo operativo di Roma). I reati contestati, a seconda delle posizioni, falso, omessa denuncia, favoreggiamento e calunnia. L'atto di chiusura delle indagini, firmata dal procuratore capo Giuseppe Pignatone e dal sostituto Giovanni Musarò, riguarda anche Francesco Cavallo (all'epoca dei fatti tenente colonnello capoufficio del comando del Gruppo Roma), Luciano Soligo (all'epoca maggiore e comandante della Compagnia Montesacro), Massimiliano Colombo Labriola (all'epoca comandante della stazione di Tor Sapienza), Francesco Di Sano (all'epoca in servizio a Tor Sapienza), Tiziano Testarmata (comandante della quarta sezione del Nucleo investigativo) e il carabiniere Luca De Cianni.
Secondo gli inquirenti la catena dei falsi sarebbe partita proprio da Alessandro Casarsa, accusato insieme a Cavallo, Di Sano, Colombo Labriola e Soligo, di falso ideologico.
I pm affermano che gli indagati "avrebbero attestato il falso in una annotazione di servizio, datata 26 ottobre 2009, relativamente alle condizioni di salute di Cucchi", arrestato dai carabinieri di Roma Appia e portato nelle celle di sicurezza di Tor Sapienza, tra il 15 e il 16 ottobre del 2009. Per l'accusa il falso fu confezionato "con l'aggravante di volere procurare l'impunità dei carabinieri della stazione Appia responsabili di avere cagionato a Cucchi le lesioni che nei giorni successivi gli determinarono il decesso".
Inoltre, per allontanare i sospetti e garantire "l'impunità dei carabinieri della stazione Appia", secondo la Procura di Roma, fu redatta una seconda nota sullo stato di salute di Stefano Cucchi, con la data truccata del 26 ottobre, nella quale si attestava falsamente che "Cucchi riferiva di essere dolorante alle ossa sia per la temperatura fredda/umida che per la rigidità della tavola del letto ove comunque aveva dormito per poco tempo, dolenzia accusata per la sua accentuata magrezza omettendo ogni riferimento alle difficoltà di deambulare accusate da Cucchi". Dunque dolori causati dal letto, dal freddo e dalla magrezza, secondo i carabinieri.
Secondo l'accusa c'è poi una seconda nota falsa sullo stato di salute di Cucchi. Quella che attesta "uno stato di malessere verosimilmente attribuito al suo stato di tossicodipendenza". La procura sottolinea che il carabiniere scelto Gianluca Colicchio (non indagato, ndr) fu "indotto a sottoscrivere il giorno dopo una nota in cui falsamente attribuiva allo stesso Cucchi 'uno stato di malessere generale, verosimilmente attribuito al suo stato di tossicodipendenza', omettendo ogni riferimento ai dolori al capo e ai tremori manifestati dall'arrestato".

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Ilaria Cucchi © Imagoeconomica


La mancata denuncia

Nell'atto di chiusura delle indagini sui depistaggi si evidenzia anche come gli ufficiali dei carabinieri Lorenzo Sabatino (ex capo del nucleo operativo di Roma) e Tiziano Testarmata (comandante della quarta sezione del Nucleo investigativo), delegati dalla Procura nel novembre del 2015 ad acquisire una serie di documenti, pur avendo accertato che erano false le due annotazione sullo stato di salute di Cucchi dell'ottobre del 2009 hanno "omesso di presentare denuncia". I due, accusati di omessa denuncia e anche di favoreggiamento per avere aiutato "i responsabili ad eludere le investigazioni delle autorità", delegati "all'acquisizioni di atti riguardanti gli adempimenti successivi all'arresto di Cucchi, resisi conto che due annotazioni di pg erano ideologicamente false omettevano di presentare denuncia", scrivono i pm. Nello specifico si afferma che Sabatino dopo l'acquisizione degli atti "si limitava ad elencare la documentazione prelevata presso la compagnia Roma Casalina, la compagnia Montesacro e presso il comando Gruppo carabinieri di Roma, omettendo di denunciare la sussistenza del reato e omettendo di evidenziare che esistevano due versioni per ciascuna annotazioni e che una delle due era falsa".
Dal canto suo Testarmata "nel redigere la relazione del 12 novembre 2015 ometteva di dare atto di quanto accertato il 5 novembre del 2015 presso il comando stazione di Tor Sapienza in merito al rinvenimento di due versioni per ciascuna annotazione del 26 ottobre del 2009".

Fotosegnalamento alterato
Altro aspetto riguarda la vicenda del fotosegnalamento del geometra romano, dopo il suo arresto. In particolare i pm contestano al comandante Tiziano Testarmata il favoreggiamento in quanto l'ufficiale recatosi "il 4 novembre del 2015 presso la compagnia Casilina per acquisire una serie di atti" si è reso conto che "il registro delle persone sottoposte a fotosegnalamento della Compagnia di Roma Casilina era stato alterato". In particolare "era stato cancellato con il bianchetto - scrivono i pm - il passaggio di un soggetto dalla sala Spis nella giornata del 16 ottobre del 2009 (giorno dell'arresto di Cucchi)". Secondo l'accusa Testarmata ha "omesso di prelevare il registro in originale nonostante fosse stato ripetutamente ed esplicitamente stimolato in tal senso dal maggiore Pantaleone Grimaldi (comandante della compagnia Casilina) e dal tenente Carmelo Beringheli (comandante del nucleo operativo di Casilina)".

La calunnia al "supertestimone" Casamassima
Accusato di falso ideologico e di calunnia è il carabiniere Luca De Cianni. Nel capo di imputazione si fa riferimento ad una nota di polizia giudiziaria che l'indagato ha redatto il 18 ottobre scorso e che faceva riferimento ad un incontro avuto con il collega Riccardo Casamassima, il "supertestimone" grazie alle cui dichiarazioni sono state avviate ulteriori indagini sul pestaggio del geometra romano.
Secondo l'accusa, nella nota De Cianni ha attestato il falso attribuendo a Casamassima una serie di dichiarazioni. "Casamassima gli aveva riferito - scrivono i magistrati di piazzale Clodio - che alcuni carabinieri della stazione Appia avevano colpito con schiaffi Stefano Cucchi ma che non si era trattato di un pestaggio; che Cucchi si era procurato le lesioni più gravi compiendo gesti di autolesionismo; e che lo stesso Casamassima avrebbe chiesto una somma di denaro a Ilaria Cucchi, sorella di Stefano, e in cambio avrebbe fornito all'autorità giudiziaria dichiarazioni gradite alla stessa sorella". Il reato di calunnia è legato a quanto affermato da De Cianni, il 2 novembre scorso, davanti agli agenti della squadra mobile. Il carabiniere "ha ribadito quanto già attestato nella predetta annotazione - è detto nel capo di imputazione - e implicitamente accusava Casamassima, sapendolo innocente, del reato di false informazioni al pm, falsa testimonianza e di calunnia". Se l'imminente richiesta di rinvio a giudizio dovesse essere accolta, si tratterebbe del quarto processo sul caso Cucchi in dieci anni. Dopo il primo, a carico del dirigente penitenziario, si è svolto quello a carico dei medici e della polizia penitenziaria, tutti assolti. Ma sotto i riflettori c'è il processo scaturito dall'inchiesta bis, oggi al vaglio della Corte d'Assise, in cui sono imputati cinque carabinieri, tre dei quali accusati di omicidio preterintenzionale. E' proprio in questo dibattimento che si sono avvicendati una serie di colpi di scena, primo fra i quali la confessione di uno degli imputati che ha accusato i suoi colleghi del pestaggio di Stefano, e la serie di depistaggi messi in atto dalla catena di comando. Presunte manipolazioni che hanno portato agli otto avvisi di garanzia nell'inchiesta appena conclusa. "In questi momenti di difficoltà emotiva per la nostra famiglia è di conforto sapere che coloro che ci hanno provocato questi anni di sofferenza in processi sbagliati verranno chiamati a rispondere delle loro responsabilità. Un'enorme vittoria per la nostra famiglia e la nostra giustizia", ha commentato Ilaria Cucchi, sorella di Stefano.

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