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operazione pupi di pezzaAi domiciliari il padre del sindaco di Catania
di AMDuemila - Video
Sono undici le misure cautelari (nove arresti domiciliari e due provvedimenti interdittivi) emesse dal Gip di Catania su richiesta della Procura nell’ambito dell’operazione ‘Pupi di pezza’ portata avanti dalla guardia di finanza. A coordinare le indagini è il gruppo di magistrati che indaga sui reati contro la Pubblica amministrazione guidato dal sostituto Fabio Regolo.
Tra gli imprenditori finiti nell’inchiesta e oggi ai domiciliari c’è anche il padre del sindaco di Catania, Antonio Pogliese, accusato di associazione per delinquere, bancarotta ed evasione fiscale. Pogliese, tra gli imprenditori più noti di Catania, ha uno degli studi commercialisti più importanti della città legato soprattutto al settore della grande distribuzione. Tra le persone coinvolte nell’operazione, oggi ai domiciliari, ci sono anche alcuni associati dello studio Pogliese tra cui Michele Catania e Salvatore Pennisi. Insieme a Pogliese, i due sono accusati di aver costituito “un'associazione a delinquere, almeno dal 2013, dedita ad una serie indeterminata di condotte delittuose in materia societaria, fallimentare e fiscale”, grazie all’aiuto di Salvatore Virgillito, liquidatore fiduciario dello studio, finito anche lui ai domiciliari. Gli altri imprenditori coinvolti nell’operazione sono Antonino Grasso, Concetta Galifi, Giuseppe Andrea Grasso, Alfio Sciacca, Nunziata Conti, Rosario Patti e Michele Grasso.

Dalle intercettazioni della finanza emergerebbe un sistema solido legato alla bancarotta e all’evasione fiscale. “Da questa pesantezza dell'azione della Procura non escluderei che possano fare un monitoraggio: la cosa più pericolosa è questa anche perché se lo fanno non lo fanno su Virgillito, che lo considerano un 'pupo di pezza', magari loro lo fanno per colpire qualcun'altro". Queste sono le parole di Antonio Pogliese mentre parla al telefono con uno dei suoi associati Michele Catania intercettato dalle fiamme gialle. Sempre Pogliese, parlando con l’amministratrice della ‘Prima trasporti srl’, Concetta Galifi, anche lei ai domiciliari, dice: "Dopo alcuni mesi è uscito il cadavere... Allora il dottore Catania non c'era perché c'era un altro... questo cadavere mica più tempo passa e poi si sistema da solo...". "Il mio disegno - spiega Pogliese all'imprenditrice - era mettiamola in liquidazione e la cancellata cancelliamo... con il senno di poi... Il mio disegno era di cancellarla nel 2015... Allora questo rischio della Procura non c'era perché la legge fallimentare e del 42 no? Non abbiamo stimato il rischio della Procura - continua Pogliese - perché allora non era stimabile”.



Sono certo che saprà dimostrare sua totale estraneità ai fatti” ha dichiarato, Salvo Pogliese, sindaco di Catania. “Sono dispiaciuto e amareggiato per la vicenda giudiziaria che investe mio padre per la sua attività professionale, nota e apprezzata a Catania e in Sicilia". Commentando l’azione della Procura ha poi proseguito: "Per antica tradizione familiare e culturale - aggiunge il sindaco, ex eurodeputato di Forza Italia - ho sempre riposto la massima fiducia nella magistratura a cui è rimessa ogni valutazione sulle accuse mosse. Con altrettanta convinzione sono sicuro che mio padre, di cui ho sempre ammirato l'adamantina condotta di professionista e di genitore, saprà dimostrare la sua totale estraneità ai fatti che gli vengono contestati, riguardanti lo svolgimento di alcuni incarichi di consulenza dello studio professionale che - continua Salvo Pogliese - dirige da cinquanta anni senza che alcuna ombra ne abbia offuscato l'operato. Mai".

Il procuratore Zuccaro, commentando l’inchiesta, ha parlato di un “sistema perverso di sottrazione all'erario di somme di denaro ingenti in maniera sistematica". Per l’accusa, Antonio Pogliese e il suo studio avrebbero creato progetti di riorganizzazione aziendali fittizi e si sarebbero fatti intermediari per presentare documenti fiscali all’erario tramite prestanome che diventavano liquidatori di società prima che queste ultime venissero liquidate. L’imprenditore catanese è accusato di non aver presentato al tribunale i libri contabili delle società che seguiva per dar corso alle procedure concorsuali. Il suo lavoro consisteva invece nel dare inizio alla liquidazione delle società che venivano svuotate degli assetti positivi, mandati ad altre società che a loro volta si ripartivano poi gli utili con gli stessi amministratori che le avevano gestite. L’indagine delle fiamme gialle era partita nel 2011 a seguito di un elenco di Riscossione Sicilia che riportava numerosi contribuenti che risultavano essere evasori di grandi somme di denaro.
Commentando la vicenda, il procuratore Zuccaro ha affermato che “uno sviluppo economico ed un ritorno alla legalità in questa città deve passare necessariamente da una riconversione etica di quelle che sono le persone che hanno posizioni nella società tra le più importanti. Spetta a loro cercare di modificare i loro comportamenti illeciti". Carmelo Zuccaro ha poi aggiunto: "E' evidente che se non c'è questa riconversione, uno sviluppo di Catania non potrà mai ripartire nel mondo in cui tutti noi auspichiamo".
Il disappunto di Zuccaro si è espresso soprattutto rispetto allo studio Pogliese: “da parte di uno degli studi più importanti di Catania - ha detto - si è posta in essere una attività sistematica volta a favorire delle società che nel mercato agivano in maniera predatoria e truffaldina, non corrispondendo all'erario ciò che era dovuto".
"Chi gestisce in maniera illecita determinate attività - ha aggiunto - ha oggi ragione di temere che l'autorità giudiziaria e gli investigatori non lascino impunite quelle che sono attività di una gravita immensa per il danno sociale che arrecano” ha terminato Zuccaro.

Lo studio Pogliese e le società indebitate con l’Erario avrebbero evaso il pagamento di imposte per oltre 220 milioni di euro grazie alla fitta rete di imprenditori e liquidatori prestanome.
Nell’ordinanza cautelare del Gip Santino Mirabella si sottolinea che “i reati commessi sono gravi, eccezionalmente dannosi economicamente per la collettività e posti in essere in maniera impudente e spregiudicata". Secondo Mirabella, il padre del sindaco di Catania sarebbe “il promotore e organizzatore dell'associazione per delinquere e dominus dei singoli reati“.

Fonte: ANSA

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