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anno giudiziario palermo 2019Nella relazione citata anche la sentenza trattativa Stato-mafia
di Aaron Pettinari
Dai dati sulla criminalità all'analisi dell'attività giudiziaria, fino alle considerazioni sul contrasto alla criminalità organizzata. Sono questi alcuni degli argomenti che sono contenuti nella relazione di apertura dell'anno giudiziario, stilata dal presidente della Corte d'Appello di Palermo, Matteo Frasca. Una relazione in cui, per la prima volta, viene anche citata la sentenza del processo trattativa Stato-mafia, conclusosi lo scorso 20 aprile. Del resto non si poteva non dare atto di un dibattimento che ha impegnato una Corte d'assise per oltre cinque anni con ben 228 udienze, con l’esame di oltre 190 testimoni e di oltre 60 faldoni di documenti cartacei, oltre ad un numero incalcolabile di documenti acquisiti in formato digitale.
"Le attività di indagine ed il successivo giudizio dibattimentale hanno riguardato, in estrema sintesi, l’elaborazione e l’attuazione, a partire dal 1992, di un articolato piano di attentati ordito dai vertici di Cosa Nostra per 'ricattare' le istituzioni dello Stato e indurle a ridimensionare l’azione di repressione e contrasto alle organizzazioni mafiose - si scrive nella relazione - La sentenza ha altresì riconosciuto la 'estrema gravità' dei comportamenti contestati agli imputati; con evidenti ricadute sulla dosimetria delle pene irrogate, giunte - nei casi più gravi - fino a ventotto anni di reclusione". E poi ancora: "Si è trattato di un processo di straordinaria complessità per la vastità dei temi trattati, per le implicazioni delle attività oggetto delle contestazioni di reato e per la necessità, altresì, di affrontare e risolvere questioni giuridiche di assoluta novità per l’assenza di precedenti giurisprudenziali e di significative analisi dottrinarie, tra le quali spiccano, oltre che quelle relative alla inusuale qualificazione giuridica dei fatti, tutte le problematiche connesse all’assunzione testimoniale, per la prima volta, di un Presidente della Repubblica in carica ed alla complessa diretta interlocuzione che l’ha preceduta per la risoluzione sia delle questioni non certo secondarie di carattere pratico, sia di quelle giuridiche connesse al contemperamento dell’esigenza processuale con le norme costituzionali - o regolamentari di rango costituzionale - che disciplinano le funzioni del Capo dello Stato e la Sede in cui questi svolge la propria funzione". Frasca sottolinea come "il processo è stato condotto dalla Corte di Assise con unanime riconoscimento di elevata professionalità e infine concluso, in tempi assolutamente ragionevoli in rapporto all’ampiezza dell’attività istruttoria dibattimentale compiuta ed, anzi, persino inferiori rispetto a molti altri dibattimenti anche di minore complessità, con la sentenza pronunziata il 20 aprile 2018, le cui motivazioni - compendiate in oltre cinquemila pagine - sono state, poi, depositate nel rispetto del termine di legge previsto".

L'analisi su Cosa nostra
Per quel che riguarda le attuali dinamiche di 'Cosa nostra', la relazione sottolinea i cambiamenti interni dell'organizzazione a partire dalla morte del Capo dei capi, Totò Riina, intercorsa il 17 novembre 2017. "Sebbene dalle indagini, in quel momento in corso, non emergessero specifici segnali di pericolo, da parte di alcuni si era temuto il verificarsi di gravi fatti di sangue - scrive il Presidente della Corte d'Appello - tenuto conto del tempo trascorso, della costante 'pressione' esercitata dalla notevole attività cautelare da parte dell’Ufficio, nonché dell’esito delle più recenti indagini, si può ragionevolmente escludere non solo l’insorgere di una guerra di mafia, ma anche di episodici e numericamente limitati omicidi di 'assestamento'".
Quindi secondo Frasca "la morte del detto Riina ha contribuito ad accelerare i processi non conflittuali di riorganizzazione dei vertici dell’organizzazione e delle altre strutture decisionali intermandamentali, che probabilmente, anche se con tempi più dilatati, si sarebbero in ogni caso verificati, perché conformi alle esigenze strategiche della stessa. Quanto detto si traeva già dalla percezione dello stato di attesa della morte del Riina, quasi di impazienza, diffusa in una certa frangia di 'cosa nostra', per svolgere la suindicata attività di riorganizzazione, con la precisazione che tale frangia deve essere individuata all’interno degli stessi 'corleonesi' [anche se non dei fedelissimi], e non solo dei 'perdenti'[come sarebbe stato naturale]". In questo quadro di rinnovamento, secondo Frasca, si può "ragionevolmente escludere un'influenza del noto latitante Matteo Messina Denaro nelle dinamiche dei mandamenti parlamentari". Guardando alla rete degli affari, nonostante le difficoltà in cui verte l'associazione criminale con i continui arresti, resta più che mai presente e varia in più settori: dal traffico di stupefacenti, alle scommesse on line, al riciclaggio di denaro (tanto in Italia quanto all'estero) e le estorsioni. "Le fonti di reddito di Cosa nostra provengono dal traffico di stupefacenti (acquistati di regola dalle organizzazioni calabresi e campane) e dalle estorsioni. E continua l'espansione all'infiltrazione nel settore dei giochi delle scommesse, che comporta inevitabilmente accordi illeciti con professionisti del settore; permane la presenza nel campo degli appalti ma la 'gestione' e la turbativa riguardano quasi esclusivamente quelli degli enti locali di piccole e medie dimensioni". Per quanto riguarda le attivita' di riciclaggio fuori dalla Sicilia, "sussistono concreti elementi per ritenere che, oltre a quelle tradizionalmente ramificate all'estero, la destinazione privilegiata delle somme da ripulire in Italia non sia costituita dalle regioni del Nord, bensi' da quelle centrali, con particolare riferimento alla regione Lazio". 
Inoltre si evidenzia la nota dolente riguardo le denunce spontanee contro il pizzo: "Purtroppo nonostante la meritoria attività di alcune associazioni antiracket, affidabili e realmente attive sul territorio, rimane esiguo il numero delle vittime che, di loro iniziativa, denunciano gli autori delle estorsioni" mentre "non è certamente irrisorio il numero di quelle che, anche di fronte all'evidenza, negano i fatti".

I dati della relazione
Nella relazione vengono anch snocciolati i numeri delle denunce. In aumento risultano essere quelle per violenza sessuale (pari al 26 per cento) e i reati di pedopornografia e pedofilia (14 per cento). Diminuiscono del 70% i femminicidi e sono minori anche le rapine ed i furti. Salgono le percentuali delle denunce legate a storie di tossicodipendenza (24 per cento) e diminuiscono del 47 per cento le denunce contro la mafia.

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