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borsellino paolo c shobha 900di Aaron Pettinari
Il collaboratore di giustizia sentito oggi al processo contro Matteo Messina Denaro

Il giudice Paolo Borsellino, quando dirigeva la Procura della Repubblica di Marsala, doveva essere ucciso "con modalità eclatanti" ma i capi Francesco D'Amico e Francesco Craparotta, interpellati dalla famiglia di Mazara del Vallo, si rifiutarono e per questo furono uccisi. A raccontare il fatto è stato oggi il collaboratore di giustizia Carlo Zichittella, ex uomo d’onore avversario dei corleonesi, sentito oggi al processo in corso davanti alla Corte d'Assise di Caltanissetta (presieduta da Roberta Serio) contro il super latitante Matteo Messina Denaro, già condannato per le stragi del 1993, e qui accusato di essere stato tra i mandanti per quelle di Capaci e di via d'Amelio.
In particolare il pentito ha raccontato di aver saputo da Gaetano D'Amico della riunione che si tenne a Mazara del Vallo. Rispondendo alla domanda del procuratore aggiunto Gabriele Paci su cosa si intendesse per "modalità eclatanti" ha aggiunto: "Non c'era un posto giusto dove si poteva fare. Nel tragitto che Borsellino faceva ogni giorno sarebbero morte anche altre decine e decine di persone e allora i marsalesi non ci stavano a questa storia qua e non hanno accettato. Loro dicevano di creare un altro posto con meno clamore". Secondo Zichittella "non era possibile che una cosa del genere non fosse decisa da Riina. Era lui che comandava la Sicilia in quel periodo". Il processo è stato poi rinviato al prossimo 24 gennaio.

Foto © Shobha

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