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de raho cafiero c cimagoeconomicadi AMDuemila
"L'episodio di Castellammare di Stabia è sicuramente molto grave e quello che è avvenuto dimostra evidentemente come determinati orientamenti di censura, o addirittura odio, nei confronti di collaboratori di giustizia siano sostenuti coralmente da un intero quartiere, o comunque da gran parte delle persone che vi abitano. Perché è evidente che annotare su quella catasta di legno, su quel fuoco, una frase come quella significa che vi è un grande consenso in quel quartiere verso la camorra". A parlare è il Procuratore nazionale antimafia Federico Capire de Raho, ospite ieri alla trasmissione "Che tempo che fa" su RaiUno. Nella città campana, roccaforte del clan D'Alessandro, la scorsa notte è apparsa la scritta "Così devono morire i pentiti, abbruciati" su uno striscione accanto a un falò, dove è stato bruciato anche un manichino. Poi è stato dato fuoco alla catasta di legna, al fantoccio e allo striscione, il tutto accompagnato dagli applausi di una piccola folla di persone. Un gesto chiaro, evidente, che dimostra anche il danno che i collaboratori di giustizia possono fare alla criminalità organizzata. "Vi è insofferenza nei confronti di coloro che consentono di illuminare quella che è l’organizzazione camorrista dall’interno, che consentono l’individuazione dei responsabili e degli alleati - ha detto ancora de Raho - Proprio quei collaboratori di giustizia che oggi ci consentono di conseguire grandi risultati, perché è vero che essi - insieme agli strumenti delle intercettazioni ambientali e telematiche, perché ormai per telefono camorristi, mafiosi e 'ndranghetisti non parlano più - rappresentano l’unica fonte di prova. Questa insofferenza si manifesta soprattutto laddove, come nel caso di Castellammare di Stabia, ci sono operazioni della magistratura e delle forze dell’ordine. E dimostra che i collaboratori di giustizia sono effettivamente un’arma per riaffermare la legalità".
Rispondendo ad una domanda del conduttore se la mafia oggi in Italia fosse sottovalutata ha risposto: “Sono anni che anche il governatore della Banca d’Italia individua le mafia come la zavorra dell’economia italiana, eppure nei confronti delle mafie ancora ci si muove come se fosse qualcosa che deve necessariamente essere presente nei nostri paesi. Vorrei citare la famosa frase di Corrado Alvaro che disse che la più grande disperazione che può colpire una società è quella che vivere onestamente sia inutile, ebbene se questo lo guardasse anche chi ha il compito di portare la nostra economia a livelli superiori, di competizione, evidentemente la mafia non sarebbe un male inestirpabile, sarebbe un male che si può distruggere se solo lo si volesse realmente”.

Foto © Imagoeconomica

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