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7di Davide de Bari - Video e Foto
“Ho scritto questo libro per la grande paura che ho avuto quando magistratura e forze dell’ordine hanno sventato un attentato contro di me e gli uomini della mia scorta. Ma è anche un libro d’inchiesta: ci sono storie incredibili di affari e di latitanza di Matteo Messina Denaro, ci sono deputati dell’Assemblea regionale siciliana che hanno i commercialisti delle società dello stesso Messina Denaro. Fatti gravissimi, che cerco di ricostruire con nomi e cognomi”. E’ con queste parole che il giornalista Paolo Borrometi ha esordito nella presentazione del suo libro, ieri, a Roma, dove hanno partecipato il procuratore nazionale Antimafia Federico Cafiero de Raho, il Comandante Generale dell’Arma, Giovanni Nistri, Vittorio Di Trapani (segretario dell'Unione Sindacale Giornalisti Rai), Raffaele Lo Russo (segretario generale della Federazione della Stampa Italiana), Giovanni Grasso (consigliere per la Stampa e la Comunicazione - Presidenza della Repubblica) e il regista e attore Pif.
Il libro prende il nome dalle intercettazioni del 10 aprile scorso in cui la Polizia di Pachino aveva intercettato i dialoghi di Giuseppe Vizzini, braccio destro del capomafia di Pachino Salvatore Giuliano, che anticipava ai figli: che ci sarà "u iocufocu (ci saranno i fuochi d'artificio, lo scoppio della bomba), come c'era negli anni '90. Ogni tanto un murticeddu (un morto), vedi che serve. Succederà l'inferno, una mattanza per tutti”. Nel libro è raccontato il progetto di attentato nei confronti del direttore del sito indipendente La Spia.it: dall’intercettazione dalle indagini della polizia. "Se gli sparano non gli fanno niente. Quello (il capomafia) fa saltare a lui, alla scorta, tutti, tutti, tutti, anche la scuola doveva saltare con tutti i bambini dentro" avrebbero detto i mafiosi in una intercettazioni, riportata in “Un morto ogni tanto”. Nell’aprile scorso, gli investigatori hanno scoperto il piano stagista nei conforti di Borrometi.
Il giornalista durante la presentazione ha anche fatto una riflessione sulla sua vita da scortato: “Vivere sotto scorta? Un inferno, ma ho preservato la mia libertà di pensiero, che è quella più importante”.

La latitanza di Matteo Messina Denaro
A intervenire alla presentazione del libro del giornalista e presidente di Articolo21 è stato il procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero de Raho che ha parlato della latitanza del boss stragista Matteo Messina Denaro e come questo presto potrebbe finire in carcere: “Certamente cadrà in mano allo Stato, avrà il trattamento sanzionatorio previsto in uno Stato di diritto che prevede che siano assicurate al carcere le persone pericolose, lui prima di tutti. Non arrivare a questo obiettivo è incomprensibile”. Inoltre il capo della procura nazionale antimafia ha parlato del giornalismo d’inchiesta e come questo sia raccontato da pochi, quindi ha invitato a stare vicino a Borrometi e ai giornalisti minacciati (a oggi sono 176 sotto tutela). “Oggi il giornalismo di inchiesta è un racconto di pochi. - ha detto de Raho - spesso sono i più giovani e senza tutele quelli che si espongono, scrivono senza contratti e le mafie non tollerano che si parli di loro”.

Il deputato Gennuso e il voto di scambio
Il libro non è solo un racconto sul vissuto del giornalista, ma rivela anche le inchieste seguite sul voto di scambio riguardo il quattro volte deputato regionale Giuseppe Gennuso. “La società più importante della famiglia Gennuso ci porta insomma dritti dritti a Castelvetrano. - ha scritto Borrometi - I componenti del collegio sindacale incredibile ma vero, non ce n’è uno che non sia di Castelvetrano, la patria - tanto per citarne uno - dell’inafferrabile Matteo Messina Denaro. Secondo il giornalista, i commercialisti delle società non sono una “scelta qualunque”, perché sono i “commercialisti che annoverano tra i loro clienti ‘società e ditte’ dei Messina Denaro” e sono fra “le concause” che portarono “nel giugno scorso allo scioglimento per mafia dello stesso Comune di Castelvetrano”. In riferimento al voto di scambio politico-mafioso, Borrometi ha denunciato: “C’è il rischio che il politico non sia perseguibile, perché non c’è un chiaro riferimento all’associazione mafiosa. Ma noi dobbiamo dire con forza che spesso i politici comprano i voti delle mafie attraverso gli intermediari”.



La mafia e la migrazione
“Un morto ogni tanto” racconta anche degli affari sporchi della criminalità organizzata con la migrazione e la piaga delle agromafie. "L'affare dei migranti ha da sempre interessato le mafie e riguarda anche lo smantellamento delle imbarcazioni che li trasportano, che, insieme al clan Ercolano di Catania, era effettuato tramite un'impresa che si trova nel territorio di Pozzallo" scrive Borrometi, denunciando gli affari che le mafie fanno in Sicilia con i migranti e riportando le parole inedite di un collaboratore di Giustizia e già reggente del sodalizio mafioso, Luigi Cavarra. "Gli interessi relativi all'accoglienza dei migranti si riferiscono ad attività presenti a Siracusa. Il clan siracusano Bottaro-Attanasio estende i suoi tentacoli anche al business dei migranti, attraverso l'assegnazione dei bandi per la gestione delle attività di accoglienza in alcune strutture del siracusano e dell'agrigentino".

Le agromafie
"Il pomodorino ciliegino come metafora di quanto la mafia o meglio ancora le mafie, si siano ormai create un posto d'onore persino nei nostri piatti, tra la frutta e la verdura" scrive ancora il giornalista, ricostruendo il viaggio del pomodorino dalla raccolta nelle campagne siciliane alla tavola delle persone. "Quotazioni sui campi stracciate e prezzi gonfiati da rincari ingiustificati: per comprare un chilo di ciliegini una famiglia può arrivare a spendere attorno ai 7,50 euro a Milano, che salgono a 14 a Londra e superano i 15 in Canada, quando quest'anno, in media, un chilo di ciliegini è stato venduto dai produttori per circa 40 centesimi".
All’interno del libro, il giornalista ricostruisce il viaggio tra i campi e i mercati: "Tutto si muoveva sulla dorsale Vittoria-Fondi-Milano. A partire da questi tre centri si sono costruiti pericolosi cartelli mafiosi che avevano gestito in maniera monopolistica le rotte della commercializzazione dei prodotti tra i principali mercati, non solo italiani”. Borrometi non si riserva di fare i nomi e cognomi dei boss e dei clan, infatti, ha spiegato che il “il piatto è ricco” e che: "A Cosa nostra e alla Stidda (coadiuvate da organizzazioni criminali anche straniere) vanno gli affari locali (dalle guardianie al caporalato, al confezionamento dei prodotti, alla loro vendita, ai box per depositarli, fino allo smaltimento della plastica); alla camorra, per la precisione ai casalesi, vanno i trasporti, mentre alla 'ndrangheta va la disponibilità dei camion su cui viaggia la merce".



LA SCHEDA DEL LIBRO
"Ogni tanto un murticeddu, vedi che serve! Per dare una calmata a tutti!". Nelle intercettazioni l'ordine è chiaro: Cosa Nostra chiede di uccidere il giornalista che indaga sui suoi affari. Ma questo non ferma Paolo Borrometi, che sul suo sito indipendente La Spia.it denuncia ormai da anni gli intrecci tra mafia e politica e gli affari sporchi che fioriscono all'ombra di quelli legali. Dallo sfruttamento e dalla violenza che si nascondono dietro la filiera del pomodorino Pachino Igp alla compravendita di voti, dal traffico di armi e droga alle guerre tra i clan per il controllo del territorio. Le un morto ogni tantoinchieste raccontate in questo libro compongono il quadro chiaro e allarmante di una mafia sempre sottovalutata, quella della Sicilia sud-orientale. Il tutto filtrato dallo sguardo, coraggioso e consapevole, di un giornalista in prima linea, costretto a una vita sotto scorta: alla prima aggressione, che lo ha lasciato menomato, sono seguite intimidazioni, minacce, il furto di documenti importantissimi per il suo lavoro, sino alla recente scoperta di un attentato che avrebbe dovuto far saltare in aria lui e la sua scorta. I nemici dello Stato contano sul silenzio per assicurarsi l'impunità, e sono disposti a tutto per mettere a tacere chi rompe quel silenzio. Il primo libro di Paolo Borrometi è una denuncia senz'appello su un fenomeno ritenuto in declino e in realtà più pervasivo di sempre, da combattere anzitutto attraverso la conoscenza del nemico. Perché il potere della mafia, come diceva Paolo Borsellino, è anche un fenomeno sociale, fatto di atteggiamenti e mentalità passive contro cui l'unico antidoto è l'esempio della resistenza e della lotta.

Foto © Imagoeconomica

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