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Il Procuratore nazionale antimafia: “Reati mafia e terrorismo siano imprescrittibili”
di AMDuemila
“Crede a un livello occulto dietro le stragi"? A fare la domanda è una studentessa dell'istituto Don Bosco Ranchibile. Il procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero de Raho non si è sottratto alla risposta e, microfono in mano, ha detto: "Personalmente sì perché ci sono delle situazioni e delle ambiguità che nel nostro modo di pensare non si spiegano. Ci sembra che qualcosa in più vada fatto per capire quale è stata la reale causa e quali le spinte dietro determinate stragi. Penso ad esempio al depistaggio gravissimo seguito all'omicidio di Peppino Impastato, ucciso 40 anni fa, o all'omicidio di Pio La Torre, che stava lavorando alla legge n.646 nota come La Torre-Rognoni sulla fattispecie mafiosa e che inserisce lo strumento della confisca nelle misure di prevenzione. La mafia ha temuto che lo strumento della confisca potesse indebolirla".
Secondo il magistrato “per i reati di mafia e terrorismo una misura più adeguata sarebbe l'imprescrittibilità. In Sicilia tantissimo si sta facendo contro la criminalità organizzata da molto tempo, questo determina il mio ottimismo sulla certezza che tutte le mafie verranno annientate consentendo a questa società di vivere libera". "Noi abbiamo la cultura del coordinamento e dello scambio dell'informazione che ci porta a comunicarla al soggetto che può intervenire, abbiamo una specializzazione nelle forze di polizia che nessun altro Paese ha, mi rendo conto, da procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, - ha osservato - del divario tra il nostro livello di conoscenza e quello del resto d'Europa, dove non hanno idea del livello investigativo che bisognerebbe seguire contro le mafie, noi abbiamo un'esperienza quarantennale imposta dalle stragi, negli altri Paesi questo non è avvenuto per questo le mafie stanno andando altrove. Applichiamo lo stesso metodo per il terrorismo, per questo siamo già pronti e questo finora ci ha consentito di prevenire gli attentati".
Sempre rivolgendosi ai giovani ha proseguito: "Nulla vi potrà fermare se avete ideali profondi, ho sempre pensato che il bene vincerà il male, ho sempre creduto, sin da ragazzo, che era importante schierarsi dalla parte del più debole. Nella squadra e nello sport tutti devono essere forti allo stesso modo, così nel lavoro tutti devono avere di fronte lo stesso obiettivo, quindi condividere il progetto di contrasto alla mafia, condividendo le stesse modalità nel rispetto della segretezza delle indagini. Purtroppo negli anni passati non tutti hanno condiviso gli stessi ideali e questo ha determinato un ritardo nel contrasto alle mafie. Oggi non è sufficiente fare il proprio dovere".
Il Procuratore nazionale antimafia ha anche rivolto un invito alle vittime del racket affinché vi sia una nuova presa di coscienza e denuncino: “A nessuno può essere chiesto di essere eroe. La vittima deve essere protetta. Comprendo che in determinati territori è difficile denunciare, ma dove ci sono reti di associazioni Antiracket a denunciare si è insieme e si è in tanti, senza esporre il singolo. Lo Stato può acquisire determinate informazioni con le sue professionalità evitando di esporre a rischio cittadini che hanno difficoltà. La denuncia può arrivare in un secondo momento. Quando gli imprenditori sono in tanti a denunciare non c'è più rischio per il singolo”. De Raho si è poi soffermato su alcune misure a tutela delle vittime per prevenire la diffusione delle mafie: "La sospensione della potestà genitoriale sottrae i minori alle famiglie mafiose. Ho potuto constatare da procuratore della repubblica di Reggio Calabria il successo in un caso in cui gli stessi genitori vedendo la figlia così appagata e serena hanno preferito proseguire e non farla rientrare".
De Raho ha poi parlato della lotta contro la corruzione, evidenziando come sia necessario prevedere “benefici come per i collaboratori di giustizia, una sorta di impunità per corrotto e corruttore trovando delle forme che consentano di valutare comportamenti di collaborazione, utilizzare agenti sotto copertura per entrare nei sistemi corruttivi infiltrando così soggetti estranei e l'imprescrittibilità per alcuni reati. Secondo me contro la corruzione queste potrebbero essere alcune ipotesi da utilizzare nel contrasto. Di fronte a reati come la corruzione lo Stato non può mai perdere il suo interesse nella lotta". Ed infine è intervenuto commentando l’aggressione di Paolo Signifredi, 53 anni di Baganzola di Parma, commercialista ritenuto dagli investigatori vicino al boss di 'Ndrangheta Nicolino Grande Aracri che dal 2015 collabora con la giustizia. L’episodio, di cui hanno dato notizia alcuni quotidiani e che viene confermato dal legale del pentito, Maria Teresa Pergolari, risale al 18 aprile, quando tre uomini lo hanno picchiato dopo averlo aggredito mentre stava rientrando a casa, in una località protetta. Un’azione intimidatoria con tanto di minacce: "Quando ti riprendi rettifica tutte le dichiarazioni che hai fatto", avrebbero detto.
"È molto grave si sia verificato un episodio di questo tipo - ha detto de Raho - lo Stato ha il dovere di garantire la sicurezza di chi collabora, dei testimoni di giustizia e di chi ha dimostrato la propria vicinanza con la denuncia. Bisognerà comprendere come ciò sia avvenuto, diverse invece sono le modalità attraverso le quali si garantisce l'incolumità a chi è vicino allo Stato e collabora".

Foto © Imagoeconomica