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piazza della loggia bresciaLa sentenza della Cassazione a 43 anni dalla strage
di AMDuemila
Dopo una lunga camera di consiglio la Cassazione ha infine confermato le condanne all’ergastolo per Carlo Maria Maggi e Maurizio Tramonte, considerati responsabili della strage di Piazza della Loggia a Brescia del 28 maggio 1974, quando nella principale piazza bresciana morirono otto persone e 102 furono ferite. La sentenza definitiva è giunta a 43 anni da quel massacro, e ratifica quanto deciso dai giudici d’appello il 22 luglio 2015.
Secondo la Corte Suprema, che ha accolto le richieste del sostituto procuratore generale, Maggi e Tramonte sono rispettivamente mandante ed esecutore materiale della strage. I due appartenevano alla formazione neofascista Ordine Nuovo - di cui Maggi era leader, mentre Tramonte è l'ex fonte “Tritone” dei servizi segreti che ha collaborato alla strage - e sono considerati esponenti di quella “destra eversiva”, così come avevano scritto i giudici di secondo grado, che attraverso la strategia stragista intendeva “destabilizzare il sistema politico italiano attraverso azioni terroristiche eclatanti” e “bloccare con metodi violenti i fermenti progressisti in atto nella società civile”.
Nello scenario disegnato dai giudici milanesi del processo d'appello, un ruolo centrale veniva attribuito a Maggi, medico veneziano e ispettore di Ordine Nuovo per il Triveneto, che “coniugava l'ideologia stragista” con la disponibilità di gelignite, il tipo di esplosivo usato nell'attentato.
A parte i due ordinovisti condannati nella serata di ieri, “altri, parimenti responsabili - scrivevano i giudici di secondo grado nella sentenza - hanno da tempo lasciato questo mondo o anche solo questo Paese, ponendo una pietra tombale sui troppi intrecci che hanno connotato la mala-vita, anche istituzionale, dell'epoca delle bombe”.
Nel corso dell'udienza celebrata ieri in Cassazione, prima della sentenza, il sostituto procuratore generale Alfredo Viola ha iniziato la sua requisitoria ribadendo che “siamo determinati a porre la parola 'fine' a questo processo arduo ma non impossibile da decidere: si tratta di un crimine che ha dilaniato vittime e famiglie e che ha profondamente inciso il tessuto della democrazia, ma la magistratura italiana ha saputo concludere processi per fatti altrettanto gravi e inquietanti”. In aula era presente anche una rappresentanza delle vittime della strage, guidata dallo storico portavoce Manlio Milani, che nell'esplosione della bomba neofascista del 28 maggio 1974, perse la giovanissima moglie.
“Sono troppe le reticenze e i depistaggi - ha proseguito Viola - che hanno percorso le indagini sulla strage di piazza della Loggia, come se la coltre di fumo sollevata dall'esplosione della bomba, la mattina del 28 maggio di 43 anni fa, non si fosse dispersa ma si fosse invece propagata sull'Italia intera”. Per il sostituto procuratore generale si tratta di “un processo indiziario, complesso ma non impossibile: anche se non c'è la pistola fumante, è lo stesso possibile accertare le responsabilità - ha aggiunto il pg - e in questa vicenda ci sono voluti anni per rimuovere gli effetti di indagini errate, o volutamente errate”. “Se c'è una cosa buona in tutto questo tempo che è passato è che l'enorme distanza dai fatti consente di cogliere l'immagine di tutta la foresta e non quella delle singole foglie", ha considerato il sostituto procuratore generale. “E' arrivato il momento - ha poi concluso - nel quale il popolo italiano può finalmente fare i conti con la storia del proprio Paese, davanti alle responsabilità accertate dalla sentenza dei giudici di Milano che ha fatto luce sugli anfratti più bui degli anni della strategia della tensione, compresi gli anfratti istituzionali. Diritto e giustizia potranno coincidere, dopo questo giudizio di Cassazione”. Quindi la richiesta degli ergastoli per Maggi e Tramonte, poi confermati dalla Cassazione.

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