Questo sito utilizza cookie tecnici e di terze parti per migliorare la navigazione degli utenti e per raccogliere informazioni sull’uso del sito stesso. Per i dettagli o per disattivare i cookie consulta la nostra cookie policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque link del sito acconsenti all’uso dei cookie.

quel terribile 92di Francesca Mondin - Foto
Venticinque anni sono passati dalle stragi di mafia più conosciute in Italia e all'estero, quelle contro i magistrati Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Le bombe di Capaci e Via D'Amelio, oltre ad uccidere i due magistrati antimafia di fama internazionale, la moglie di Falcone, Francesca Morvillo e i rispettivi agenti di scorta (Antonino Montinaro, Vito Schifani, Rocco Dicillo, Claudio Traina, Walter Eddie Cosina, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Agostino Catalano), sembrano segnare la morte, sul nascere, di un cambiamento sociale e culturale che si intravedeva a cavallo di quegli anni. Emerge anche questo dal libro “Quel terribile '92” (Edizioni Imprimatur) di Arron Pettinari, presentato ieri ad Urbino all'interno dell'evento “L'esigenza di verità sulle stragi mafiose a 25 anni da Capaci”. “Il ’92  - ha spiegato l'autore - non è stato segnato solo dagli attentati, quella stagione è rimasta impressa nella storia anche per altri fatti: l'esplosione dell'inchiesta “Mani Pulite”, il crollo della partitocrazia, la nascita dei primi populismi, lo scoppio della guerra in Bosnia, la nascita dell'Unione Europea, la fine dell'Apartheid o la definitiva dissoluzione dell'Urss maturata alla fine di dicembre del 1991”. Avvenimenti che segnano il passato e hanno ripercussioni nel presente. Ecco perché diviene fondamentale “fare memoria ma soprattutto capire perché avvennero certe cose, perché a distanza di 25 anni ci sono ancora tante verità mancate o incomplete” dice il caporedattore di AntimafiaDuemila rivolgendosi principalmente ai ragazzi del liceo che non possono ricordare quegli anni se non dai racconti dei genitori o dalle immagini dell'epoca. Ed è così che il racconto di chi c'era, di chi ha vissuto quegli anni diventa un'importante spiraglio di memoria che aiuta a creare dei ponti di significato tra passato e presente. Una voce per ogni anno passato. Sono le parole di Fiorella Mannoia, Daniele Silvestri, Giobbe Covatta, Jacopo Fo, Loredana Cannata e molte altre voci di “testimoni anomali, non addetti ai lavori ma semplici persone che non hanno avuto un ruolo diretto, se non quello di cittadini, rispetto a certe vicende - ha raccontato l'autore - un modo particolare per fare memoria forse, ma io la considero come una sorta di ricostruzione storica, sociale, culturale dal basso. Punti di vista diversi dal solito che si fanno “Coro” per capire cosa ci ha lasciato quell’anno così complesso”.


A testimoniare quegli anni dall'interno della magistratura è stato Vincenzo Macrì, ex procuratore generale alla Corte di Appello di Ancona, giovane magistrato all'epoca delle stragi. Macrì è partito dal 1800 per fare un excursus storico completo delle mafie in Italia e del loro continuo rapporto con gli organi di potere. “Nonostante tutti i cambiamenti di questi duecento anni il fenomeno mafioso non è mai stato in declino anzi si è sempre più rafforzato acquistando forme diverse rispetto passato - ha spiegato Macrì - è un fenomeno che fa parte della nostra società”. Questo perché, ha specificato l'ex procuratore generale di Ancona, “lo Stato ha sempre dialogato con la mafia”. Passando per l'unità d'Italia, l'emigrazione nelle Americhe e la seconda guerra mondiale, Macrì è arrivato fino all'epoca degli omicidi eccellenti in Sicilia e delle stragi dove il dialogo tra mafia e poteri acquista note violente. Dopo aver raccontato come Falcone e Borsellino in vita fossero continuamente criticati e isolati dagli ambienti politici e della magistratura stessa, il magistrato ha delineato l'ambiguo quadro che emerge attorno alle stragi. Dopo la sentenza del maxi processo, che aveva mandato in carcere centinaia di mafiosi, “la mafia fa una serie di riunioni ad Enna e decide di cambiare strategia, si decide di dare una lezione ai politici. In una di queste riunioni, ci dice ora il pentito La Barbera, c’era un uomo sconosciuto non interno a Cosa nostra. Chi era? Per conto di chi era lì?”.
E ancora: “Nella primavera del 1992 Elio Ciolini, un ambiguo personaggio implicato nelle indagini per la strage di Bologna, legato al mondo dei servizi segreti, della massoneria e dell’eversione nera, poco prima dell'omicidio di Salvo Lima, anticipò ai magistrati che nel marzo-luglio del ’92 sarebbe stato ucciso un importante esponente della Dc, sarebbero state compiute stragi”. Informazione simile a quella che “l’agenzia di stampa 'Repubblica' diffonde proprio i giorni prima della strage di Capaci”. Questi sono solo alcuni dei fatti anomali che fanno ben comprendere il clima degli anni '90 percepito e raccontato anche dalle venticinque oggi conosciute personalità nel libro di Pettinari.
E' sempre nel '92 che, come racconta Macrì “la Commissione parlamentare antimafia interroga il pentito Leonardo Messina che dice che alla riunione ad Enna emergono nuovi agganci politici, che cosa nostra non è sola ma è aiutata dalla massoneria e anche da forze internazionali non siciliane”. Una convergenza d'interessi di centri di potere, di sistemi criminali, come li ha chiamati Roberto Scarpinato, magistrato che indagò su questo intreccio complesso che ha condizionato e condiziona il presente. “La lotta contro mafia non sarà mai vinta - ha detto Macrì, condividendo le parole del figlio del banchiere Roberto Calvi - se non si inizia a vedere la mafia con il ruolo di garante del sistema, a volte come braccio armato altre ha valenza politica”.
“La verità giudiziaria spesso non corrisponde alla realtà - ha concluso il magistrato - hanno arrestato il boss Riina e Provenzano ma non ci hanno detto nulla sugli input esterni e questo ci impone di fare ricerca fino in fondo senza guardare in faccia nessuno, senza sciatteria giudiziaria”. La speranza per Macrì risiede ad esempio in processi come quello, comunemente detto sulla “Trattativa Stato-mafia che ci consenta di andare avanti in questa ricerca”. Una ricerca che investe non solo la magistratura ma anche la cittadinanza di tutta Italia, perché come spiega Ramona Bizzarri, tirocinante al tribunale di Pesaro, la mafia si è ben infiltrata in tutto il Paese anche nelle ridenti colline marchigiane. Una ricerca quindi, che chiama a raccolta anche i giovani, come quei ragazzi curiosi presenti ieri all'incontro, che grazie anche ai ricordi ed alle narrazioni di chi ha vissuto il passato può cercare i migliori tasselli per costruire un futuro diverso da “Quel terribile '92”.

ANTIMAFIADuemila
Associazione Culturale Falcone e Borsellino
Via Molino I°, 1824 - 63811 Sant'Elpidio a Mare (FM) - P. iva 01734340449
Testata giornalistica iscritta presso il Tribunale di Fermo n.032000 del 15/03/2000
Privacy e Cookie policy

Stock Photos provided by our partner Depositphotos