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corbo angelo webL'agente di scorta sopravvissuto alla strage di Capaci racconta il dramma al teatro di Ostra (AN)

di Karim El Sadi

"Non c'era la piena volontà di salvare Falcone”, e ancora “era continuamente bersagliato, non era una persona amata ed è stato messo da parte perché dava fastidio". A dirlo è Angelo Corbo, ex agente di scorta del giudice Giovanni Falcone sopravvissuto alla  strage di Capaci insieme a Paolo Capuzza, Gaspare Cervello e l'autista giudiziario Giuseppe Costanza. L'ex agente, intervenuto venerdì all'incontro ''Strage di Capaci: paradossi, omissioni, dimenticanze'' organizzato dal Movimento Agende Rosse di Ancona in collaborazione con il Comune di Ostra, e moderato da Alessandra Antonelli, ha raccontato alla platea l'inferno che vide quel 23 maggio 1992 e che lo segnò per tutta la vita.

Quando una bomba squarciò l'autostrada su cui viaggiava il giudice Falcone uccidendo il magistrato, la moglie Francesca Morvillo, gli agenti di scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro. Che non ci fosse l'interesse di tutelare con decisione Giovanni Falcone, lo dimostra, secondo Corbo, il fatto stesso di essere stato  “buttato” “senza aver mai seguito un corso specifico”, nell'arduo compito di proteggere la vita del giudice più a rischio d'Italia: "vengo scelto a fare la scorta di Falcone nel '90 all'età di soli 24 anni senza tanta esperienza  e con appena 3 anni di servizio - ha rammentato Corbo - vengo chiamato dall'allora capo della squadra mobile Arnaldo La Barbera per sostituire alcuni uomini della scorta” ma “quello che doveva essere un servizio di soli 15 giorni divenne in realtà di 3 anni”. Ma non finisce qui. Corbo lascia scorrere i suoi dolorosi  ricordi che custodisce e afferma che da quando è diventato parte del corpo di protezione di Falcone, sono stati diversi i tentavi di via via diminuire il livello di sicurezza del giudice e della sua scorta: “Dall'avere a disposizione 21 uomini, fucili a pompa, auto blindate, radio specializzate e un elicottero che ci sorvolava la testa, ci ritrovammo nel '91 con appena 12 uomini”. Inoltre qualora “fosse mancato un membro, veniva sostituito da un agente non preparato al difficile meccanismo della scorta Falcone - ha aggiunto ancora - A volte ci levavano le pettorine e spesso anche le macchine blindate”. corbo ancona 2

Questi sono solo alcuni degli episodi raccontati anche nel suo libro intitolato “Strage di Capaci, paradossi, omissioni e dimenticanze” presentato nella serata. Nonostante siano passati quasi 25 anni da quel 23 Maggio, Angelo Corbo sente ancora nella pelle ogni istante di quel tragico momento e nel raccontare quello che è stato il suo calvario confessa che per molti aspetti “vorrebbe essere morto quel giorno” perché il senso di colpa che porta addosso è molto forte. Ricorda come quella mattina addirittura si sentisse euforico perché aveva giocato al Totocalcio ed era convinto di vincere. Nessuno avrebbe immaginato che quel sabato sarebbe stato il giorno più buio della sua vita. Corbo si sofferma a parlare degli attimi precedente le 17.58 di quel pomeriggio e rivela alcuni aneddoti singolari. Recuperato il dottor Falcone durante il tragitto, Corbo ha detto di aver notato che il plotone di scorta stava superando un pullman pieno di ragazzini dell'età di 13-14 anni. “Ricordo le loro facce sorridenti ed è brutto pensare che se questo pullman si fosse trovato accanto a noi poco più avanti, oggi probabilmente non piangeremo solo 5 morti e 21 feriti ma anche tanti ragazzi”. Corbo non ha dubbi su questo ed è sicuro che se le cose fossero andate così “quel pulsantino sarebbe stato premuto ugualmente” senza alcun scrupolo. Ne è sicuro perché fin da bambino sa che la mafia non ha regole morali, non risparmia nemmeno i bambini, come quando il 7 ottobre 1986 Claudio Domino, suo compagno di giochi venne freddato con un colpo alla testa dalla mafia alla tenera età di 11 anni. Ed è anche per questo motivo che Angelo Corbo decise di fare far parte del corpo di polizia.

Sono le 17.58, la bomba esplode. Corbo racconta di aver sentito un grosso boato e l'esclamazione del capo scorta Gaspare Cervello alla guida, ricorda di aver avuto la sensazione di volare mentre la macchina si sollevava di ben 6 metri da terra.
Feriti, Corbo e i suoi compagni sono usciti con fatica dalla macchina e convinti che i colleghi della prima auto siano andati avanti in cerca di soccorsi, si posizionarono intorno all'auto di Falcone semi-distrutta per proteggerlo dal possibile agguato. Avvicinandosi alla macchina tra la coltre di fumo e i “macigni che piovevano”, si accorgono dell'enorme cratere provocato dall'esplosione e del grave stato di salute del giudice. “L'immagine dello sguardo di Giovanni Falcone che ferito ci chiede aiuto ci rimarrà per sempre”. Racconta quei terribili minuti in cui incapaci di estrarre Falcone, la moglie e Costanza dall'auto, erano convinti che i mafiosi sarebbero tornati a terminare l'opera: “Aspettavamo solo il colpo di grazia”. E invece i mafiosi non sono arrivati perché, ha supposto Corbo, evidentemente è “stato suggerito loro così” da qualcuno.
E questo è solo uno dei tanti i punti interrogativi che l'ex agente si pone riguardo quel fatidico giorno: il perché nessuno avesse notato e segnalato gli strani movimenti dei giorni precedenti vicino a quella zona, dagli alberi potati in un periodo tutt'altro che di potatura, alla frequente presenza di una macchina con una gomma bucata posteggiato nei dintorni dell'autostrada. Ma soprattutto che fine ha fatto la valigetta di Falcone e perché nessuno ne parla? corbo ancona 1
Corbo è certo che dietro a Giovanni Brusca e i suoi colleghi ci fosse qualcuno dei piani alti e punta il dito verso i servizi dello Stato: “Sfido chiunque a pensare che con la scarsa esperienza formativa dei boss, essi potessero calcolare con precisione tecnica e scientifica come mettere il tritolo, dove accostarsi e quando premere il pulsante”. Corbo prosegue con amarezza il racconto di un sopravvissuto. Le prime mortificazioni cominciano in ospedale, dove non viene dato nessun tipo di supporto psichico e nemmeno l'opportunità di cambiarsi i vestiti imbrattati di sangue. Il senso di colpa e l'assenza di un sostegno vero, psicologico e fisico da parte dello Stato, portano Corbo a vivere anni duri di frustrazione e stress post-traumatico. L'ex agente esce da questa situazione difficile solo nel 2006 grazie all'aiuto della moglie e di una psicologa.

Nonostante la grande forza d'animo che lo contraddistingue, ancora oggi Angelo Corbo non sopporta i rumori forti ed è tutt'ora emotivamente e fisicamente provato dai ricordi di quel 23 Maggio 1992. Se è vero che per molti anni Corbo non ha voluto intervenire pubblicamente, fa notare che è vero anche che non è mai stato invitato alle commemorazioni ufficiali. Tranne il 25 Maggio '92, a soli due giorni dalla strage, insieme ai suoi colleghi ancora scossi e doloranti, vengono costretti con la forza a partecipare alla passerella che portava al Duomo di Palermo dove si sarebbe svolto il funerale. “Ci lasciarono al centro di piazza San Domenico per farci attraversare il tappeto rosso in mezzo alla folla  inferocita che gridava e urlava, costretta a stare fuori sotto la pioggia per lasciare posto ai politici”. Vengono scambiati per quei personaggi illustri, ai quali inveiva la calca di protestanti, giunti al funerale per sola formalità. “Iniziano i fischi e gli insulti fin quando un nostro collega ci riconosce e cominciano gli applausi che però non volevamo”.

Oggi Angelo Corbo ha 51 anni ed è da poco in pensione perché riconosciuto come vittima del terrorismo. Nonostante ciò ha comunque continuato per diversi anni il lavoro accanto ai magistrati della Procura di Firenze dove è stato trasferito. Attualmente si dedica a tempo pieno alla famiglia e a parlare di Mafia ai ragazzi ossia ciò che oggi ritiene la sua “missione”. Certo è che il destino ha giocato brutti scherzi ad Angelo Corbo e tra le tante cose inspiegabili che sono accadute nel suo vissuto c'è un altro recente episodio, accaduto pochi anni fa, da ricordare: “mi trovavo a camminare seneramente e ad un certo punto sento qualcosa cadere sulla mia spalla, era un pezzetto di cibo fatto cadere dal becco di un uccellino” si ferma un attimo “guardo istintivamente l'orologio, erano le 17.58 del 23 maggio”.

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