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rocco sollecito funeraliI manifesti nella città barese. Il sacerdote: "spiritualmente vicino a famiglia"
di Aaron Pettinari
"Il parroco, don Michele Delle Foglie, spiritualmente unito ai famigliari residenti in Canada e con il figlio Franco venuto in visita nella nostra cittadina, invita la comunità dei fedeli alla celebrazione di una santa messa in memoria del loro congiunto". E' quanto si legge su alcuni manifesti funebri affissi per le strade di Grumo Appula (Bari) con i quali si invitano i fedeli (domani alle 18:30) alla messa in suffragio del pugliese Rocco Sollecito, boss della 'ndrangheta ucciso nel maggio scorso a Montreal. Rocco Sollecito, esponente di spicco del crimine organizzato italiano in Canada, fu ucciso il 28 maggio con colpi di arma da fuoco mentre guidava la sua Bmw bianca.

L’uomo del clan Rizzuto (famiglia ritenuta dagli investigatori tra i più potenti del Canada) era nato a Bari, seppure fosse originario di Agrigento. Col tempo ha saputo conquistarsi una posizione di spicco nel crimine organizzato italo-canadese, esploso dopo l’ondata migratoria del dopo guerra. La sua uccisione rappresentò un nuovo duro colpo per una delle famiglie mafiose del clan. Franco di Genova, portavoce della polizia di Laval, commentò così all’indomani dell’omicidio: “È un omicidio legato alla mafia”. Il nome di Sollecito era emerso per i contatti che aveva con un pregiudicato sul quale indagava la Dia di Roma nel 2004. Il pregiudicato, secondo le indagini dell’epoca, era in collegamento con un presunto boss italo canadese che aveva annunciato di essere intenzionato a venire in Italia per alcuni incontri. Sollecito quindi era stato intercettato durante una conversazione in cui spiegava la situazione instauratasi in Canada, verosimilmente dopo l’arresto di Vito Rizzuto. Ed oggi anche il figlio di Sollecito, Stefano, è considerato dagli inquirenti canadesi capo della mafia di Montreal insieme al figlio di Vito Rizzuto, Leonardo.
Dopo la sua morte, lo scorso giugno, il Questore di Bari, Carmine Esposito, vietò i funerali solenni per il boss, concedendo invece l’autorizzazione per la celabrazione di un sobrio rito funebre alle sei del mattino. Oggi però si torna a fare memroia, il che può anche essere legittimo da parte dei familiari, ma certo non è accettabile che un uomo di chiesa si spenda invitando la cittadinanza a partecipare alla memoria di un mafioso. Dopo gli "inchini" durante le processioni torna nuovamente vivo, dunque, il dibattito sul rapporto tra la Chiesa e la mafia. Nel corso della storia vi sono state figure come don Pino Puglisi o don Diana, che hanno chiaramente detto "No" alla mafia, denunciando anche con le loro omelie i crimini che venivano commessi, ma anche parroci come quelli che  non hanno disdegnato di impartire i sacramenti a mafiosi del calibro di Totò Riina, Bernardo Provenzano, Pietro Aglieri. Oggi, che siamo nel tempo in cui Papa Francesco scomunica i mafiosi, riprendendo gli anatemi già lanciati in passato da Papa Giovanni XXIII, i rappresentanti religiosi dovrebbero avere più coraggio. E non si può far finta di non sapere che da un semplice manifesto funebre si può lanciare un messaggio che agli occhi dei giovani e di ogni cittadino può essere devastante.

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