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panama papers effL'Espresso rivela i nomi di società collegate ai tesorieri dei boss
di AMDuemila
La lista dei primi cento nomi di italiani presenti nelle documentazioni di Panama Papers sono stati pubblicati nei giorni scorsi da L'Espresso, nell'articolo “Gli italiani coi soldi in paradiso”. Tra questi figurano nomi dell'imprenditoria, come Luca Cordero di Montezemolo, ma anche dello spettacolo.
Un elenco lungo di “Finanzieri, manager, imprenditori, avvocati, stilisti, sportivi e mafiosi - si legge nel testo - oltre a leader politici di mezzo mondo” che si sarebbero tutti serviti dello studio Mossack Fonseca che avrebbe gestito società offshore. Montezemolo, scrive l'Espersso, “risulta beneficiario economico di una società offshore che nel 2007 ha aperto un conto svizzero”.
E ancora, lo studio Mossack - Fonseca, avrebbe “curato alcune transazioni riservate per conto dello stilista Valentino Garavani e del suo socio Giancarlo Giammetti”.
Nelle carte, scrive il giornale, “affiora anche il nome di una società che porta a un vecchio affare di Silvio Berlusconi: l'acquisto a prezzi gonfiati , di diritti televisivi dalle major hollywoodiane”.

Le offshore di Cosa nostra
Nelle carte di Panama, svelate da l'Espresso con il consorzio giornalistico Icij, vi sono anche collegamenti con decine di società estere collegate ai tesorieri di boss mafiosi del calibro dei fratelli Graviano, Salvatore Riina 
e Bernardo Provenzano.
Un nome di peso presento nelle carte è quello di Angelo Zito, finanziere barese nato il 7 giugno '53, indicato come manager della fiduciaria Beamanoir del Lussemburgo. Nel suo fascicolo lo studio Mossack Fonseca inserisce una lettera del primo marzo 2004, presentata come un atto ufficiale del ministero di giustizia del Lussemburgo, che ammette questi nel “registro degli esperti di fisco e contabilità”. Così Zito nel giugno 2009 diventa procuratore della misteriosa società Wayland delle isole Seychelles. Ma chi è Zito? Il finanziere nel 2000 è stato condannato per mafia a Palermo. La sentenza definitiva spiega che era diventato il tesoriere del ricchissimo clan di Brancaccio, capeggiato dai boss stragisti Filippo e Giuseppe Graviano. In particolare Zito gestiva “ingenti investimenti” all’estero dei capimafia obbedendo a Nunzia Graviano, che prima dell’arresto faceva da tramite con i suoi fratelli ergastolani. Arrestato nel 1999, Zito “ha collaborato con la giustizia”, patteggiando una condanna ridotta a 16 mesi. Nonostante ciò, però, il tesoro dei Graviano è rimasto pressoché intatto in questi anni.
Visti i precedenti di Zito è chiaro che lo studio panamense si preoccupa al punto che Anthony Volpe, che guida la sede di Mossack Fonseca in Lussemburgo, arriva a chiedere chiarimenti a un avvocato, Moyse Di Stefano. Questi gli risponde di conoscere bene Zito, sostenendo di averlo assistito in passato, e rassicura: “Sono convinto che il signor Zito sia completamente innocente. 
È stato vittima di circostanze sfortunate”. L’avvocato arriva persino a sostenere che il casellario giudiziale di Zito è pulito. La sentenza di Palermo, invece, dichiara estinto il precedente penale solo nel 2011 e lo stesso atto giudiziario comprova la condanna definitiva per mafia, di cui vengono meno solo gli effetti civili. Nonostante ciò l'ex tesroriere dei Graviano gestisce società nei paradisi fiscali.
Altre offshore chiamano in causa il presunto cassiere delle società estere che nel 2013 sono costate l’arresto a Massimo Ciancimino, per una presunta frode fiscale da oltre 30 milioni, organizzata con un fiscalista romano, Gianluca Apolloni , 42 anni. Una truffa internazionale sull’Iva che, secondo i magistrati di Ferrara e Bologna, si perfezionava col trasferimento di società a Panama City, per sfuggire alla giustizia (un processo che nel giugno 2014 è ripartito da zero, per ragioni di competenza, a Reggio Emilia).
Proprio Apollonni, secondo gli inquirenti, sarebbe stato il regista di quell'operazione in quanto “profondo conoscitore dei sistemi di traghettamento di capitali e società verso Panama, Stato noto per la sua totale non cooperazione giudiziaria”. Dalle carte di Panama il nome di quest'ultimo è associato a decine di offshore e nel 2011, con tanto di contratto, Apollini viene nominato persino rappresentante a Roma dello studio Mossack Fonseca. La casa madre di Panama lo scarica solo dopo l’arresto. Dalle carte di Panama emerge che Apolloni ha creato dozzine di offshore per clienti italiani, tra Bahamas, Seychelles, Nevada e Samoa.

Gli affari di “von Palace”
Un altro network di offshore porta invece ai figli di Vito Roberto Palazzolo, il finanziere arrestato a Bangkok il 30 marzo 2012 dopo un lungo periodo di latitanza trascorso in Sudafrica a partire dal 1988. Lì era protetto dalla falsa identità di Robert Von Palace Kolbatschenko, regolarmente approvata dalle autorità locali che per anni hanno negato l'estradizione. E' considerato dagli inquirenti come il tesoriere di Totò Riina e Bernardo Provenzano protagonista dei grandi traffici internazionali di stupefacenti degli anni Ottanta e tra i principali riciclatori dei soldi di Cosa Nostra. La sentenza definitiva, frutto delle indagini di Giovanni Falcone, chiarisce che Palazzolo investiva in società estere “decine di milioni di dollari” e poi riportava in Sicilia “sacchi di soldi in contanti consegnandoli a Riina e Provenzano”.
Nonostante l'ombra mafiosa del padre i figli Christian e Pietro, detto Peter, sono riusciti ad entrare in un dorato club offshore. I documenti di Panama confermano in pieno i risultati dell’inchiesta giornalistica dell’Irpi (Investigative Reporting Project Italy), pubblicata da l’Espresso nell’aprile 2015, sugli affari segreti della famiglia Palazzolo in Africa.
Emerge che la offshore targata Berthold-Palazzolo si rivolge allo studio Mossack Fonseca per registrare svariate società alle Isole Vergini Britanniche. Tra queste la Agusta Enterprises Holding Company Ltd, che porta il nome di famiglia dei conti e industriali lombardi. O la Ocean Diamond Enterprise, che riunisce l’ex banchiere Berthold, Pietro Palazzolo e Giovanni Agusta, figlio di Riccardo. Inoltre ai due figli di Palazzolo fanno capo molte altre offshore, con nomi come Gold Enterprises o Silver Group, legati al business di famiglia delle miniere d’oro e diamanti in Africa.

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