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latrattativa-film-guzzantidi Francesco Bertelli - 11 luglio 2015
La situazione del nostro Paese è gravissima. Tale conclusione ci sembra sempre più agghiacciante e (quasi) irrisolvibile ogni volta che avviene una proiezione del bellissimo film di Sabina Guzzanti: #LaTrattativa.
Stavolta il tutto si è svolto a Napoli in Piazza Municipio. Ospiti numerosi: oltre a Sabina Guzzanti, il sindaco Luigi De Magistris, Salvatore Borsellino in collegamento, lo scrittore Maurizio De Giovanni, il Direttore del Fatto Quotidiano Marco Travaglio e come moderatore il direttore di ANTIMAFIADuemila, Giorgio Bongiovanni. Tra il pubblico anche la presenza di Nino Di Matteo.
Un film, quello della Guzzanti, in cui alla fine si fa fatica a distinguere gli onesti dai disonesti. Si capisce invece benissimo chi sono i responsabili di quella stagione delle stragi del biennio 1992-1993, si capisce anche che quella fase è andata avanti finchè Cosa Nostra non ha trovato nuovi interlocutori politici. E si capisce altrettanto bene chi sono stati questi nuovi interlocutori.

Al termine di ogni proiezione (lo ha sottolineato anche la Guzzanti stessa nel suo intervento al termine della proiezione numero 670) le domande che provengono dal pubblico sono sempre le stesse: come ne usciamo? Come facciamo a far cambiare le cose? Che cosa dobbiamo fare?
“Prima della trattativa c'era una vasta parte onesta di questo Paese. Questo non significa che di onesti oggi non ce ne siano più. Ci sono ancora, ma rispetto al passato c'è maggior confusione, maggior disorientamento”.
E' proprio a causa di questo disorientamento, di questa difficoltà da distinguere la parte giusta da quella sbagliata, che oggi c'è un senso di paura e insicurezza tra la gente. “Non si reagisce perchè abbiamo paura”, continua la Guzzanti, “...viviamo in un paese prettamente mafioso” e preferiamo nasconderci piuttosto che alzare la testa e protestare.
E' il classico atteggiamento italiano, tratteggiato anche con sarcasmo dal compianto Monicelli: delegare. E la Guzzanti lo sottolinea spesso questo fatto: “Dobbiamo assumerci le nostre responsabilità. Ogni volta che lottiamo contro la paura e reagiamo siamo più forti. Se rimaniamo zitti siamo più deboli”.
A dare un piccolo regalo al pubblico presente alla serata, l'intervento in collegamento streaming con Salvatore Borsellino. Sono gli occhi di Paolo a rendere questo film sorprendente ogni volta. Dallo sguardo di Paolo Borsellino si capisce che siamo di fronte ad un uomo “che non solo sta andando incontro alla morte. Ma un uomo che ha capito che la morte è l'unica strada. Un uomo che ha capito che quello Stato per cui ha lottato, in quei giorni stava trattando con gli assassini di suo fratello Giovanni Falcone". Paolo viene ucciso perchè scopre di quella trattativa. Capisce che è finita. E nel film #LaTrattativa gli occhi di Paolo Borsellino ci fanno capire tutto questo. Quello Stato di diritto non esisteva più.
Maurizio De Giovanni ha ammesso di sentirsi in un certo senso colpevole nel guardare il film. E colpevole insieme a lui “siamo tutti noi” ci dice. “Perchè quelle persone che vediamo nel film, al potere ce le abbiamo mandate noi. Dobbiamo votare persone oneste.” Ecco perchè “siamo un po' tutti responsabili. […] E purtroppo il dato agghiacciante è che in questo film non c'è nulla di inventato, qui c'è la verità”.
E' con l'intervento del sindaco di Napoli Luigi De Magistris che si capisce ancora di più perchè viviamo nel paese del Gattopardo: tutto cambia per non cambiare niente. Snocciola vari nomi il sindaco, collegandoli alla sua carriera di magistrato che è stata forzatamente stoppata dall'alto. Chi sono gli esecutori materiali della sua sospensione? C'è Nicola Mancino, il quale “non ha smesso di essere il Ministro del'Interno, ma è diventato Vicepresidente del Csm. […] E' una vergogna , continua il sindaco, “ che un Ministro dell'Interno neghi per anni di non aver conosciuto Paolo Borsellino, negando di averlo incontrato e ripetendo di non ricordare all'epoca il suo volto. Inammissibile”.
Altri nomi, stessi legami oscuri: Giorgio Napolitano. Insieme a Mancino sono stati i due esecutori materiali della vicenda De Magistris. Il sindaco ha inoltre sottolineato la gravità del gesto dell'ex Presidente della Repubblica, di ostacolare lo svolgimento del processo sulla trattativa fra Stato e mafia, disponendo la distruzione delle intercettazioni fra lui e Mancino.
Personaggi che più volte De Magistris ha incontrato nelle sue inchieste: come Tinebra, legato ad ambienti massonici e anche il pentito Luigi Ilardo, colui che rivelò lo stretto legame tra servizi segreti, massoneria e Cosa Nostra.
“Io non credo nella voglia di riscossa delle istituzioni per la ricerca della verità. Ciò che serve è una rivoluzione democratica delle coscienze che deve partire da noi cittadini. Ed è un percorso lungo. Occorre questa rivoluzione culturale per liberare dalle mafie il nostro Paese”.
Con Marco Travaglio si riesce ad inquadrare lo sgretolamento democratico di questo Paese, partendo da alcuni esempi recenti e passati: “La trattativa è la conseguenza di una mancanza di democrazia”.
Primo esempio è la notizia del giorno pubblicata su Il Fatto Quotidiano: un'intercettazione tra Matteo Renzi e un funzionario della Guardia di Finanza in cui si capisce il vero volto della scalata al potere del sindaco di Firenze. “Invece di fare ciò che avviene nei paesi normali, attorniarsi di persone competenti, formarsi una squadra forte, lui non ha fatto altro che attorniarsi dei poteri forti che c'erano prima. Così la rottamazione è scomparsa nel nulla. […] Emerge dalle riforme che sta attuando (la Buona Scuola, la riforma Costituzionale del Senato, Job Act) la sua volontà di creare una democrazia verticale”.
“La Trattativa può essere presa da tanti punti vista, ed è in quelle piccole parentesi in cui si percepisce che la politica possa cambiare, che intervengono poteri criminali, (parastatali, ndr) ad invertire il corso delle cose, “per far sì che nulla cambi”. Esempio a cui Travaglio fa riferimento è l'amnistia voluta da Togliatti (leader dei comunisti) a favore dei fascisti che erano stati banditi dalla Repubblica italiana.
“La trattativa rappresenta uno stato di necessità” continua Travaglio, “...il sistema italiano per combattere le organizzazioni criminali è quello di mettersi d'accordo. E' sempre stato così”.
Tre sono gli aspetti su cui si dovrebbe agire, ma in cui la politica non vuole mettere mano perchè non c'è la volontà di farlo: lotta all'evasione fiscale, corruzione e mafia. Occorre “trasformare questi tre fenomeni in eccezioni invece che regole. Renderli residuali”. Tre fenomeni che totalizzano ogni anno un barca di soldi sottratti allo Stato: 160 miliardi di euro.
Altro esempio per capire l'assenza di democrazia è il caso Greco. Un gesto fortissimo quello di Tsipras. “Per la prima volta, il leader Tsipras dopo essere stato eletto, è tornato dai suoi elettori a decidere sulle misure di austerità chieste dall'Europa, rimettendo la scelta alla volontà del popolo. Pensate se una cosa del genere avvenisse qui”. E' chiaro che in Grecia c'è stata la grande voglia di cambiamento dopo aver provato tutte le ricette possibili. Qui in Italia bisognerebbe fare la stessa cosa, riprenderci un diritto sacrosanto: la sovranità popolare. “Diteci quanto è il costo totale ma decidiamo noi chi deve pagare” continua il Direttore del Fatto. E conclude con una domanda che si risponde da sola: “Qui da noi, da quanto tempo non eleggiamo un Governo?”

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