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cianferoni-luca-c-acfbdi AMDuemila - 12 maggio 2015
Per il legale di Riina un "ruolo" dell'intelligence nei misteri d'Italia
A margine della sentenza per la strage del Rapido 904 due studenti di Giurisprudenza a Roma, Sabrina Cicala e Davide Iaccarino, hanno intervistato l’avvocato di Totò Riina, Luca Cianferoni. Tra le molteplici questioni affrontate, merita una particolare attenzione l’analisi del difensore del capo di Cosa Nostra in merito al “ruolo” dei Servizi segreti nei misteri d’Italia. Per Cianferoni, nel caso dell’omicidio del giornalista Mauro De Mauro “i giudici resistettero all’inquinamento probatorio proveniente dai Servizi in maniera tangibile e assolsero Riina”. Secondo il legale fiorentino il procedimento penale sulla strage del 23 dicembre 1984 è quindi lo specchio di “un processo a forte inquinamento probatorio dei Servizi segreti”.

“Le infiltrazioni di inquinamento erano pesantissime”, continua l’avvocato, specificando che queste stesse infiltrazioni venivano realizzate per ottenere un “effetto tranquillizzante” che una condanna di Riina provoca sulla popolazione. Alla domanda dei due giovani studenti sul coinvolgimento dei Servizi segreti nelle fasi di realizzazione delle stragi, l’avv. Cianferoni non ha dubbi e parla di una “osmosi conoscitiva e operativa tra Servizi segreti e criminalità” in quanto “esistono delle tipologie di criminalità qualificate anche agli occhi di Cosa Nostra, che ha interesse al mantenimento dello status quo”. “Se devo fare estorsioni – sottolinea –, ho interesse che la gente vada nei negozi e compri. Se ci sono forze conservatrici in questo Paese sono le organizzazioni criminali. Queste ultime hanno sempre malvisto i terroristi, soprattutto arabi. Quando si verifica un attentato come quello a “Charlie Hebdo”, come pensate che lo Stato vada a cercare chi ha dato le armi? Siccome armi e droga vanno di pari passo, vanno dal trafficante di droga (sempre in mano a camorra, mafia, ‘ndrangheta), con relativo scambio di favori”. L’analisi di Cianferoni è tranciante. “Ecco perché tra Servizi e criminalità c’è spesso un patto scellerato: fanno spesso parte della stessa struttura”. “Recentemente lo Stato ha posto in essere una legge per consentire ai Servizi segreti di entrare in carcere per chiedere informazioni sui terroristi islamici”, rimarca con forza. Ad avallo delle sue tesi, il legale dell’anziano boss cita il processo di ‘Ndrangheta denominato “Reale” nel quale sono emersi interessi particolari dei Servizi all’interno di logiche criminali, così come il caso del sequestro dell’ex assessore regionale campano, Ciro Cirillo. Per Cianferoni è del tutto assodato che i Servizi “andarono da Raffaele Cutolo a chiedere protezione, mediazione con ambienti criminali  per avere indietro l’ostaggio e proposero benefici”. “L’Italia – ribadisce con convinzione – ha sempre vissuto di questi mercimoni, contrabbandi di illegalità, perché è una democrazia fragile, non condivisa,  a nero. È fatta del tessuto sociale: il tessuto istituzionale è un colabrodo”. Sulla strage di via D’Amelio l’avvocato di Riina conferma infine quello scenario agghiacciante che giorno dopo giorno prende forma: “il delitto di Borsellino è un delitto di Stato, l’ingerenza dei Servizi è prossima al cento per cento. Il perché, non  me lo chiedete, perché non lo so”.

Foto © ACFB

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