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messina-denaro-matt-effIl pentito Galatolo: “E' lui ad aver scelto i capi”. E il Riesame riconosce l'attendibilità dell'ex boss.
di AMDuemila - 20 gennaio 2015
La “longa manus” di Matteo Messina Denaro si estende da Trapani fino a Palermo. A confermare questa indicazione è il pentito dell'Acquasanta, Vito Galatolo, l'uomo che ha allertato la Procura sulla presenza in città, nascosti da qualche parte, di oltre centocinquanta chili di tritolo per uccidere il pm del pool trattativa, Nino Di Matteo. A dare quell'ordine di morte, perché il magistrato “si è spinto troppo oltre con le sue indagini”, sarebbe stato proprio il boss di Castelvetrano. Ma gli interessi del superlatitante non si fermano qui. Secondo quanto raccontato ai pm dal pentito dietro la nomina dei vertici dei mandamenti mafiosi di Palermo (Resuttana, Santa Maria del Gesù e Brancaccio) ci sarebbe proprio il boss trapanese.

A Resuttana l'escalation di Galatolo
Nella famosa riunione di dicembre in cui venne discusso dell'attentato nei confronti di Di Matteo si parlò anche del ruolo dello stesso Vito Galatolo. L'ex boss, già capo famiglia dell'Acquasanta, da quella sera era diventato il capomandamento di Resuttana. Era stato il capomafia di San Lorenzo Mimmo Biondino a prendere la parola: “Tu lo sai che noi avremmo il piacere che fossi tu al mandamento di Resuttana”, disse Biondino, anziano boss di San Lorenzo. “No, gli ho detto, non mi interessa - ha messo a verbale Galatolo - e lui mi dice vedi che è Matteo che lo manda a dire, Messina Denaro”. A quel punto per l'ex boss dell'Acquasanta non c'è stato null'altro da fare che rispondere positivamente alla richiesta. “Ho accettato - ha raccontato ai magistrati - quando gli ho detto sì al Biondino, significa che io già sto accettando il mandamento”. Galatolo ha anche fornito anche ulteriori elementi non ebbe dubbio alcuno che la paternità della lettera fosse del boss latitante: “Siccome il Biondino c'aveva il vizio che balbetta un po. Non ha letto questa lettera, ma l'ha fatta leggere ad Alessandro c'era scritto che era Messina Denaro, vostro fratello, perché si firmava vostro fratello, in cui aveva bisogno di questa cortesia. E così ho accettato”.

Nomine dal carcere
Messina Denaro avrebbe dato anche l'ordine “di farsi i mandamenti, le famiglie”. “Ma già loro se li erano fatti i mandamenti... - ha messo a verbale Galatolo - addirittura la famiglia di Santa Maria di Gesù, se l'è fatta prima di noi, con Ino Corso, ma sempre su ordine di Matteo Messina Denaro... Ino Corso di testa sua non può arrivare a farsi il mandamento... ci deve essere una spinta”. Un “investitura” che sarebbe avvenuta quando lo stesso Corso era in carcere. E poi ancora: “Anche Nino Sacco di Brancaccio ha avuto la...comandavo tutti e due Lupo Cesare e Sacco Nino... quando li hanno arrestati a Sacco Nino lo hanno portato al piano dove ero io, al Pagliareli, e mi ha spiegato 'ti mandano a dire che... fatti la famiglia... perché noi già ce lo siamo fatti, Santa Maria dei Gesù se l'è fatto... perché Nino Sacco, un due anni prima, è stato in cella con Messina Denaro Salvatore (è il fratello di Matteo ndr)”. E proprio il fratello del capomafia trapanese sarebbe stato il “portavoce” per la nomina su Brancaccio.

Il Riesame si esprime su Vito Galatolo
Nel pomeriggio il Tribunale del Riesame di Palermo ha depositato l'ordinanza in cui viene rigettata la richiesta di Vincenzo Graziano, considerato il reggente del mandamento dell’Acquasanta e  arrestato il 16 dicembre 2014, esprimento un parere di attendibilità nei confronti di Vito Galatolo. Graziano, secondo l'accusa, è l’uomo che custodiva il tritolo che doveva essere utilizzato per eliminare il pm che indaga sulla Trattativa Stato mafia. “Le dichiarazioni medesime, proprio per la loro rilevantissima valenza, non solo sono in grado di aggiungere elementi ulteriori a carico di Vincenzo Graziano ma -scrivono  i giudici nell’ordinanza- consentono anche di chiarire, di valorizzare e di attribuire maggiore forza dimostrativa agli elementi già acquisiti che quindi ormai assumono ben altro ‘spessore’ una volta ‘illuminati’ da quanto desumibile dalle dichiarazione di Galatolo“. Per i giudici del Riesame, dunque: “Le dichiarazioni di Vito Galatolo descrivono in modo ampio, preciso e circostanziato un ruolo di assoluto rilievo e direttivo di Vincenzo Graziano nelle dinamiche di cosa nostra, anche in tempi recenti e successivi alla scarcerazione, avvenuta nel gennaio 2012″.