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3A Terni la presentazione del libro “Gli ultimi giorni di Paolo Borsellino”
di AMDuemila - 6 dicembre 2014
E' stato presentato ieri pomeriggio a Terni il libro libro "Gli ultimi giorni di Paolo Borsellino. Dalla strage di Capaci a via D'Amelio" (Aliberti editore) alla presenza degli autori Giorgio Bongiovanni e Lorenzo Baldo. Con la moderazione di Sabina Curti, docente di Criminologia presso l'Università degli Studi di Perugia. Un incontro che ha permesso di approfondire quanto avvenuto in quei 57 giorni tra la strage di Capaci e via d'Amelio, attraversando la corsa contro il tempo che il magistrato ha avviato per individuare gli assassini di Giovanni Falcone. Ma sono anche stati affrontati i temi della consapevolezza del giudice della “trattativa” in corso tra mafia e Stato ("sto vedendo la mafia in diretta” disse a sua moglie) e la sua lotta incondizionata per opporvisi, oppure il dolore e la solitudine di un uomo fino all'estremo sacrificio. Dietro di lui l'accelerazione della strage di via D'Amelio per eliminare “l'ostacolo” a quel patto scellerato per cui oggi si sta celebrano un processo a Palermo dove imputati si trovano assieme mafiosi, politici e rappresentanti delle istituzioni. Un'agghiacciante verità che lentamente, ma inesorabilmente, sta emergendo a distanza di tanti anni e che potrebbe riscrivere la storia del nostro Paese.

Gli autori hanno spiegato quello che è stato il metodo usato per arrivare alla stesura del libro, ovvero quello della ricerca sul campo, basandosi non solo sui documenti ma anche sulle testimonianze dirette dei familiari ma anche di chi si trovava a Palermo in quei giorni roventi dell'estate 1992. “Testimonianze come quella della fotografa Letizia Battaglia – ha ricordato Baldo – presente la sera dell'ultimo incontro pubblico a cui ha partecipato Paolo Borsellino. Lei ci racconta direttamente di un Borsellino isolato e consapevole di quello che sarebbe stato il suo sacrificio. E la stessa testimonianza la ricaviamo dalle parole di Roberto Scarpinato, oggi procuratore generale di Palermo, che raccontò di Borsellino alla Camera ardente di Falcone. Di fronte agli altri colleghi disse chiaramente 'quello è il futuro che ci aspetta'. E poi indicando la folla che si trovava all'esterno 'Io rimango solo per loro'. Quindi c'è un profondo spirito di sacrificio, una scelta precisa non solo per la ricerca della verità ma anche per amore”. Baldo e Bongiovanni hanno poi parlato anche del ritrovamento della fotografia con l'allora capitano Giovanni Arcangioli con in mano la valigetta del giudice ucciso il 19 luglio 1992. Un fotogramma chiave per cercare di capire quel che è accaduto all'agenda rossa di Paolo Borsellino, scomparsa proprio da quell'estate.


“Il militare è stato indagato e poi prosciolto in Cassazione, mettendo così una pietra tombale sulla verità, per il furto dell'agenda rossa del giudice – dicono Baldo e Bongiovanni – La Suprema Corte accolse le motivazioni del Gip in appello, dove si era dichiarato il non luogo a procedere di Arcangioli 'per non avere commesso il fatto', in cui si spinse addirittura a mettere in dubbio l'esistenza dell’agenda rossa perché nessuno dei testimoni, arrivati dopo che Arcangioli era entrato in possesso della borsa del giudice, dice di averla vista. Così facendo ha ignorato ancora una volta le testimonianze dirette dei familiari del giudice, la moglie e due dei tre figli, che si sono dichiarati certi che il congiunto l’avesse portata con sé. Se non crede ai familiari, nel suo libero convincimento, il giudice avrebbe dovuto rimandare indietro le carte alla Procura e dire di procedere contro i familiari per falsa testimonianza. Non lo ha fatto. Forse perché loro dicono il vero?”. “Questo significa – hanno aggiunto – che piuttosto che muoversi per cercare di scoprire la verità su un documento fondamentale per comprendere almeno una parte dei moventi che possono aver condotto a quella strage, si sono volute confondere le carte in tavola. Come troppo spesso è accaduto in questo Paese”. E partendo proprio dal caso “agenda rossa” Bongiovanni ha spiegato la trattativa, non solo analizzando quanto avvenuto in quegli anni ma anche contribuito a dare una chiave di lettura sul motivo per cui, ancora oggi, lo Stato si trova a dover dialogare in qualche modo con le mafie. “Un sistema criminale vigente ha occupato il nostro Stato” - ha detto il direttore di ANTIMAFIADuemila - Tutto quel mondo mafioso, tra colletti bianchi, massonerie, servizi deviati cioè un gruppo di uomini di potere che con la mafia gestiscono un’immensa quantità di soldi. Le stime istituzionali parlano di oltre centocinquanta miliardi di euro l'anno, approssimati per difetto, frutto degli affari illeciti. Una potenza economica. E se la mafia dovesse entrare in borsa potrebbe comprarsi tutta la borsa di Milano e avrebbe una liquidità di 500 miliardi. Ecco perché lo Stato si trova costretta a scendere a patti. E' per questo che non viene fatta una lotta seria contro la criminalità organizzata. Del resto è un dato di fatto che in questo momento chi ci Governa è chi ha stretto un patto con il leader di un partito che è stato ideato da un mafioso come Marcello Dell'Utri”. A proposito di parallelismi con il passato entrambi gli autori hanno ricordato che oggi a Palermo si respira una nuova “aria di attentati”. “C'è un pentito, Vito Galatolo, che ha detto chiaramente che in città è nascosto il tritolo per uccidere Nino Di Matteo, pm di punta del pool che indaga sulla trattativa, che c'è pronto un piano di morte, e che a volere questa nuova strage è Matteo Messina Denaro su richiesta di mandanti esterni, gli stessi di Paolo Borsellino. Corsi e ricorsi in un Paese che non può permettersi una nuova via d'Amelio”.

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