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zarcone-antoninoIl neo pentito intervenuto con dichiarazioni spontanee al processo “Pedro”
di Aaron Pettinari - 10 ottobre 2014
“Dal 29 settembre collaboro con la giustizia, ho confessato cinquanta estorsioni e ho detto tante altre cose che non posso rivelare qui. Mi occupavo io di gestire i rapporti con i palermitani”. E' il neo pentito di Bagheria, Antonino Zarcone, a prendere la parola durante il processo d'appello “Pedro”, rilasciando dichiarazioni spontanee.
Il collaboratore di giustizia, già condannato in primo grado a 12 anni, ha preso la parola dopo che la corte aveva rigettato la richiesta di sentirlo in aula perché non indispensabile ai fini della decisione.
Non è la prima volta che il capomafia parla in udienza.

Tra gli imputato del processo vi sono anche gli altri boss Tommaso Di Giovanni (condannato a 16 anni), Calogero Lo Presti (14 anni), Nicola Milano (8 anni), Francesco Paolo Putano (10 anni), Gaspare Parisi (14 anni), Gabriele Buccheri (10 anni).
Nei giorni scorsi durante il dibattimento “Argo”, che vede alla sbarra altri 26 imputati per mafia ed estorsioni, Zarcone aveva già deposto per la prima volta nella nuova veste di pentito.
Nel verbale del del 29 settembre, Zarcone si accusa di due estorsioni e ricostruisce i meccanismi della famiglia mafiosa di Bagheria. “La co-reggenza fra me, Antonio Messicati Vitale e Giacinto Di Salvo consisteva in una divisione di ruoli - ha raccontato Zarcone - Io ero incaricato dei rapporti con i palermitani, Messicati Vitale si occupava dei contatti con i mandamenti fuori Palermo (come Misilmeri) e Di Salvo delle estorsioni e dei lavori all'interno della famiglia di Bagheria. Il vero capo, però, era Nicola Greco che si relazionava con Di Salvo”. Inoltre quest'oggi ha anche confermato di essere stato lui, all'interno della cosca di Bagheria, a tenere i rapporti con le altre famiglie palermitane.

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