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riina-todayGiovedì il verdetto finale sulla presenza dei due boss
di Miriam Cuccu - 3 ottobre 2014
Appena il presidente Alfredo Montalto annuncia la data in cui deporrà Napolitano al processo trattativa Stato-mafia (28 ottobre) la voce di Riina e Bagarella riecheggia nell’aula bunker di Palermo. “Voglio venire all’udienza” dice Totò Riina dal carcere di Parma, e subito dopo il cognato da Nuoro: “Intendo assistere anche io a questa udienza del presidente della Repubblica”. Richiesta avanzata anche dai legali dei due boss, Luca Cianferoni e Giovanni Anania: “Depositeremo una memoria. La corte europea per i diritti dell’uomo ha sempre ribadito il diritto dell’imputato a partecipare a tutte udienze del suo processo”. Montalto annuncia che i legali avranno tempo fino a martedì per depositare le loro memorie.

Già in precedenza Riina e Bagarella avevano richiesto di presenziare, in videoconferenza, alla controversa deposizione del Capo dello Stato. Montalto, nell’ordinanza che stabiliva le modalità della testimonianza di Napolitano, parlava chiaramente di “esclusione della presenza del pubblico e degli imputati, rappresentati dai difensori” richiamando l’articolo 502 del codice di procedura penale, ovvero quello che prevede “l’esame a domicilio del testimone”. Cianferoni, però, rilancia, appellandosi all’ultimo comma dell’articolo, che prevede che “il giudice, quando ne è fatta richiesta, ammette l’intervento personale dell’imputato interessato all’esame”. Il tira e molla davanti alla Corte d’Assise di Palermo prosegue con l’intervento di Fabio Caserta, avvocato di Stato e rappresentante della presidenza del Consiglio costituita parte civile, ritenendo “non applicabile l’ultima parte dell’art 502 in considerazione della immunità di sede”. “È questo il momento?” domanda l’avvocato a Montalto, che replica: “È il momento, anche se l’interlocuzione mi sembra superflua”. Sottolineando con questo il fatto che la corte si era già espressa in merito escludendo tutti gli imputati all’udienza del 28 ottobre, alla quale potranno partecipare solo i legali difensori. Una decisione che non è stata presa bene dai due capimafia corleonesi, che hanno ieri rinnovato la richiesta.

Ma non sono solo i boss di Cosa nostra a voler ascoltare di prima mano le parole del Presidente della Repubblica, citato dal pool della trattativa per spiegare le confidenze che a suo tempo il consigliere Loris D’Ambrosio fece a Napolitano in relazione a “indicibili accordi” ancora tutti da chiarire. Alla notizia della deposizione “eccellente” anche le parti civili hanno chiesto di poter essere presenti, senza però alcun risultato: “Siamo fortemente dispiaciuti – dice Giovanna Maggiani Chelli, presidente dell'Associazione tra i Familiari delle Vittime di Via dei Georgofili – la nostra presenza sarebbe stata molto gratificante per noi e l’avremmo valutata molto positivamente per quello che abbiamo patito”.

Da tempo non si era più sentita la voce dei due capimafia corleonesi al processo trattativa. Ma nei colloqui intercettati al carcere di Parma Riina non aveva mancato di esprimere il suo giudizio sull’audizione del Presidente della Repubblica: “Questi cornuti... (i pm di Palermo, ndr), se fossi fuori gli macinerei le ossa”, “sono stati capaci di portarsi pure Napolitano”. E ancora: “non deve testimoniare al processo”. Dopo essersi infuriato con “questo pubblico ministero di Palermo” per aver chiamato in causa il Capo dello Stato, ora Riina non vuole perdersi per nessun motivo l’udienza che tanto ha osteggiato (e forse temuto) da dietro le sbarre. Giovedì, alla prossima udienza, si attende il verdetto finale.

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