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di AMDuemila - 30 settembre 2014


Scorta civica continua imperterrita a chiedere spiegazioni riguardo il famoso bomb-Jammer nominato dal ministro Alfano per proteggere il pm Di Matteo in seguito alle sentenze di morte lanciate  da Riina dal carcere di Opera nelle passeggiate con il suo compagno d’ora d’aria Alberto Lorusso. In questi giorni sono state consegnate a Scorta Civica Palermo tutte le firme raccolte, in varie città d’Italia, da gennaio di quest’anno fin ad ora.  L’iniziativa è nata spontaneamente da alcuni attivisti sia del nord che del sud Italia, i quali non potendo essere “scortare” fisicamente i pm dinnanzi il tribunale di Palermo hanno deciso di attivarsi per proteggere in altro modo i magistrati impegnati in processi delicati come quello sulla Trattativa Stato-mafia.  
Fin ora i moduli raccolti sono stati consegnati e protocollati in varie città d’Italia: a Roma  presso il ministero degli Interni ben due volte, a Genova presso la prefettura e l’ultima consegna è avvenuta alla prefettura di Cremona a luglio di quest’anno.

petizione-bomb-jammerAssieme alle firme è stata consegnata una lettera d’accompagnamento in cui è spiegata l’importanza del processo che si sta svolgendo a Palermo sulla Trattativa Stato-mafia e il grande pericolo che stanno correndo i magistrati impegnati in esso. Soprattutto alla luce delle intercettazioni del carcere di Opera in cui Riina distribuisce sentenze di morte a destra e a manca.
“La cosa più importante di questa iniziativa – ha spiegato Federico Ferme, un attivista di Scorta Civica Milano - è cercare di tenere sempre viva l’attenzione su questi magistrati e sulle molte minacce che continuamente ricevono”.
“La petizione è sempre aperta – ha sottolineato Ferme - e noi continuiamo a divulgarla quanto meno come sistema informativo con la lettera d’accompagnamento”. Purtroppo però ancora nessun apparato istituzionale ha risposto a questo appello lanciato da Scorta civica. A partire dal ministro degli Interni che, dopo 9 mesi petizione-bomb-jammer-2dall’ultima dichiarazione riguardo il bomb Jammer, non ha più detto nulla a riguardo. “Noi cittadini – ha concluso l’attivista milanese-continuiamo a chiedere risposte perché ci ricordiamo le promesse fatte dal Ministro. Vogliamo evitare la possibilità che si ripeta quello che è accaduto a Falcone e Borsellino”.
Una storia travagliata quella del bomb Jammer è del ministro Alfano cominciata quasi un anno fa.  Il 3 dicembre 2013, durante una conferenza stampa il ministro, dell’interno, rispondendo ad una domanda di AntimafiaDUEMILA aveva dichiarato che per il dott. Di Matteo il dispositivo anti bomba “era stato reso disponibile”. Dispositivo che però, il pm Di Matteo aveva dovuto rifiutare poiché si trattava di un modello di prima generazione che portava con sé pericolose controindicazioni per la salute umana. Successivamente, il 16, 17 dicembre 2013  durante la trasferta milanese della commissione parlamentare antimafia l’on. Giulia Sarti aveva chiesto indicazioni riguardo l’effettivo utilizzo del “jammer” in Italia.
In quell’occasione il ministro Alfano aveva risposto dicendo che  “Riguardo al mezzo elettronico cui faceva riferimento l’onorevole Sarti noi l’abbiamo già reso disponibile, salvo un’accurata verifica tecnica. petizione-bomb-jammer-3Essendo dotato di una forte potenza elettromagnetica, può produrre effetti collaterali molto significativi alla salute e, quindi, è assolutamente da studiare”. All’epoca aveva anche detto che secondo le sue previsioni, lo studio che si stava effettuando si sarebbe concluso presto: “Non posso dire l’ora o il giorno, ma mi sento di dire che si concluderà in un ristrettissimo lasso di tempo, certamente nei prossimi giorni”.
Ebbene sono passati oltre  9 mesi da quest’ultimo episodio ma ancora del bomb jammer non ci sono stati aggiornamenti. 
Il grado di pericolo negli ambienti antimafia invece non si può dire essere sceso, anzi negli ultimi tempi è salito esponenzialmente a tutti i livelli. Dalle minacce al pg di Palermo Roberto Scarpinato all’allarme lanciato da più procure d’Italia nei confronti le prete antimafia Luigi Ciotti, definito dalle procura come  la persona più a rischio d’Italia.

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