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di-matteo-nino-c-paolo-bassanidi AMDuemila - 22 settembre 2014
Palermo. "Sono convinto che ci sia una sola mano dietro le ripetute minacce ai danni di diversi magistrati palermitani.” Lo ha detto il sostituto procuratore di Palermo Nino Di Matteo, ai microfoni di Radiouno Rai, eliminando l’ipotesi che le varie minacce ricevute da alcuni magistrati del Palazzo di Giustizia di Palermo possano provenire da ambienti diversi tra loro.  Le ultime minacce risalgono ai primi giorni di settembre quando qualcuno introducendosi indisturbato nell'ufficio del Pg Scarpinato, ha lasciato una missiva dai toni intimidatori: “Lei sta esorbitando dai suoi compiti e dal suo ruolo, lasci che le cose seguano il loro corso, ogni pazienza ha un limite”. E poi ancora: “Noi non facciamo eroi...”. A riguardo il Procuratore generale Vittorio Teresi, aveva espresso lo stesso pensiero che oggi ha sottolineato Di Matteo. Il pg Teresi aveva detto di non avere dubbi sull’autore (o autori) della missiva “E’ firmata”, aveva affermato. Un messaggio inequivocabile per i registi della strategia della tensione.

Questa matrice unica, avrebbe come obiettivo quello di “destabilizzare la nostra serenita' e attivita' - ha spiegato il pm Di Matteo -generando in noi una percezione di vulnerabilita' della nostra sicurezza personale e perfino familiare.". Vulnerabilità che renderebbe ancora più difficile il delicato lavoro dei magistrati impegnati in indagini e processi delicati come quello della trattativa stato-mafia o del processo Mori-Obinu (di cui è stata chiesta la riapertura dell'istruttoria dibattimentale, ndr). Infatti, il comune denominatore degli atti intimidatori succedutosi in questi ultimi due anni è che “Hanno riguardato me e altri magistrati che si occupano di indagini e processi importanti che toccano i rapporti tra Cosa nostra e apparati dello Stato- ha specificato Di Matteo-Non credo che sia una coincidenza".
Cosa ancora più preoccupante è la particolarità di tutte queste minacce avvenute negli ultimi due anni in quanto “Assistiamo a una saldatura in tali minacce e avvertimenti - ha continuato il pm che rappresenta parte dell’accusa al processo sulla trattativa stato-mafia - che da una parte hanno provenienza e modalita' tipicamente mafiose, dall'altra una origine apparente e dichiarata istituzionale o para-istituzionale".
Sembrerebbe quindi che coloro i quali si sono sentiti minacciati dalle indagini e processi sui rapporti tra apparati dello Stato e mafia si siano mobilitati per destabilizzare chi sta indagando con tanta determinazione su questi possibili legami.  
"Credo che nel Paese manchi la consapevolezza diffusa di quanto sia importante continuare a indagare su questi fatti che si sono verificati nel periodo delle stragi di mafia - ha sottolineato il pm di Palermo - proprio per far di tutto per evitare che ora e in futuro l'organizzazione mafiosa possa avere delle armi di ricatto nei confronti dello Stato". "Chiunque abbia un minimo di conoscenza e consapevolezza dell'argomento - ha osservato - sa quanto in questi casi contino i segnali che si mandano all'esterno e quanto sia pericoloso e dannoso rischiare di diffondere la sensazione di isolamento dei bersagli delle minacce".

Foto © Paolo Bassani

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