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camera-governo-webdi AMDuemila - 29 luglio 2014
Tempo addietro vi era stato l'appello rilanciato tra gli altri da Giovanni Bachelet, Benedetta Tobagi, Manlio Milani, Giovanna Maggiani Chelli, Maddalena Rostagno, Sabina Rossa, Silvia Piera Calamandrei, Luigi Ciotti, affinché fosse calendarizzata alla Camera la proposta di legge 559 che introduce, dopo l’art. 372 del c.p., il reato di depistaggio per i Pubblici Ufficiali che occultano la verità all’autorità giudiziaria – totalmente o parzialmente – non solo per i fatti di terrorismo e strage, ma anche per vicende legate all’associazione mafiosa, traffico di droga, traffico illegale di armi e di materiale nucleare, chimico o biologico. Pena la sanzione della reclusione da sei a dieci anni.

Il testo è ora arrivato in discussione a Montecitorio e il deputato Pd della commissione Giustizia, Davide Mattiello, intervenendo nella discussione generale della proposta di legge che introduce nel codice penale la fattispecie del reato ha detto: “L'introduzione del nuovo reato di depistaggio e inquinamento processuale rappresenta una presa d'atto doverosa e dolorosa: la democrazia nel nostro Paese, infatti, è stata ed è ancora oggi avvelenata da chi ostacola la ricerca della verità, almeno di quella particolare verità che è quella giudiziaria”.
Il nuovo articolo 375 prevede di colpire, tra le altre, la condotta di chi “Immuti artificiosamente lo stato delle persone connesse al reato”. Ed è proprio su questa frase che Mattiello si concentra nella sua analisi: “A cosa dobbiamo pensare leggendo questa frase? Dobbiamo pensare, tra le altre, alla possibilità che qualcuno avvicini un detenuto, magari un detenuto al 41 bis e gli suggerisca quale parte recitare in commedia. Dobbiamo pensare, tra le altre, alla possibilità che qualcuno avvicini un collaboratore di giustizia e gli suggerisca quale parte recitare. Ecco perché grande attenzione il Parlamento deve mettere costantemente nel vigilare su quelle delicate articolazioni dello Stato che congiungono i Servizi di Informazione, come l’AISI, l’Amministrazione penitenziaria, la Magistratura”. Sono tanti i casi presi ad esempio dall'esponente del Pd, a cominciare dalla complessa vicenda del “falso pentito” Vincenzo Scarantino, alla vicenda del “compagno d'ora d'aria” del boss Salvatore Riina, Alberto Russo in un periodo, “caratterizzato da una sorprendente loquacità del Riina”. Poi Mattiello, nel suo discorso, torna al testo del 375. “Si legge 'distrugge, sopprime, occulta o rende comunque inservibili, in tutto o in parte, un documento'. Come non pensare al 5 Agosto 1989 quando qualcuno sparò all’agente Nino Agostino e a sua moglie Ida, uccidendoli. Come non pensare a quelle ore concitate che seguirono il duplice omicidio, ore nelle quali venne porto via, letteralmente, un “freco di carte” dall’armadio di Agostino, carte mai più ritrovate. Carte su cui Agostino aveva appuntato nomi e relazioni. Un lavoro quello di Agostino legato in qualche modo a quello dell’agente Piazza, anch’egli ucciso pochi mesi dopo e al fallito attentato contro Falcone all’Addaura il 20 Giugno dello stesso anno. Un lavoro prezioso visto che Falcone, presentatosi al funerale di Agostino disse “A questo ragazzo devo la mia vita”. Quel “freco di carte” sarebbe stato portato via da un agente di Polizia intervenuto sul posto, successivamente scoperto, processato, ma per il quale nel Febbraio del 2014 la Procura di Palermo ha dovuto chiedere l’archiviazione per intervenuta prescrizione. Sulla scena di quell’omicidio, come in altre circostanze, fa la sua comparsa un personaggio inquietante, noto alle cronache come “Faccia di Mostro”. Un agente dei Servizi? Non si sa. Quel che sappiamo è che proprio negli ultimi mesi è emerso un possibile collegamento tra le indagini di almeno quattro Procure, le dichiarazioni di una collaboratrice di giustizia della famiglia Galatolo e un uomo, che risponderebbe alle caratteristiche di Faccia di Mostro. Stupisce francamente e preoccupa, alla luce di tutto ciò, che non risultino provvedimenti di custodia volti ad evitare che nelle more, costui decida di rendersi irreperibile”.
Sempre all'interno del testo del 375 si parla di chi “Forma artificiosamente gli oggetti indicati nel numero 2”, cioè oggetti da impiegare come elementi di prova. “Come non pensare – aggiunge il deputato Pd - alle false bottiglie Molotov fatte rinvenire nella Diaz di Genova, nella notte del 21 Luglio 2001? La Cassazione con la sentenza del 5 Luglio del 2012 ha messo un punto giudiziario su questa drammatica vicenda, rendendo definitive le 25 condanne ad esponenti anche di vertice della Polizia di Stato”. E infine ha concluso ricordando come Portella della Ginestra e Capaci, insieme a via D’Amelio e alle bombe del ‘93 “sono intrise di depistaggi, sono intrise di quegli 'indicibili accordi' evocati dal compianto Consigliere D’Ambrosio”. Eppure, così come sarebbe attualmente, il reato di depistaggio non convince tutti gli addetti ai lavori. Tempo fa il procuratore generale di Palermo, Roberto Scarpinato aveva critica la proposta di legge. “Lo scopo è condivisibile – aveva detto - ma così come è stato congegnato il reato di depistaggio è uno strumento inadeguato rispetto alla complessità del fenomeno”. Scarpinato ha spiegato che, cCosì come è strutturato, “il reato colpisce solo la dichiarazione falsa e reticente del pubblico ufficiale”. Invece è necessario comprendere “tutte le azioni e omissioni con cui si depista, si ritarda indebitamente o si inquinano le indagini della magistratura su reati di particolare gravità”, in modo da comprendere “tutte le condotte con cui sulla base dell'esperienza si realizza il depistaggio”. Furto compreso, come nel caso della sparizione dell'agenda di Paolo Borsellino, o l'eliminazione di dati informatici. Inoltre ai reati di depistaggio andrebbero applicati gli stessi termini di prescrizione previsti per i reati di mafia. Insomma un testo che andrebbe approfondito in modo da fornire davvero uno strumento nuovo di repressione di un fenomeno che, purtroppo, ha da sempre contraddistinto la storia del nostro Paese.

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