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dellutri-marcello-web3Il presidente Soleiman, in scadenza di mandato, non ha firmato le carte
di Aaron Pettinari - 24 maggio 2014
Niente da fare. L'estradizione di Marcello Dell'Utri, che era stata fissata entro giovedì di questa settimana dopo che le autorità giudiziarie libanesi avevano dato il via libera al rientro dell'ex senatore azzurro condannato a 7 anni per concorso esterno in associazione mafiosa, potrebbe essere rinviata.
A riportare la notizia è oggi Il Fatto Quotidiano. Il decreto non è stato pubblicato, come ci si aspettava, sulla Gazzetta Ufficiale libanese uscita ieri in quanto manca ancora la firma da parte del presidente Michel Soleiman, il cui mandato decadrà oggi a mezzanotte.
Lo scenario per Dell'Utri, attualmente piantonato alla clinica privata Al Hayhat di Beirut, è duplice. La prima ipotesi è che per l'estradizione se ne riparlerà a settembre-ottobre, ovvero quando si dovrebbe formare il nuovo governo in Libano. La seconda ipotesi è la concessione degli arresti domiciliari che consisterebbero in un obbligo di firma o nel divieto di uscita in alcune ore. Arresti domiciliari che potrebbe trascorrere in qualche lussuoso hotel, magari lo stesso Fhoenicia (dove alloggiava quando fu arrestato lo scorso 12 aprile ndr).

Intanto resta poco chiaro il motivo per cui non sia ancora arrivata la firma del presidente Soleiman. Fonti presidenziali sostengono che la richiesta di estradizione “non è ancora arrivata sul tavolo del presidente”. Una versione però smentita dal primo ministro Tamman Salam che sostiene invece che è stato lui stesso a portargli il decreto domenica scorsa durante il Consiglio Supremo della Difesa nel palazzo Baaddba. Una circostanza confermata anche dal Fatto Quotidiano che, citando una fonte accreditata del ministero della Giustizia, rivela: “Sono intervenute forti pressioni politiche” sul capo dello Stato.
Pressioni da parte di chi? E' un fatto noto che Suleiman è uomo di Saad Hariri, amico di Silvio Berlusconi, come l'ex presidente libanese ricandidato alle Presidenziali, Amin Gemayel (un nome ques'ultimo che compare anche nell'affaire Scajola-Matacena ndr). Possono nascondersi dietro queste “salde amicizie” le evenuali “pressioni politiche”? “Marcello era partito perché Vladimir Putin mi ha chiesto di sostenere la campagna elettorale di Amin Gemayel”, aveva detto Berlusconi, prima di essere smentito dall'ufficio stampa del partito Falangi. Un nuovo tentativo di soccorso all'amico con cui ha fondato Forza Italia, insomma, non stupirebbe più di tanto.
E se alla fine davvero l'estradizione verrà ulteriormente rimandata si potrebbe capire per quale motivo l'ex senatore di Forza Italia ha scelto il Libano per trascorrere la propria latitanza.

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