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di-matteo-napolitanoA denunciare il magistrato, condannato a morte da Riina, il braccio destro di Napolitano
di AMDuemila - 10 febbraio 2014
Non c'è solo la condanna a morte del capomafia Riina a minacciare il sostituto procuratore di Palermo, Antonino Di Matteo, pm di punta del pool che indaga sulla trattativa Stato-mafia. Da  quasi un anno e mezzo, infatti, nei suoi confronti è aperto un procedimento disciplinare da parte del Csm (Consiglio superiore della magistratura) riguardo ad un'intervista, rilasciata a Repubblica il 22 giugno scorso, nella quale il magistrato aveva risposto alla giornalista senza rivelare alcun segreto relativo alle telefonate tra Mancino e Napolitano, tanto che pochi giorni prima era stato Panorama.it a parlarne per primo. Secondo il pg della Cassazione, Gianfranco Ciani (il quale avviò la pratica), Di Matteo sarebbe stato invece colpevole di avere ammesso l’esistenza di tali telefonate ‘seppure non espressamente’. Oggi, grazie al Fatto Quotidiano emerge il carteggio che dimostra come il procedimento disciplinare sia stato espressamente suggerito dal Quirinale. Basta leggere la richiesta di proscioglimento depositata a fine dicembre dal Pg Gianfranco Ciani e dal sostituto Antonio Gialanella. Un documento in cui viene scritto che la segnalazione dei possibili illeciti disciplinari partì proprio dal Colle: “Al Procuratore generale presso la Cassazione perveniva, in data 11.7.2012, dal Segretario generale della Presidenza della Repubblica, una missiva datata al 9.7.2012”. Il segretario generale altri non è che Donato Marra, braccio destro di Napolitano, il quale trasmette un carteggio tra l'Avvocatura dello Stato e la Procura di Palermo a proposito dell'intervista rilasciata da Di Matteo.

Rispondendo alla domanda della giornalista il pm spiegava che agli atti del procedimento per la trattativa Stato-mafia, che oggi si celebra a Palermo, “non c’è traccia di conversazioni del capo dello Stato e questo significa che non sono minimamente rilevanti”. Ed al quesito se le intercettazioni non depositate verranno distrutte Di Matteo ha risposto: “Noi applicheremo la legge in vigore. Quelle che dovranno essere distrutte con l’instaurazione di un procedimento davanti al gip saranno distrutte, quelle che riguardano altri fatti da sviluppare saranno utilizzate in altri procedimenti”. Ed è a questo punto che il Quirinale si è attivato in prima persona. L’Avvocatura dello Stato, nella persona di Ignazio Caramazza, il 27 giugno 2012 ha scritto al Procuratore Messineo chiedendo il perché Di Matteo si sia permesso di svelare a Repubblica che sono “state intercettate conversazioni telefoniche del Presidente della Repubblica, allo stato considerate irrilevanti, ma che la Procura si riserverebbe di utilizzare”. La risposta della Procura di Palermo non si è fatta attendere con due lettere in cui sia Messineo che Di Matteo hanno spiegato come le telefonate tra Mancino e Napolitano erano comunque irrilevanti ai fini del procedimento, che non se ne prevedeva alcuna utilizzazione investigativa o processuale ma che sulla distruzione da effettuare si sarebbe proceduto con l'osservanza delle formalità di legge.
Per far sì che le telefonate tra Napolitano e Mancino venissero distrutte il prima possibile ecco che il Quirinale, il 16 luglio, ha mosso contro la Procura di Palermo il conflitto di attribuzione per aver attentato alle “prerogative del Capo dello Stato”.
A fine mese il pg della Cassazione Ciani ha aperto un procedimento "paradisciplinare" nei confronti di Di Matteo e Messineo.
Qualche mese prima, in aprile, Mancino ha inviato una lettera al Quirinale. Ventiquattro ore dopo viene girata direttamente al Pg della Cassazione Esposito, con annessa nota del Quirinale. A inviarla è stato il segretario generale del Quirinale Donato Marra: “Illustre Presidente, per incarico del Presidente della Repubblica trasmetto la lettera con la quale Nicola Mancino si duole del fatto che non siano state fin qui adottate forme di coordinamento delle attività svolte da più uffici giudiziari sulla cd. 'trattativa' che si assume intervenuta fra soggetti istituzionali ed esponenti della criminalità organizzata a ridosso delle stragi del 1992-'93. ...Il Capo dello Stato auspica possano essere prontamente adottate iniziative che assicurino la conformità di indirizzo delle procedure ai sensi degli strumenti che il nostro ordinamento prevede”.
Una settimana dopo il Csm ha nominato Ciani come sostituto di Esposito alla Procura Generale della Cassazione ed è proprio questi ad aver convocato l'allora Procuratore Nazionale Antimafia Grasso (il 19 aprile 2012), proprio per capire se si potesse applicare un maggior coordinamento tra le indagini o addirittura avocare a se l'inchiesta sulla trattativa.
Grasso poco dopo rispose per iscritto: “nessun potere di coordinamento può consentire al Pna di dare indirizzi investigativi e ancor meno influire sulle valutazioni degli elementi di accuse acquisiti dai singoli uffici giudiziari”.
Il primo agosto un sostituto di Ciani scrisse al Pg di Palermo per sapere se Messineo avesse autorizzato Di Matteo a rilasciare l’intervista e perché non l’avesse denunciato al Csm per averla rilasciata. Ancora una volta da Palermo risposero che l’intervista di Di Matteo non richiedeva alcuna autorizzazione e non violava alcuna norma deontologica in quanto non svelava alcun segreto, visto che la notizia delle telefonate Napolitano-Mancino l'aveva già diffusa Panorama ed era in un secondo momento stata ripresa da numerosi organi di informazione.
E si arriva così al 2013. Ciani in marzo ha promosso l’azione disciplinare contro Messineo e Di Matteo. Quest'ultimo è accusato di aver “mancato ai doveri di diligenza e riserbo” e “leso indebitamente il diritto di riservatezza del Presidente della Repubblica” mentre il procuratore di Palermo è accusato di non aver denunciato il fatto al Csm. Entrambi vengono interrogati ribadendo il fatto che le intercettazioni non erano state ritenute rilevanti e che l'esistenza delle stesse era stata svelata già tempo prima dalla stampa. Passano i mesi e a dicembre sempre Ciani, assieme al sostituto Antonio Gialanella, arrivano a chiedere il proscioglimento per entrambi. E cosa emerge dalle carte? Semplicemente che la notizia delle telefonate Mancino-Napolitano non la svelò Di Matteo, ma Panorama, in un articolo “presente nella rassegna stampa del Csm del 21.6.2012”. Pertanto “con apprezzabile probabilità occorre assumere che la notizia... fosse oggetto di diffusione da parte dei mass media in tempo antecedente a quello dell’intervista incriminata”. Inoltre su Di Matteo si specifica che è verosimile questi ha tenuto “un atteggiamento di sostanziale cautela” e “non pare potersi dire consapevole autore di condotte intenzionalmente funzionali a ledere diritti dell’Istituzione Presidenza della Repubblica”, semmai “intenzionato a rappresentare la correttezza procedurale dell’indagine”. Quindi “la condotta del dr. Di Matteo non si è verosimilmente consumata nei termini illustrati nel capo d’incolpazione, tanto che nessun rimprovero disciplinare si ritiene di poter articolare nei suoi confronti”, né in quelli di Messineo. Nessuna contravvenzione alle regole quindi, nessuno scandalo, nessun caso. Ora il Csm dovrà esprimersi sulle richieste della Procura. Tanto ormai il primo obiettivo del Quirinale è stato raggiunto con la distruzione delle telefonate che, pur se non rilevanti sul piano penale, lasciano comunque un'ombra di dubbio nei confronti dell'atteggiamento del Capo dello Stato a colloquio con un imputato. Avrebbe fatto più bella figura nel renderle pubbliche definitivamente anche se forse non si sarebbe confermato altro che quello che già il consigliere del Quirinale D'Ambrosio diceva a Mancino: “Il presidente ha preso a cuore la questione”.

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