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imposimato-ferdinando-web0di Savino Percoco - 5 novembre 2013 - Audio
Il processo è già iniziato e dopo oltre vent'anni di mancata verità si percepisce forte la sensazione di vuoto in seno alla storia della trattativa Stato-mafia, con elementi nascosti ancora da scoprire. Sembra di trovarsi di fronte ad un quadro composto da tanti pezzi di puzzle, alcuni smarriti, altri che riaffiorano alla luce. E più si va avanti più si scopre la connessione che questo quadro ha anche con altre opere, come se il “disegno” sia in realtà un dipinto oscuro realizzato a più mani nel corso degli anni. Soltanto dopo le dichiarazioni di pentiti (Spatuzza) e figli di mafiosi (Ciancimino) le coscienze di alcuni protagonisti di quegli anni, durante e dopo le stragi, si sono come “risvegliati”.
Anche di questo ha parlato Ferdinando Imposimato, ex giudice istruttore di alcuni eclatanti casi italiani, ancora tonico e affamato di giustizia e verità a dispetto dei 77 anni di età e della toga ormai pensionata.
Ma Imposimato, rispondendo alle domande del pubblico a Bari, in occasione della presentazione del suo libro (I 55 giorni che hanno cambiato l’Italia) sulle vicende politico-giurisdizionali del sequestro Moro, ha confermato quanto detto in una recente intervista sul tema della trattativa dove indica il coinvolgimento dell’ex presidente della Repubblica, Oscar Luigi Scalfaro.
“E' una pagina ancora da scrivere”, ha detto l’ex magistrato descrivendo l’esperienza parlamentare nei giorni successivi alla strage di Capaci quando è stato relatore al “Decreto Falcone”, sorprendentemente bloccato anche dalle opposizioni, nonostante il clamore mediatico di quei tristi giorni.

In particolare ha ricordato un episodio in Commissione Giustizia quando, in compagnia degli ex ministri Martelli e Scotti, fu “cacciato” da Scalfaro a suo parere condizionato dall’ora capo della polizia Parisi, intenzionato a trattare con la mafia.
scalfaro-oscar-luigi0Una legge che fu poi approvata dopo la strage di via D’Amelio. Secondo Imposimato ciò avrebbe scatenato l’ira di Toto Riina, tra gli esecutori dell’attentato ma disinteressato e contrario alla morte di Borsellino per i suddetti rischi, rilanciando il sospetto di un assassinio ordinato dai servizi segreti dello Stato.
Forti retroscena evidenziano anche le sue dichiarazioni, riguardo l’intercettazione telefonica in cui Nicola Mancino ha minacciato a Loris D’Ambrosio la rivelazione di segreti relativi a Scalfaro in caso di mancato sostegno da parte del Quirinale per le sue personali vicende, nonché l’affermazione da parte dell’ex ministro Martelli a conferma dell’esistenza di alcuni registri legati alla trattiva.
Imposimato non ha specificato quali, ma ha evidenziato di essere a conoscenza di alcune informazioni esposte, mediante Giovanni Conso.
Nel suo intervento l’ex senatore ha evidenziato l’ardore di una forte passione per il suo vecchio mestiere, proseguito anche lontano dai tribunali. In particolare si è soffermato proprio sul sequestro dell'allora presidente della Dc, parlando delle responsabilità di politici come Andreotti e Cossiga, indicati come responsabili della morte di Aldo Moro. Quindi ha concluso il proprio intervento incoraggiando il sostegno alla magistratura e in particolare a Nino Di Matteo, costantemente vittime di delegittimazione da parte di organi governativi.

In foto: Ferdinando Imposimato (sinistra) e Oscar Luigi Scalfaro (destra)


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