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borsellino-manfredi0L’intervista
di Alessandra Ziniti - 19 maggio 2013
“Sì, questa può essere la svolta in quelle pagine scomparse, mio padre custodiva i suoi segreti”
«Che mio padre anche quel giorno avesse l’agenda rossa con sé e che sia stata trafugata da qualcuno in via d’Amelio nell’immediatezza della strage e non altrove noi non abbiamo mai avuto alcun dubbio. E certo ora questo filmato potrebbe essere un elemento importantissimo. Se solo gli inquirenti di allora avessero lavorato come stanno facendo quelli della Procura guidata da Sergio Lari...».
È emozionato e turbato Manfredi Borsellino alle otto e mezza del mattino quando sulla prima pagina di Repubblica vede per la prima volta quel fotogramma che immortala la presenza di un’agenda rossa tra le macerie fumanti della strage in via d’Amelio. Parla a nome suo ma anche delle sue sorelle Lucia e Fiammetta. I loro telefoni non smettono un attimo di suonare. Tutti, magistrati, investigatori, giornalisti, amici, vogliono sapere da loro se quella è l’agenda di Paolo Borsellino che tutti cercano invano da vent’anni.

Manfredi, voi figli siete in grado di riconoscere quell’agenda?
«Così, da un fotogramma un po’ sgranato pubblicato sul giornale non siamo in grado di dire che quella è proprio l’agenda di mio padre. Ma certamente non lo escludiamo. È indubbio che questo è un elemento importantissimo nelle indagini. Ho parlato con il procuratore di Caltanissetta Sergio Lari e, anche a nome delle mie sorelle, gli ho ribadito tutta la piena e incondizionata fiducia che abbiamo nel lavoro dei magistrati dell’attuale Procura di Caltanissetta.
Siamo certi che, come hanno dimostrato negli ultimi tempi, non tralasceranno alcun elemento utile all’individuazione di chi, in via d’Amelio (e questo ormai è un dato acquisito processualmente) ha fatto sparire l’agenda di mio padre».

Il procuratore Lari ha detto che è assurdo che questo filmato, agli atti del processo e certamente visionato dalla Scientifica, non sia stato segnalato come rilevante. Voi cosa dite?
«Ribadisco. Che abbiamo piena fiducia in questa Procura. Se vent’anni fa avessero lavorato allo stesso modo forse non staremmo qui a parlare di depistaggi».

Ma quell’agenda di suo padre com’era? Aveva dei particolari segnali distintivi, voi sareste in grado di riconoscerla?
«Se la vedessimo da vicino, nitidamente, sì. Era un’agenda rossa, di pelle, di un certo spessore, che aveva sulla copertina in basso a destra inciso un piccolo logo dell’Arma dei carabinieri, nulla sul retro. Era un’agenda semplice».

È possibile che l’agenda di suo padre sia finita intatta sotto la macchina? Che non fosse dentro quella borsa rimasta in macchina e poi passata di mano in mano?
«Assolutamente sì, come abbiamo detto tante volte, mio padre non teneva in modo particolare alla sua borsa da lavoro, ma all’agenda, quella rossa, sì. E spesso la portava in mano, fuori dalla borsa. Quella domenica 19 luglio, certamente nella borsa mio padre aveva un’altra agenda, di cuoio marrone, quella è stata ritrovata, c’erano dentro appunti, ma niente di rilevante e quella ci è stata restituita. Ma quella rossa, dove lui teneva i suoi appunti riservati, no.
Niente di strano, dunque, che anche nel momento dell’esplosione potesse averla in mano o che l’avesse lasciata per qualche minuto sul cruscotto. Perché in realtà quella domenica 19 luglio mio padre era sceso dalla macchina solo per citofonare a mia nonna, non per salire su da lei. Quindi non pensava di dover restare fuori dall’auto più di qualche minuto. C’era stato un improvviso cambio di programma quella domenica».

E cioè?
«Il cardiologo che avrebbe dovuto visitare mia nonna, il professore Piero Di Pasquale, la notte precedente aveva subito l’incendio del suo camper e quindi non poteva allontanarsi da casa e allora mio padre decise di andare a prendere mia nonna e di portarla lui a casa del cardiologo».

Nel video girato dai vigili del fuoco si vede quest’agenda ma si vede anche un uomo che, per due volte, con il piede sposta un cartone che la copre parzialmente. Anche questo è un elemento che conferma i vostri sospetti.
«Ora parlo anche da poliziotto. È chiaro che ogni elemento, ogni piccola tessera del mosaico può risultare decisiva. Forse, nella fattispecie, il gesto compiuto da questa persona può essere la cosa più importante e magari la comparazione di questi fotogrammi con altri o con gli altri video in possesso dei magistrati può portare altrove».

Un passo avanti verso quella ricerca della verità che vostra madre, da poco scomparsa, non si è stancata di chiedere fino all’ultimo.
«Ce lo auguriamo. La richiesta di mia madre è quella di noi figli».

Tratto da: La Repubblica

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