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toghe-cappelloAlla petizione di Antimafia Duemila raccolte più di 22mila firme
di Miriam Cuccu - 2 maggio 2013

Oltre duecento magistrati hanno sottoscritto l'appello per esprimere solidarietà e sostegno nei confronti del pm Antonino Di Matteo. Il titolare del processo sulla trattativa Stato-mafia è infatti al centro di un provvedimento disciplinare per un'intervista, rilasciata al quotidiano Repubblica, nella quale avrebbe rivelato (in realtà solo in seguito allo scoop di Panorama) l'esistenza delle conversazioni intercettate tra l'ex ministro Nicola Mancino e il Capo dello Stato Giorgio Napolitano. Secondo il Procuratore Generale della Cassazione Gianfranco Ciani, Di Matteo sarebbe per questo 'colpevole' di aver leso “il diritto alla riservatezza del capo dello Stato”. Le intercettazioni in questione sono poi state distrutte il 22 di aprile per ordine della sesta sezione penale della Cassazione.
L'iniziativa a sostegno di Nino Di Matteo è partita da Giovanni Favi, giudice del Tribunale di Torre Annunziata (Napoli), il quale ha sottolineato la forte “preoccupazione per una eventuale tendenza a configurare l'illecito disciplinare in termini esclusivamente formali così minando potenzialmente di fatto l'indipendenza interna della magistratura”. Preoccupazione accentuata dalle “minacce di morte successivamente rivolte a Di Matteo, ed ad altri suoi colleghi” ricevute proprio il giorno stesso nel quale è stato aperto il provvedimento disciplinare, contribuendo così ad alimentare un clima di pesante isolamento intorno a uno dei magistrati in questo momento più esposti.

Per questo anche la redazione di Antimafia Duemila ha lanciato una petizione per l'archiviazione del provvedimento, chiedendo alla parte migliore di questo Paese di attivarsi per sostenere Di Matteo. In breve sono state raccolte oltre 22mila firme (tra le quali quelle dei giornalisti Sandro Ruotolo, Loris Mazzetti, Liana Milella e Sandra Rizza, e dei fotografi Letizia Battaglia e Franco Zecchin). Oltre 22mila persone che hanno voluto dare un importante segnale di protezione al pubblico ministero di Palermo, che nonostante si sia sempre distinto per l'alto rigore morale con il quale si occupa delle delicatissime indagini sulla mafia, continua a subire una condizione di aperta ostilità e delegittimazione.
E ora un nuovo appello è stato rivolto al Csm. In poco tempo più di duecento magistrati in servizio su tutto il territorio nazionale presso uffici giudicanti e inquirenti hanno risposto alla preoccupazione espressa dal giudice Favi, sottoscrivendo una lettera di solidarietà di cui riportiamo alcuni stralci: “Agli Organi di Autogoverno, fondamento della garanzia della indipendenza della magistratura e' attribuita, ovviamente, dal punto di vista giuridico, la competenza a valutare l'applicabilità, al caso che ha interessato il collega Nino Di Matteo, della giurisprudenza del Csm, secondo la quale non ha rilevanza disciplinare il fatto in sè che siano state rese delle dichiarazioni sulle indagini da un soggetto diverso dal Procuratore. Parimenti è compito dei predetti Organi di valutare se la sussistenza di intercettazioni riguardanti il Capo dello Stato, a cui si accenna nell'intervista rilasciata da Nino Di Matteo da cui appare scaturire l'azione disciplinare, era sostanzialmente un fatto notorio, in quanto se ne era dato già ampio risalto nei mass media. Tuttavia – continua l'appello –  proprio il fondamento costituzionale dell'Autogoverno che chiama ogni singolo magistrato a partecipare, nei modi opportuni, al medesimo conduce a manifestare, all'interno dell'Ordine Giudiziario, la preoccupazione per questa vicenda. Con la sottoscrizione del presente appello i firmatari quindi manifestano, con riferimento all'azione disciplinare che risulta promossa, in base alle notizie diffuse dagli organi di stampa, nei confronti del dott. Nino Di Matteo, preoccupazione per una eventuale tendenza a configurare l'illecito disciplinare in termini esclusivamente formali, a prescindere da una effettiva lesività della condotta, che può oggettivamente esporre ogni singolo magistrato a rilievi, minando potenzialmente di fatto l'indipendenza interna della magistratura”. L'appello in sostanza conferma quello che il pm Sebastiano Ardita, che difenderà Di Matteo davanti al Csm, ha dichiarato studiando casi analoghi, arrivando alla conclusione che una presa di posizione così netta da parte del Consiglio superiore della magistratura non è giustificata. Sulla questione è stata inoltre convocata per il prossimo 7 maggio un'assemblea straordinaria dei magistrati della Giunta distrettuale di Palermo dell'Associazione nazionale magistrati.

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