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confronto-sky-bigdi Biagio Simonetta - 13 novembre 2012
Le organizzazioni criminali compongono il 7% del Pil nazionale. Argomento ignorato ieri sera su Sky
La prima banca d'Italia è la mafia
. L'azienda più liquida di questo Paese, quella che non avverte crisi (anzi, la cavalca), è quella composta da 'Ndrangheta, Camorra e Cosa Nostra. Il business più efficace, nonostante la recessione, rimane il narcotraffico, la cocaina prodotta in Sudamerica e importata grazie alle famiglie di Africo, San Luca, Gioia Tauro, Rosarno. Tutti posti rintracciabili sulla cartina geografica italiana. L'Italia periferica, quella al Sud del Sud, quella buona quando servono voti, e poi basta.

I costi diretti e indiretti della criminalità organizzata per le imprese valgono il 2,6% del Pil nel Sud e l'1% dello stesso Prodotto interno lordo nel Centro-Nord. Con un fatturato di circa 140 miliardi di euro, le mafie compongono il 7% del Pil nazionale, secondo un rapporto di Sos Impresa.

Le bande criminali italiane fanno scuola di malavita in giro per l'Europa. La 'ndrangheta e la Camorra hanno colonizzato interi quartieri nelle città tedesche e francesi. In Australia i calabresi non hanno esportato solo forza lavoro. In America la mafia italiana c'è dai tempi di Al Capone.

Oggi, il problema mafie va considerato per quello che è: un cancro enorme e aggressivo, le cui metastasi hanno invaso le zone più ricche del pianeta. Per questo credo che la politica non possa più far finta di niente.
Al confronto televisivo fra i cinque candidati alle primarie del centrosinistra l'argomento è stato ignorato. Forse sono uno sciocco utopista, ma credevo che una presa di posizione netta, una discussione viva e attenta, fosse necessaria, dovuta e non più rinviabile.
Governare un Paese in preda alla crisi, strozzato dalla liquidità criminale e dal potere mafioso, diventa impossibile senza un programma serio di lotta alle mafie. Un programma che non sia solo forza militare e blitz notturni. Perché le guerre armate non le ha vinte mai nessuno.
Occorre guardare oltre, ritrovare quel "fresco profumo di libertà" che sognava Paolo Borsellino. La prossima classe dirigente deve essere artefice di una rivoluzione culturale che cambi l'antimafia di facciata e la porti nelle scuole, nei teatri, nelle piazze. Le improvvisazioni non servono e non porteranno a niente, cari Renzi, Puppato, Vendola, Tabacci e Bersani.

Qualche mese fa, Roberto Saviano, bacchettò il governo tecnico per lo scarso impegno in fatto di contrasto alle organizzazioni criminali. Il vento non pare voler cambiare.

Tratto da: cadoinpiedi.it

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