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lo bianco giuseppe web1Intervista all'autore di "Petrolio e sangue. Chi ha ucciso Enrico Mattei", nuovo ebook Original di Chiarelettere, scritto con Sandra Rizza
di Aaron Pettinari - 30 ottobre 2012
La sera del 27 ottobre 1962 l'aereo di Enrico Mattei, fondatore e presidente dell'Eni, esplode nel cielo di Bascapé, in provincia di Pavia. Il "corsaro del petrolio" era di ritorno da un viaggio in Sicilia e con lui si spenseun sogno: quello "dell'autonomia energetica del nostro Paese". Per anni la domanda se si fosse trattato di un semplice incidente o di un attentato non ha mai trovato una risposta certa.

I cinquant'anni dalla morte di Mattei, celebrati quest'anno, sono stati infatti anche cinquant'anni di misteri. Secondo chi ha indagato per ultimo si tratta di un "complotto tutto italiano, cui si mischiano complicità istituzionali e depistaggi". E la ricerca della verità sulla misteriosa sciagura è al centro di "Petrolio e sangue. Chi ha ucciso Enrico Mattei", nuovo ebook Original di Chiarelettere, autori Giuseppe Lo Bianco, Copertina del libro Petrolio e sangue cronista giudiziario da oltre venticinque anni a Palermo e Sandra Rizza per un decennio cronista giudiziaria all'Ansa di Palermo, che già si erano occupati della vicenda in "Profondo nero" (Chiarelettere 2009). Un volume in cui si ripercorrono gli ultimi giorni della vita di Mattei, le trame dei suoi nemici e trent'anni di indagini della magistratura soprattutto alla luce delle motivazioni della sentenza del processo per la scomparsa del giornalista de "L'Ora" Mauro De Mauro. I giudici di Palermo hanno infatti scrittonero su bianco che De Mauro è stato ucciso in quanto si ostinava a cercare la verità sulla strage di Bascapé e nel libro viene messa in evidenza anche la storia de "l'unico responsabile, indicato dai giudici", il senatore democristiano Graziano Verzotto, addetto alle pubbliche relazioni dell'Eni in Sicilia, al centro di relazioni internazionali, mafiose e con i servizi segreti. Verzotto, morto il 12 giugno 2010, fu l'ultima persona a salire sull'aereo di Mattei ad essere rimasta in vita.

Giuseppe Lo Bianco, cinquant'anni fa, il 27 ottobre, Enrico Mattei moriva nel disastro aereo di Bescapé. Una scomparsa che con ogni probabilità ha cambiato il corso della storia del nostro Paese. Ora la sentenza De Mauro riapre il caso sulla morte del presidente dell'Eni ribadendo l'ipotesi del sabotaggio a scapito di quella sostenuta per tanti anni dell'incidente aereo. Come possiamo definire l'accaduto?
Beh, sicuramente potremmo dire che il caso Mattei rappresenta la prima pistola poggiata sul tavolo della politica italiana. Fanfani la definì come il primo gesto terroristico del nostro Paese. Quel che è certo è che si tratta del primo episodio in cui viene usato il tritolo per fermare un manager pubblico che stava compiendo azioni che avrebbero cambiato il futuro dell’Italia.

In che modo avrebbe inciso in questo senso?
aveva bene in testa l'idea di un'Italia libera dalla dipendenza dalle Sette Sorelle. Con le proprie azioni aveva sconvolto l'equilibrio mondiale del mercato del petrolio seguendo perfettamente quelle che erano le regole del libero mercato. Comprando il petrolio direttamente dai Paesi produttori per utilizzarlo ed anche rivenderlo a sua volta avrebbe dato all'Italia una maggiore autonomia energetica e finanziaria che avrebbe permesso un'ulteriore crescita sul piano industriale. Per questo motivo era un personaggio scomodo all'estero quanto in Italia dove in molti non gradivano il ruolo politico che si stava ritagliando. Di fatto era una sorta di ministro degli Esteri italiano e in qualche modo decideva larghe fette di politica estera italiana.
E' documentato negli archivi inglesi, e lo pubblicheremo nel prossimo numero de “I Quaderni de L'Ora”, che all'epoca c'era una certa preoccupazione dall'azione di Mattei. In uno di questi appunti, recuperati grazie allo storico Mario Cereghino, vi è una conversazione di un diplomatico italiano a cui Mattei aveva confidato che nell'arco di sette anni avrebbe tirato fuori l'Italia dalla Nato ponendola a capo dei Paesi non allineati. Una sorta di terzo blocco mondiale rispetto al blocco Usa e a quello dell'Unione Sovietica. Anche per questo non è un'ipotesi remota che con la sua morte in molti hanno tirato un sospiro di sollievo.

L'incidente ha luogo dopo che l'aereo, il Morane-Saulnier MS-760 Paris, era partito dall'aeroporto Fontanarossa di Catania. Lì sarebbe stato piazzato l'esplosivo. Il collaboratore di giustizia Tommaso Buscetta rivelò che l'omicidio Mattei fu il primo attentato deciso dalla Commissione, ma che ruolo ha avuto Cosa Nostra?
Sinceramente io non credo che Cosa Nostra nel 1962 avesse le competenze tecniche per sabotare l'aereo. Non ci ho mai creduto. Per fare una cosa del genere, per piazzare una microcarica di tritolo nei posti giusti evidentemente sono stati presenti dei tecnici che erano perfettamente consapevoli di come procurare il danno. Casomai il punto della questione può essere un altro. L'attentato avviene nel 1962 ovvero cinque anni dopo la riunione famosa all'Hotel delle Palme in cui si incontrano i capimafia siciliani con quelli americani mattei-enrico-web0per dare il via alla più vasta operazione di narcotraffico mai messa in piedi negli anni '50. E' in quell'occasione che vengono rinforzati non solo i legami di sangue tra le due Cosa Nostra, ma anche i legami d'affari con il traffico di eroina. Siamo nel'57 e dopo cinque anni i rapporti tra le famiglie sono più che collaudati. Diversi collaboratori di giustizia hanno detto che la richiesta per quell'attentato partì dagli Stati Uniti ed è agli atti del processo. Personalmente credo che non sia inverosimile e che possa rientrare nell'ambito di questo scambio di favori continui che si era rafforzato con il traffico di stupefacenti. Nello specifico veniva messo in campo un rapporto territoriale con quella che era la borghesia mafiosa dell'epoca per il controllo dei movimenti di Mattei in Sicilia e per fare in modo che il piano di morte potesse essere realizzato senza ostacoli in territorio siciliano.

In “Sangue e petrolio” con Sandra Rizza evidenziate sin dalle prime pagine il grande depistaggio che è stato messo in atto e che ha dato poi il via ad una serie successiva di depistaggi istituzionali. Una sorta di schema che colpisce tutte le stragi d'Italia, da Portella della Ginestra a Falcone e Borsellino.
“Purtroppo i depistaggi fanno parte della storia del nostro Paese anche se c'è da evidenziare la differenza tra quello messo in atto nel '62 e quello del '92. Con Mattei è stato compiuto un gesto molto semplice, occultando quanto avvenuto condizionando la testimonianza dell'unica persona che vide l'aereo esploso. Parlo del Mario Ronchi, che in un primo momento ha raccontato di aver visto una “palla di fuoco” ai giornalisti della Rai, per poi ritrattare clamorosamente a distanza di poco tempo. Ronchi infatti venne prelevato e condotto ad un palazzo dell'Eni a San Donato Milanese e praticamente catechizzato. In cambio del proprio silenzio ha ricevuto la gestione del memorial Mattei, venne costruita una strada interpoderale a spese dell'Eni, venne assunta la figlia da una società dell'Eni. Insomma ricevette in cambio diversi favori. Altro passaggio è stato poi quello della manomissione del nastro della Rai, unica testimonianza audio-video con le parole del colono. Trent'anni dopo, con la strage Borsellino, il depistaggio messo in atto è decisamente più alto e di tipo istituzionale. Sul caso Mattei la commissione parlamentare insediata dall'allora ministro della Difesa, Giulio Andreotti, non riuscì a rilevare le cause dell'incidente ma ne escluse due. Disse che non si trattava di un errore del pilota, né di un guasto tecnico. Una sorta di compromesso per non dire esplicitamente che non restava che un'ultima ipotesi. Il risultato della Commissione venne però travisato e all'opinione pubblica venne trasmesso che si trattò di un incidente dalle cause non definite. Solo il grande lavoro del procuratore di Pavia Vincenzo Calia, che fece un lavoro brillante esaminando i reperti dell'aereo custoditi negli hangar e riesumando i cadaveri, riuscì a riaccendere i riflettori sul caso aprendo ad una nuova verità. Verità che viene messa nero su bianco nelle pagine della sentenza De Mauro. Un risultato enorme dopo 50 anni.

Altro aspetto che approfondite nel vostro ultimo lavoro, così come in Profondo Nero, è il legame che c'è tra gli omicidi Mattei, De Mauro e Pasolini. Tra gli elementi che rafforzano questa idea anche la carpetta trovata vuota nell'archivio di De Mauro dal titolo “Petrolio”, ovvero lo stesso dell'ultimo lavoro dell'intellettuale.
Quest'ultimo indizio è abbastanza significativo ed evidenzia ancora di più il fatto che in quel periodo di fine estate, primi di autunno, De Mauro stesse indagando sul delitto Mattei per conto del regista Rosi.
de-mauro-mauro-webPer quanto riguarda la relazione con Pasolini questa viene 'indicata' dal pm Calia che nelle sue conclusioni sul caso Mattei cita l'opera incompiuta dell'intellettuale italiano, appunto 'Petrolio”, che era arrivato trent'anni prima di lui alle stesse conclusioni. In quel testo Pasolini racconta la strategia della tensione in maniera perfetta, riportando anche una serie di grafici in cui viene evidenziata la ragnatela delle società dell'Eni, la disinvoltura negli affari e quel grumo di poteri che gravitavano attorno all'Eni dell'epoca, per lui uno dei focolai dell'infiltrazione criminale del Paese. Elementi di quel quadro che Pasolini ha pubblicato con l'editoriale “Io so”, nel '74, sulle pagine del Corriere.
Non è difficile ipotizzare che con le morti di De Mauro e Pasolini si è voluto far tacere due persone che con il proprio mestiere, con la parola del giornalista e dell'autorevole intellettuale, avrebbero potuto denunciare in tempo reale la vera storia sull'attentato a Mattei. Un fatto che avrebbe potuto cambiare la storia della politica italiana sin da allora. E il riverbero di quei tempi arriva anche oggi perché il famoso “appunto 21”, un capitolo di “Petrolio” per anni considerato scomparso, sarebbe finito in qualche modo nelle mani del senatore Dell'Utri, per poi sparire nuovamente (il senatore ha raccontato di aver dovuto restituire lo stesso a chi glielo aveva consegnato).

Tornando a parlare del delitto De Mauro, in relazione al caso Mattei, tra i soggetti indicati nella sentenza un ruolo di spicco lo assume l'ex senatore Graziano Verzotto.
Verzotto è l'uomo che incontra De Mauro e al quale fa tutta una serie di confidenze, fino a due giorni prima della scomparsa del giornalista de “L'Ora”, il 14 settembre. Nel '62 invece Verzotto, era a capo delle pubbliche relazioni dell'Eni, è l'uomo che chiama Mattei in Sicilia per quell'ultimo viaggio trasformato nel viaggio della morte. Analizzando centinaia di documenti e ascoltando decine di nuovi testimoni, i giudici di Palermo hanno individuato in lui uno dei possibili responsabili del complotto che uccise il presidente dell'Eni. Non solo nella sentenza “De Mauro” la Corte è molto chiara nei suoi confronti arrivando a dire che se Vito Guarrasi, eminenza grigia della Sicilia dell'epoca e tra i primi indiziati, era colpevole (dell'omicidio ndr) 'Verzotto lo è due volte di più'. Ma se per la Corte l'ex senatore democristiano è tra i mandanti dell'omicidio De Mauro la posizione nel caso Mattei è meno netta. Anzi. Quel che è certo è che Verzotto quando lavorava per Mattei, almeno pubblicamente sosteneva la sua linea. Poi magari, sottotraccia, può essersi mosso assieme ad altri per fermare in tutti i modi l'azione del presidente dell'Eni, anche se su questo non c'è niente di concreto.

Caso Mattei, Caso De Mauro, prima ancora Portella della Ginestra, fino alle stragi del'92 e del '93. Tanti eventi che hanno segnato la storia del nostro Paese, che hanno seppellito diverse verità. Lunedì si è celebrata l'udienza preliminare del processo sulla Trattativa tra Stato e mafia. Si riuscirà mai a raggiungerla la verità?
Il nostro è l'unico Paese occidentale la cui verità sulla storia, da Portella della Ginestra fino ad oggi, è stata continuamente negata o raccontata in maniera diversa ai cittadini. Bisogna fare in modo che questa verità venga portata alla luce e raccontata con chiarezza. E' giusto che un popolo sappia come sono andate le cose dall'origine della sua storia, da quando è stata realizzata la Carta Costituzionale nel dopoguerra. E' doveroso ed indispensabile affinché il cittadino possa acquisire la sua funzione democratica più totale e scegliere in maniera responsabile il proprio destino. E questa consapevolezza si può acquisire totalmente solo studiando e comprendendo quanto accaduto con la strage di Portella, con le stragi degli anni '70-'80, con la strage di Bologna fino a Falcone e Borsellino negli anni '90.

In foto dall'altro al basso: Giuseppe Lo Bianco, Enrico Mattei e Mauro De Mauro