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cancellieri-anna-maria-webdi Miriam Cuccu - 23 agosto 2012
La questione dei beni confiscati è costellata di numerose lacune concernenti la gestione e l’assegnazione dei vari terreni ed edifici. Questo non ha fortunatamente fermato le varie associazioni costituitesi per fare sì che diversi territori del sud Italia vengano liberati dalla presenza mafiosa e conoscano finalmente il riscatto sociale, prosperando in un sano ambiente lavorativo all’insegna della legalità.

Associazioni come Libera, che il prossimo 30 settembre insieme ai rappresentanti di dodici sigle tra le quali l’Associazione nazionale magistrati, Legacoop, Arci, Cgil, Confindustria, incontrerà il ministro dell’Interno Anna Maria Cancellieri. Incontro dettato dall’impellente esigenza di costituire una cabina di regia formata dalle varie associazioni sociali e antimafiose, indispensabile per l’agevolazione della mole immensa di lavoro che fino ad oggi obera l’Agenzia dei beni confiscati, condannata altrimenti a rimanere un organo dall’enorme potenziale, ma privo di qualsiasi mezzo o risorsa. Esigenza dichiarata anche dal prefetto Giuseppe Caruso, che ad oggi guida l’Agenzia, e che denuncia nella sua ultima relazione “l’assoluta inadeguatezza delle risorse attribuite a fronte dei molteplici compiti, complessi e delicati, che il legislatore ha voluto attribuirle”. Spiega Vito Lo Monaco, presidente del Centro Pio La Torre, l’importanza della creazione della cabina di regia, affinchè questa “elabori le linee di massima dei piani di utilizzo delle aziende e dei beni confiscati, aiuti a instaurare una sostanziale concertazione tra Agenzia, enti territoriali, associazioni antimafia e sociali dell’impresa e del lavoro sia a livello nazionale che periferico” in modo che i beni confiscati alle mafie vengano messi realmente a frutto, mentre nel migliore dei casi si limitano ad essere ben custoditi. Talvolta, sono invece addirittura occupati dalle stesse famiglie mafiose a cui sono stati sequestrati. La gestione dei beni è infatti spesso ostacolata da iter burocratici che si prolungano per anni, di solito da otto a dieci. E il messaggio che viene dato non è certamente positivo, in quanto lo Stato non riesce a mettere a frutto in breve tempo ciò che durante la gestione mafiosa era produttivo, se pur in maniera illegale, e che spesso in seguito alla confisca rischia il fallimento quando non è supportato da adeguati organi preposti all’inserimento delle aziende nel mercato legale. Oltretutto il 50% degli immobili sono gravati da ipoteche, e questo rende ancora più difficile l’assegnazione dei terreni alle associazioni di volontariato, il più delle volte prive di grandi risorse. La vendita non sembra però la soluzione adatta, come ha più volte ribadito Don Ciotti, presidente di Libera, quando afferma con forza che “tutti questi beni devono essere restituiti alla collettività. Proteggiamo le cooperative che fanno sì che queste terre tornino ad essere beni comuni”. Vendita che per altro era stata proposta anche dallo stesso ministro Cancellieri. Resta da attendere l’esito dell’incontro fissato per il mese prossimo, nella speranza che il governo sia consapevole che la lotta contro la mafia, per salvare quei territori che difatti sono il suo prestigio più grande, può essere combattuta solo se ognuno fa il proprio dovere.

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