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L’inchiesta aperta contro i responsabili del cedimento della struttura letta attraverso la prospettiva offerta da un lucidissimo romanzo-verità.
di Anna Petrozzi - 8 ottobre 2010

“La nuova scossa, ancora più forte della precedente, aveva creato un caos indescrivibile nel pronto soccorso e nell’intero ospedale San Salvatore.



Tommaso non sapeva più cosa fare, la sala d’attesa era stata di nuovo abbandonata precipitosamente e il personale medico e paramedico faceva fatica ad assistere tutti quanti.
Nel frattempo dai reparti i pazienti in grado di camminare avevano iniziato a uscire all’aperto con indosso le coperte di lana dei propri letti, aumentando il disagio già grave.
I vigili del fuoco, accorsi dopo la scossa delle 22 nonostante le innumerevoli chiamata di soccorso, erano stati solerti e precisi: “Non si preoccupi, dottore…” avevano detto a Tommaso dopo aver ispezionato l’intera struttura, “l’ospedale è stato costruito con sistemi antisismici modernissimi e può reggere scosse molto più forti di quelle che ci sono state finora”.
“Sì capisco, ma per me che non sono un addetto ai lavori le crepe che ho visto qui al pronto soccorso e al primo piano sono decisamente allarmanti”, aveva replicato Tommaso.
In effetti già il primo terremoto della notte aveva aperto piccole fessure sulle tamponature della struttura in cemento armato dei due piani bassi.
http://www.improntalaquila.org/wp-content/uploads/2010/10/ospedale-laquila.jpg Piccole, sì, pensava il dottore, ma preoccupanti.
“Scusate, ma non mi avete appena detto che è una struttura antisismica?”, puntualizzò Tommaso manifestando il suo disagio aggrottando la fronte. “E allora perché ci sono queste crepe?”.
L’ingegnere dei vigili del fuoco, preso atto delle ovvie perplessità del medico, aveva ritenuto utile a quel punto precisare alcuni aspetti tecnici:
“Guardi, dottore, che un edificio con una struttura portante di cemento armato non deve rimanere integro. Anzi, con l’aumentare della potenza del sisma deve innanzitutto consentire la formazione di fessure sulle tamponature, proprio per liberare l’energia di deformazione accumulata. Solo nel caso di un terremoto davvero molto forte è possibile che le murature esplodano, per evitare possibili danni alle travi e ai pilastri. Non solo: i danni tendono a concentrarsi proprio ai piani bassi, per un meccanismo locale che non sto a spiegarle, ma che è noto come meccanismo di piano debole”.
“Ok, ma un ospedale non è una palazzina”
“Mi faccia finire, la prego. Stavo per aggiungere che per gli edifici strategici, come gli ospedali, le normative tecniche prevedono che anche le tamponature debbano resistere, proprio per evitare che con il loro collasso possano interrompersi anche i collegamenti impiantistici”.
“Capisco, grazie”, furono le parole di commiato di Tommaso. “E scusi per il disturbo”.
“Si figuri, dottore, e conti sempre su di noi”.
Ora, a distanza di poco più di due ore dalla scossa, il medico non faceva altro che ripensare a quelle parole mentre guardava le crepe sulle tamponature che erano aumentate per numero e dimensione”.

 

"Ospedale stabile, parola di tecnico" San Salvatore, il documento che accusaLa storia di Tommaso, di Michela, di Luigi, Maria, Rosa, Rino, Cristiano, Paolo e Erika ferma il tempo. E’ la loro vita prima che il 6 aprile 2009 alle 3.32 la Terra e le sue naturali trasformazioni avessero ragione dell’incompetenza, dell’incuria, della superficialità e della disonestà criminale. La raccontano Romolo di Francesco e Maria Grazia Tiberii nel loro “La notte dell’Aquila” uscito nelle scorse settimane per Dario Flaccovio Editore. A metà tra i processi naturali che hanno portato all’assestamento del pianeta così come lo conosciamo e il dramma della distruzione di una delle città più belle d’Italia scorrono parallele e incrociate le sensazioni, le intuizioni, le paure, la voglia di scappare e la determinazione a restare, l’urgenza di avvertire gli altri e il bisogno di sdrammatizzare di questi nove personaggi, reali e inventati, a campione dei pensieri degli aquilani in quei giorni prima dell’Apocalisse. Ad ogni ora e ad ogni scossa, sempre in crescendo, ognuno di loro ha preso la decisione che ha compiuto il proprio destino e chi legge avidamente questo romanzo-verità di cui si sa già la fine vorrebbe poter intervenire per suggerire, per evitare… ma non gli resta che arrivare alle ultime righe per sapere come è andata a finire per ognuno di loro.
Tommaso, per esempio, è un medico del pronto soccorso all’ospedale San Salvatore. Mente scientifica, lucido osservatore, non può fare a meno di notare gli effetti delle precedenti scosse e gli evidenti cedimenti e di preoccuparsene seriamente.
E’ un personaggio di fantasia che però raccoglie in se tutti i dubbi e le perplessità saltati all’occhio di tanti cittadini come lui e il dialogo con i vigili del fuoco simula le parole rassicuratrici pronunciate dai responsabili della protezione civile all’indomani della ormai nota riunione della Commissione grandi rischi che tanto ha condizionato le scelte di molti aquilani.
Il Tommaso immaginario muore stritolato da quel muro che doveva essere antisismico come l’intero ospedale che, nella realtà, si è sgretolato in più punti rivelando la sua struttura fragile e pericolosa. Per questo invece di essere luogo di salvezza per i feriti della sua città è stato chiuso e oggi si è aperta un’inchiesta per stabilire le responsabilità.
Con l’accusa di disastro colposo la procura de l’Aquila ha inviato sei avvisi di garanzia a Marcello Vittorini (ingegnere e direttore dei lavori dal ’72 al ’91), Gaspare Squadrilli (ingegnere), Michele Tundo (geometra e direttore del cantiere nel ’72 e ’74), Domenico Ciccocioppo (geometra e direttore del cantiere negli anni ’73 e ’79), Giorgio Innamorati (presidente commissione collaudo nel ’79), Luciano Rocco (componente commissione collaudo). Altri sette tra tecnici e collaudatori sono nel frattempo morti.

Le indagini dovranno accertare come sia possibile questo ennesimo elefante con i piedi d’argilla tipico del malcostume italiano, iniziato nel 1972 e inaugurato nel 2000, costato 200 miliardi di lire, ben nove volte più del previsto, non abbia retto alla scossa delle 3:32 che l’ha reso fin da subito inagibile.
Un minuscolo passo in avanti per gli aquilani che oltre alla ricostruzione delle loro case, della loro città vogliono anche chiedere conto a chi invece di proteggerli e curarli si è arricchito sulla pelle dei loro cari. E lo vogliono sapere anche tutti gli italiani onesti stufi di essere usati come carne da macello sacrificata sull’altare del profitto di una imprenditoria gestita con il metodo mafioso. La “linea della palma” di cui scriveva il maestro Sciascia è salita su su ben oltre i confini nazionali.