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pezzuto-antonio-nicoladi Antonio Nicola Pezzuto - 17 marzo 2015
È una mafia ambiziosa la Sacra Corona Unita. Da sempre considerata la quarta mafia, mira a farsi largo e a scalare gerarchie nel mondo del crimine e dell’economia e, per raggiungere i suoi obiettivi, cerca il consenso della popolazione fino a spingersi a sostituire lo Stato nelle sue fondamentali prerogative.
Questo pericolo viene evidenziato dalla Direzione Nazionale Antimafia nella sua relazione annuale. Per chi segue assiduamente le vicende della criminalità organizzata salentina non è un grido d’allarme inaspettato. Infatti, nel corso dell’anno, soprattutto in occasione delle varie operazioni di polizia, i magistrati spesso sottolineano le strategie della Scu e le finalità da essa perseguite.
La scarsa collaborazione delle vittime di intimidazioni dimostra la forza prevaricatrice dell’associazione mafiosa e come recita la relazione “una sorta di assuefatto disinteresse della popolazione alla presenza criminale, un innalzamento della soglia di tolleranza e la sostanziale accettazione di comportamenti delittuosi dei quali la cittadinanza continua ad essere vittima, senza però più considerarsi tale, come il pagamento del “pizzo”, vissuto come il prezzo della tranquillità, o il prestito usurario, considerato un’opportunità finanziaria”.

L’analisi dell’evoluzione dei reati di usura ed estorsione sul territorio salentino dimostra chiaramente quale sia l’attuale situazione.
La crisi economica ha contribuito a spostare la domanda di credito dalle banche in direzione delle imprese finanziarie talvolta vicine alla criminalità organizzata o anche all’insospettabile “vicino della porta accanto”. A fronte di tutto ciò si riscontrano solo tre denunce nel distretto delle province di Lecce, Brindisi e Taranto per usure commesse con metodo mafioso. Questo testimonia “l’omertà delle stesse vittime, nonché una sorta di muta accettazione da parte della popolazione salentina delle regole mafiose e di rifiuto dell’intervento repressivo dello Stato”.
Altrettanto sconfortante è il dato riguardante le estorsioni attuate con metodo mafioso: solo 15 denunce nelle tre province salentine.
Le vittime, invece di denunciare, preferiscono pagare in silenzio per essere sicure di non subire ritorsioni e danneggiamenti.
È importante evidenziare le peculiarità del fenomeno estorsivo che varia a seconda del territorio su cui viene esercitato.
Nelle province di Lecce e Brindisi, infatti, a differenza della provincia di Taranto, alle frequenti e sistematiche richieste di denaro fatte agli operatori commerciali, si sono aggiunte o sostituite le richieste di assunzioni di personale appartenente o vicino alle organizzazioni criminali. Destinatari di queste richieste sono gli imprenditori operanti nei vari settori, compreso quello pubblico (un esempio è dato dal settore dello smaltimento dei rifiuti). La Sacra Corona Unita impone anche contratti di servizi di vigilanza e guardiania a discoteche, stabilimenti balneari, impianti fotovoltaici, cantieri, depositi di macchine operatrici a imprenditori, operatori turistici e commercianti. Va sottolineato che, in alcuni casi, la stipulazione di questi contratti avviene proprio su iniziativa delle vittime che “preferiscono rivolgersi agli esponenti dei clan locali, interessati alla proprietà o alla gestione delle imprese e delle agenzie dei servizi suddetti, o talvolta apparentemente loro dipendenti”.
L’elevato interesse della Scu nei confronti del settore del turismo è stato testimoniato da ben tre inchieste della Direzione Distrettuale Antimafia: Network (condotta dai Carabinieri del ROS e dalla Squadra Mobile della Questura , Tam Tam eseguita dalla Squadra Mobile e Baia Verde condotta dai Carabinieri del ROS).  
Una Sacra Corona Unita al passo con i tempi e con le esigenze dettate dalla crisi. Infatti, gli estorsori, soprattutto quelli operanti nelle province di Lecce e Brindisi, hanno ridimensionato le loro pretese “adattandosi alle mutate situazioni economiche delle loro vittime, cui chiedono somme di denaro se non proprio irrisorie, certamente compatibili con i volumi di affari degli estorti, i quali, anche in considerazione della modestia degli importi pagati, da un canto aderiscono subito alle richieste, dall’altro si ritengono esentati dal presentare denuncia”.
Diverso il discorso nella provincia di Taranto dove le estorsioni vengono praticate con i metodi classici. La criminalità organizzata in terra Jonica continua a pretendere pagamenti di notevole entità: le vittime sono i commercianti di pesce, i titolari dei negozi più lussuosi di abbigliamento, componenti di arredo, imprenditori del settore dell’acquicoltura, specialmente della miticoltura che rappresenta il settore trainante dell’economia Tarantina, insediamenti siderurgici a parte.
Nel Tarantino, inoltre, è forte la pressione della criminalità sulle amministrazioni comunali a tal punto da imporre il proprio volere “in tema di concessioni, di autorizzazioni e di servizi, talvolta intervenendo con modalità estorsive di tipo mafioso e per finalità di agevolazione mafiosa sulle aziende partecipate dal Comune, per la minore resistenza dei loro rappresentanti alle condotte intimidatorie”.
La situazione induce a una seria riflessione se si pensa che, in alcuni casi, le vittime di episodi estorsivi violenti non solo non denunciano ma addirittura si preoccupano di nascondere le tracce degli spari e dei danneggiamenti, “con interventi riconducibili allo schema del favoreggiamento personale e della frode processuale per l’arbitraria immutazione dello stato dei luoghi”.
La Sacra Corona Unita continua a manifestare il suo interesse verso il mondo del calcio con il duplice scopo di ottenere consenso grazie alle manifestazioni sportive e di riciclare il denaro guadagnato illecitamente in investimenti apparentemente legali nelle società di calcio.
Per quanto riguarda gli equilibri e i rapporti di forza tra i vari clan mafiosi della Scu, in più occasioni è stata messa da parte la strategia della pace, dell’inabissamento, per passare alle maniere forti pur nella consapevolezza che questa scelta sia dannosa per tutti gli esponenti dell’organizzazione.
Gli assetti interni all’organizzazione prevedono “sia la necessità della divisione di compiti e ruoli e la rigorosa gerarchia di questi ultimi, sia la finalità di intimidazione interna, attuata proprio attraverso la ripartizione dei ruoli, il rispetto delle regole e la previsione di sanzioni per la violazione di esse”. E proprio in questo contesto matura la ripresa dei vecchi riti di affiliazione che erano stati abbandonati perché favorivano le indagini dei magistrati.
La scarcerazione di boss della Scu ha consentito a clan storici di ricompattarsi intorno a queste figure carismatiche reclutando manovalanza criminale e i gruppi più piccoli vengono egemonizzati o assorbiti.
I clan della Sacra Corona Unita hanno allargato l’orizzonte dei loro interessi economici ben al di là delle consuete attività di traffico delle sostanze stupefacenti e delle estorsioni puntando anche ai rapporti con le amministrazioni pubbliche. A tal proposito le indagini hanno accertato la disponibilità di alcune Pubbliche Amministrazioni nei confronti degli ambienti criminali.
Forte l’interesse della Sacra Corona Unita sul settore dei giochi e videogiochi collegati alla rete telematica gestita dai concessionari autorizzati dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli. La criminalità trae ingenti guadagni grazie all’alterazione delle schede elettroniche, alla modifica delle caratteristiche tecniche e delle modalità di funzionamento (con danno dei giocatori) e alla interruzione del collegamento telematico con l’Agenzia dei Monopoli con danno dell’Erario. Non solo, i clan ottengono lauti guadagni anche “dalla distribuzione ed installazione nei bar e nei locali pubblici dei “propri” apparecchi, da un canto tendendo a determinare situazioni di vero e proprio monopolio nei vari territori controllati e dall’altro imponendo ai titolari di pubblici esercizi con modalità estorsive il “proprio” prodotto, talvolta costringendoli a sostituire con i “propri” apparecchi quelli già installati da altri clan, così determinando ovvi conflitti all’interno dell’associazione”. L’operazione “Clean Game”, condotta dalla Guardia di Finanza sotto la regia della DDA, ha smantellato un’organizzazione criminale dedita a questo tipo di attività.
Ritornando alle tradizionali attività criminose di interesse della criminalità salentina, corre l’obbligo di segnalare per la provincia di Brindisi una ripresa del contrabbando di extraispettivo T.L.E. con modalità simili a quelle utilizzate negli anni Novanta. I carichi di sigarette viaggiano attraverso il canale d’Otranto a bordo di potenti motoscafi ma, a differenza del passato quando partivano dalla città di Bar, adesso la località di partenza è l’isola montenegrina di Sveti Nikola. Inoltre, le sigarette non provengono dalle solite multinazionali come Philip Morris & c. ma in larga parte dall’Italia che è produttrice delle Yesmoke per il mercato dell’Est Europeo, inviate regolarmente ai Paesi acquirenti, naturalmente senza contrassegno dei Monopoli di Stato e da qui di nuovo spedite in Italia clandestinamente. Questo è stato appurato nel settembre del 2013 dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Lecce in seguito alle indagini effettuate dalla Guardia di Finanza di Brindisi. Grazie a questa operazione denominata “Sveti Nikola”, dal nome dell’isola Montenegrina, il Gip del Tribunale di Lecce emetteva un’Ordinanza di custodia cautelare a carico di quaranta persone accusate di contrabbando e associazione per delinquere a esso finalizzata.
Sempre fiorente il mercato delle sostanze stupefacenti anche se rispetto allo scorso anno sono diminuiti i quantitativi di droga sequestrati. Le sostanze proibite arrivano dall’Albania a bordo di gommoni che percorrono il Canale d’Otranto carichi di marijuana e hashish. La cocaina e l’eroina invece, se provenienti dall’Albania viaggiano a bordo di autoveicoli imbarcati su traghetti di linea che attraccano nel porto di Brindisi ed anche in quelli situati più a Nord. Con gli stessi mezzi, in alcuni casi, si trasporta anche la marijuana.  
Le indagini hanno evidenziato collegamenti per il traffico di sostanze stupefacenti tra i clan della provincia di Taranto e gruppi della ‘Ndrangheta Calabrese e della criminalità Napoletana e alcuni elementi attivi nella città di Andria e appartenenti alla criminalità organizzata locale. Questi, oltre a fornire grossi quantitativi di cocaina, “si erano formalmente affiliati alla Sacra Corona Unita, dimostrando come il prestigio criminale di questa avesse travalicato i confini del distretto della Corte di Appello di Lecce”.
A tal proposito va detto che un’indagine della DDA di Bari, ancora coperta dal segreto, sembrerebbe portare alla luce “un nuovo e più stretto legame tra una emergente organizzazione mafiosa del nord barese ed esponenti di spicco della Sacra Corona Unita”.
Da segnalare un consistente calo del fenomeno dell’immigrazione clandestina. Lo testimoniano il diminuito numero degli sbarchi, degli scafisti arrestati, delle imbarcazioni sequestrate e dei migranti rintracciati.
Ci sarebbe, invece, un incremento non documentato da rilievi statistici dei casi di sfruttamento lavorativo rientranti negli articoli 600 (delitto di riduzione o mantenimento in schiavitù o servitù) e 601 del Codice Penale (reato di tratta di persone). La scarsità o addirittura la mancanza di numeri fa capire la sommersione di questi crimini e le difficoltà nel denunciarli.
Per quanto concerne l’attività di contrasto ai patrimoni dei clan, la DDA ha sequestrato e confiscato beni per un valore complessivo di oltre quaranta milioni di euro.  
Quanto emerge dalla relazione annuale della DNA dimostra la vitalità della Sacra Corona Unita che viene da tutti considerata la quarta mafia. Un’organizzazione criminale che non attira l’attenzione dei media principali, si infiltra nell’economia sana e si radica sul territorio grazie al silenzio e al consenso di parte della popolazione e alle collusioni con il mondo della politica.

In foto: il giornalista Antonio Nicola Pezzuto

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