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polizia volantedi Antonio Nicola Pezzuto - 10 giugno 2014
Due importanti operazioni delle forze di polizia, effettuate in questi giorni nel Salento, dimostrano come il traffico delle sostanze stupefacenti e l’usura siano due attività criminali basilari per l’economia dei clan operanti sul territorio. Nei miei articoli scritti l’anno scorso proprio tra la primavera inoltrata e l’estate, parlavo di un “Salento crocevia del narcotraffico”.
A distanza di un anno la situazione non è migliorata, anzi. Basta pensare che sulla riva dell’area protetta “Le Cesine”, tra San Cataldo e San Foca, è stata ritrovata una barca con a bordo venti borsoni contenenti quasi 500 chili di droga.
Droga che magari era diretta al sempre florido mercato della movida leccese.
La prima importante operazione di polizia, condotta dalla Sezione Criminalità Organizzata della Squadra Mobile coordinata dal Procuratore Aggiunto Antonio De Donno e dal Sostituto Paola Guglielmi, è stata denominata “Coffe Drug”, perché nelle intercettazioni si fa riferimento al consumo di caffè per mascherare il traffico di sostanze proibite. Grazie a questo blitz è stata smantellata una rete di spacciatori che riforniva clienti di ogni età e fasce sociali. Tredici persone sono state arrestate (nove in carcere, quattro ai domiciliari). Droga per la movida, per il cuore pulsante e “in” della città, spacciata per tenere su di giri chi ama divertirsi fino a notte fonda ma anche droga per le periferie. Tra gli acquirenti figurano anche giovani, giovanissimi e, soprattutto, professionisti. Uno spaccato della città inquietante che deve indurre a una profonda riflessione.

Così come deve far riflettere l’esito dell’operazione “Bad Cheque” (assegno scoperto) che ha portato alla luce una florida attività di usura. Al centro dell’attività illecita una società finanziaria, l’Istituto Popolare del Salento. Tassi fino al 140% per i commercianti che chiedevano i prestiti e che, poi, venivano minacciati quando non riuscivano a pagare le rate del loro debito. Gli aguzzini facevano ricorso a minacce, anche nei confronti di una donna incinta di otto mesi che era caduta tra le loro grinfie.
La tecnica utilizzata era quella dello sconto di assegni post-datati. In pratica, le vittime emettevano un titolo di credito e in cambio ricevevano denaro contante per una cifra inferiore a quella riportata sull’assegno. Non riuscendo a pagare gli interessi e non potendo estinguere il debito, continuavano a emettere assegni e cambiali grazie anche all’aiuto di parenti e amici o, addirittura, erano costretti a cedere abitazioni o locali commerciali.
Le indagini sono state condotte dai finanzieri del Nucleo di Polizia Tributaria guidati dal Tenente Colonnello Nicola De Santis. Gli arresti (quattro), sono stati disposti dal Giudice per le Indagini Preliminari Giovanni Gallo, su richiesta del Sostituto Procuratore Alessio Coccioli.
Un’operazione che dimostra come ormai l’usura viene spesso praticata tramite società finanziarie che attraggono le loro vittime grazie al fatto di sembrare degli Istituti leciti. Poi, come in questo caso, capita che i metodi adottati si rivelino criminali, con la conseguenza che l’economia del territorio viene condizionata dalla presenza di “agenti” negativi che approfittano del momento di crisi economica per imporsi al di fuori delle regole.
Sullo sfondo l’ombra del clan Coluccia della Sacra Corona Unita. Infatti, come afferma il Procuratore Capo Cataldo Motta, “due persone appartenenti a questa famiglia detenevano alcune quote di partecipazione nell’Istituto. Quote di rappresentanza, equivalenti a una sola azione per ciascun soggetto, ma che dimostrano la loro presenza”.

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