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di Aaron Pettinari
Secondo l'accusa, che ha chiesto la condanna a nove anni di carcere, l'ex ministro democristiano, consapevole di essere finito sulla black list di politici e magistrati condannati a morte da Riina, si sarebbe attivato per aver salva la vita dando il via al dialogo dello Stato con Cosa nostra. La difesa, l'unica ad aver scelto il rito abbreviato, ha ovviamente chiesto l'assoluzione. Nei prossimi mesi il gup Marina Petruzzella dovrà valutare il ruolo dell’ex deputato Dc all’interno di quel patto scellerato tradotto nel reato “violenza o minaccia ad un corpo politico dello Stato” (art.338 e 339 del codice penale).

“La trattativa ha salvato la vita a molti ministri”. Con queste parole, nell'ottobre 2009, Piero Grasso, allora Procuratore nazionale antimafia ed oggi Presidente del Senato, intervistato da La Stampa, non lasciava spazio a dubbi di alcun tipo facendo intendere che la trattativa con la mafia nei primi anni ’90 c’è stata ed anzi Cosa Nostra aveva capito di poter ricattare lo Stato. Il processo trattativa Stato-mafia non era ancora iniziato e le indagini si stavano sviluppando grazie all'impulso dato da un ex mafioso, Gaspare Spatuzza, e da un figlio di un mafioso, Massimo Ciancimino. In seguito alle rivelazioni di quest'ultimi fior fior di politici smemorati, da Claudio Martelli a Luciano Violante, hanno fatto la fila in Procura permettendo a quei magistrati che stavano indagando, di ricomporre parte del “puzzle” su quegli anni tragici. Ma Grasso nell'intervista andò anche oltre spiegando che i mafiosi “in principio pensavano di attaccare il potere politico e avevano in cantiere gli assassinii di Calogero Mannino, di Martelli, Andreotti, Vizzini e forse mi sfugge qualche altro nome. Cambiano obiettivo probabilmente perché capiscono che non possono colpire chi dovrebbe esaudire le loro richieste. In questo senso si può dire che la trattativa abbia salvato la vita a molti politici”. Ma come iniziò questo dialogo tra Stato e mafia?
Nella sua requisitoria il pm Roberto Tartaglia (che assieme a Vittorio Teresi, Antonino Di Matteo e Francesco Del Bene fa parte del pool che indaga su questi fatti) sottolinea come “una parte importante delle istituzioni, non solo politiche, per esigenze egoistiche e individuali, contrabbandate da ‘ragioni di stato’” ha di fatto accettato “il dialogo e il compromesso con l’organizzazione mafiosa” realizzando così “i desiderata di Cosa Nostra”. Prima di addentrarsi nella materia però va sgomberato il campo su un equivoco ricorrente, commesso anche da giuristi ed esimi professori, riguardo la tipologia di reato contestato: “né Mannino né gli altri imputati sono imputati per avere trattato, ma gli sono contestate condotte nel corso della trattativa”.
(segue)

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Foto © Shobha

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