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di Aaron Pettinari

Da “Araba Fenice” a “Pedro” le recenti operazioni contro i clan di Palermo ridisegnano Cosa nostra consegnando l'immagine di un'organizzazione criminale priva di un capo capace di compattare tutte le famiglie. L'ultimo ad esservi riuscito è stato Salvatore Lo Piccolo ma dal suo arresto in poi la mafia palermitana ha dovuto fare i conti con una lunga serie di operazioni che hanno sconquassato l'ordine nei vari mandamenti. Negli ultimi mesi ad essere colpiti sono stati quelli di San Lorenzo-Tommaso Natale a Brancaccio, passando per Porta Nuova, Pagliarelli, Santa Maria di Gesù e Passo di Rigano.

La figura di spicco emersa dalle indagini è quella di Giulio Caporrimo, capomafia di San Lorenzo-Tommaso Natale, che stava tentando di rinsaldare i vecchi rapporti con le altre famiglie. Il tutto sempre in nome degli affari. Dagli appalti per il nuovo centro commerciale di Zamparini alla distribuzione dei biglietti allo stadio è sempre la ricerca “dei piccioli” a muovere l'interesse dei boss. E lo stesso vale a Brancaccio dove, dopo anni, nulla è cambiato e a comandare sono ancora i Graviano. Dalle indagini è stato messo in evidenza come era la sorella Nunzia a gestire la liquidità del mandamento, nonostante la lontananza (gestiva a Roma un bar nel quartiere africano). Sul posto le responsabilità erano suddivise tra Cesare Lupo, ritenuto come il capo mandamento, e Antonino Sacco e Giuseppe Arduino.
E' questa forse la prova che, nonostante i colpi subiti e pur mutando la propria forma, la Mafia siciliana sia sempre in grado di rigenerarsi. La mappa dei clan è stata ridisegnata e la caccia ai latitanti prosegue senza sosta. Motisi è una primula rossa il cui destino è avvolto nel mistero e a Trapani aleggia sempre la presenza “Diabolik” Matteo Messina Denaro, per tutti l'ultimo Padrino di Cosa nostra.

Segue sul n. 68 di ANTIMAFIADuemila

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