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di AMDuemila
"Mia cognata, lucidissima, ha cominciato a dire negli ultimi anni della sua vita cose che non aveva mai raccontato. Perché? Era stata minacciata come sono le minacce mafiose da persone delle istituzioni che le dicevano 'stai attenta perché hai dei figli'. Mia cognata ha aspettato che i suoi figli fossero grandi per dire delle cose che ha dovuto tenersi dentro fino alla fine della sua vita. Perché quando pensi che nello Stato ci siano pezzi della mafia, i pezzi deviati dello Stato sono molto peggio della mafia. I pentiti di mafia hanno più paura della vendetta dei servizi deviati di quanto possono averla di altri mafiosi". E’ quanto ha rivelato Salvatore Borsellino, fratello del magistrato Paolo, ucciso da Cosa Nostra nel 1992, durante un incontro online promosso da Wikimafia - Libera enciclopedia sulle mafie che per il prossimo 19 luglio, in ricordo della strage di via d'Amelio, ha lanciato la campagna #eranosemi. Dal giorno della morte di Borsellino "avevano paura che Agnese - moglie del magistrato, ndr - potesse dire quello che secondo loro non doveva dire", le stavano "alle costole, le facevano come da scorta". "Mio fratello è come un soldato, che è andato a combattere un nemico in una guerra, la guerra dello Stato e della mafia. - ha concluso - Le guerre non dovrebbero esistere ma se vai in guerra metti in conto di essere ucciso, non esistono le missioni di pace".

In foto: Agnese e Lucia Borsellino con Antonino Caponnetto il giorno dei funerali di Paolo

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