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di AMDuemila
Prima parla del processo "truccato" per il boss. Poi nega le accuse contro i colleghi

Sono dichiarazioni roboanti quelle dell'ex presidente della Corte d'Assise di Catanzaro, Marco Petrini, arrestato lo scorso 15 gennaio nel corso dell'operazione della procura di Salerno denominata "Genesi" per corruzione in atti giudiziari. Lo scorso 25 febbraio, sentito dai magistrati della Procura di Salerno, avrebbe fatto mettere a verbale di aver "messo a posto le cose" in un processo riguardante il capopagina delle 'Ndrine di Cosenza e Rende. Quell'"aggiustamento" sarebbe avvenuto in cambio di una somma di denaro corrispostogli da un legale. A riportare la notizia delle dichiarazioni del giudice è ancora una volta La Gazzetta del Sud, che dà atto di una serie di "omissis" nei verbali depositati dai magistrati inquirenti. Secondo il quotidiano Petrini avrebbe parlato al procuratore aggiunto Luca Masino e al pm Vincenzo Senatore non solo dei rapporti con alcuni legali, che sarebbero coinvolti nella presunta ricezione e dazione di denaro in cambio di favori, ma avrebbe anche tirato in ballo un suo collega della giudicante inserendolo tra i membri di una presunta loggia coperta, di cui lui stesso avrebbe fatto parte.

La ritrattazione
Petrini avrebbe anche raccontato un particolare episodio su una ricusazione di un togato in un processo penale, facendo cenno ad un altro presunto "patto scellerato" stretto da un collega della Corte d'Appello di Catanzaro con un legale del capoluogo di Regione. Le sue dichiarazioni sono finite agli atti di due distinti procedimenti. Il primo è l’inchiesta Genesi, che lo ha fatto finire in manette, il secondo ha un diverso e più recente numero di registro e prenderebbe corpo proprio dalle dichiarazioni del giudice.
Poi, il colpo di scena. Il 17 aprile, infatti, il magistrato, difeso dagli avvocati Francesco Calderaro e Agostino De Caro, ha ritrattato diversi aspetti, sostenendo di aver detto delle cose mentre era in condizioni precarie dal punto di vista psicologico.
Le ritrattazioni, secondo quanto si legge nel quotidiano, non riguarderebbero però la vicenda del boss di Cosenza e Rende, né quelle sulla presunta loggia coperta di cui avrebbe riferito in un verbale del 29 febbraio 2020.
I pm di Salerno, che su di lui indagano, hanno capito il gioco messo in atto dal giudice che potrebbe aver mescolato il vero con il falso. E' per questo motivo che era tornato in carcere per oltre un mese prima di essere riammesso ai domiciliari.
Secondo i magistrati quelle "ricostruzioni illogiche" sarebbero state in qualche maniera istigate dalla moglie Maria Stefania Gambardella, finita anche lei sotto indagine.
Nei documenti si fa riferimento ai verbali del 25, del 29 marzo e del 17 aprile.
Secondo quanto si apprende poco prima di quei colloqui con i giudici, vi sarebbero state le telefonate della moglie che avrebbe compiuto delle vere e proprie intimidazioni: "Allora tu mi devi ascoltare però, sennò non vengo più Marco, se non fai le cose che ti dico io, non vengo più ... non fare più le cose di testa tua perché sono tutte sbagliate, tutte deviate". Il giudice, come scrivono i pm nell’avviso di garanzia con contestuale decreto di perquisizione spedito alla Gambardella, avrebbe eseguito.
Così avrebbe ritrattato le sue dichiarazioni sul processo "Vrenna", o anche quelle sul procedimento per omicidio che vedeva alla sbarra il killer Patitucci (che fu assolto dall'accusa).
Il caso Petrini, dopo questa marcia indietro clamorosa, apre ad ulteriori scenari. Secondo i pm di Salerno sarebbe evidente che qualcuno ha fatto delle pressioni per ritrattare. Nel frattempo, però, anche alla luce degli omissis, è ipotizzabile che le inchieste scaturite dalle sue dichiarazioni possano comunque procedere alla ricerca di ulteriori riscontri. Uno scandalo tutt'altro che chiuso.

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