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di AMDuemila
Per i permessi premio non basta che detenuto si dissoci
Depositate le motivazioni della sentenza sull’ergastolo ostativo

Sono state depositate le motivazioni della sentenza della Corte Costituzionale dello scorso 23 ottobre che hanno portato i giudici a dichiarare l'illegittimità costituzionale dell'articolo 4 bis, comma 1, dell'Ordinamento penitenziario relativo alla concessione dei permessi premio ai boss che si rifiutano di collaborare con la giustizia.
Sostiene la Consulta (relatore Nicolò Zanon) in 19 pagine di documento: il detenuto per un reato di mafia può essere "premiato" se collabora con la giustizia ma non può essere "punito" ulteriormente - negandogli benefici riconosciuti a tutti - se invece compie la scelta opposta. Un simile trattamento - che si traduce nella "deformante trasfigurazione della libertà di non collaborare"- non è ammissibile dal punto di vista della Costituzione perché in contrasto con gli articoli 3 e 27 della Carta, cioè con il principio della ragionevolezza e con la finalità rieducativa della pena.
La Corte Costituzionale aggiunge poi che si possono concedere permessi premio ai detenuti condannati per mafia e per altri gravi reati anche se non collaborano, a condizione però che siano stati acquisiti elementi che escludano la sussistenza di collegamenti con la criminalità organizzata e il pericolo di ripristino di questi rapporti. Sul punto, si legge, permane la ”presunzione di pericolosità" ma "non in modo assoluto perché può essere superata se il magistrato di sorveglianza ha acquisito elementi tali da escludere che il detenuto abbia ancora collegamenti con l'associazione criminale o che vi sia il pericolo del ripristino di questi rapporti".
Dunque, non è sufficiente la "buona condotta" o la partecipazione al percorso rieducativo, né una semplice dichiarazione di dissociazione.
Prima della pronuncia di incostituzionalità, la disposizione censurata presumeva che la mancata collaborazione con la giustizia dopo la condanna per certi delitti dimostrasse in modo inequivocabile la persistenza di rapporti con la criminalità organizzata. Una presunzione, questa, assoluta, ovvero che poteva essere superata soltanto dalla collaborazione stessa. Sulla base di questa disciplina, la richiesta del detenuto non collaborante di ottenere i benefici previsti dall'Ordinamento penitenziario (nella fattispecie, il permesso premio) non poteva mai essere valutata in concreto dal magistrato di sorveglianza, ma doveva essere dichiarata inammissibile.
Le questioni di legittimità costituzionale sottoposte alla Consulta e risolte con la sentenza depositata ieri "non riguardano il cosiddetto ergastolo ostativo, su cui si è di recente pronunciata la Corte di Strasburgo" ha tenuto a precisare la Corte costituzionale. Quindi "le questioni sollevate davanti alla Corte - come sottolineano i giudici - non riguardano chi ha subito una condanna a una determinata pena ma chi ha subito una condanna (nella fattispecie all'ergastolo) per reati cosiddetti ostativi, in particolare di tipo mafioso".

Foto © Imagoeconomica

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