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di AMDuemila
Il fondatore di Libera alla commemorazione della giornalista maltese a La Valletta

La speranza per il domani poggia sulla resistenza. La resistenza dell’oggi. Resistere significa aprire la strada alla speranza di un’etica pubblica, essere e sentirsi parte di una comunità. Resistere significa rimettersi ogni giorno in cammino vincendo lo smarrimento di andare avanti. Daphne lo ha fatto, era coraggiosa. E questo è il tempo del coraggio, perché senza coraggio la vita è meno vera, meno viva. E l’errore più grande è vivere senza aver per davvero vissuto”. Ha ricordato così la giornalista d’inchiesta maltese Daphne Caruana Galizia, assassinata con un'autobomba due anni fa, don Luigi Ciotti durante la commemorazione svoltasi ieri a La Valletta alla quale hanno partecipato oltre duemila persone. Il fondatore di Libera è stato intervistato dai giornalisti di La Repubblica, l’unica testata italiana iscritta al Daphne Project, Carlo Bonini e Giuliano Foschini. “Daphne denunciava la corruzione. E la corruzione è un furto di bene comune e di speranze. Una società corrotta è una società dove non esiste il concetto di bene comune. Dove il diritto di tutti diventa il privilegio di pochi. La corruzione e le mafie sono ovunque in Europa, è vero. - ha continuato don Ciotti - E sono difficili da sconfiggere. Sono un avversario che non combatte a viso aperto, ma penetra nelle persone e uccide dal di dentro succhiando risorse ed energie. Ma si deve e si può farlo”. Don Ciotti si è poi soffermato sul sistema legislativo. “Le leggi devono tutelare i diritti e i doveri. Non il potere. Devono promuovere giustizia non diseguaglianza. E Daphne era giustamente convinta che l’informazione fosse il caposaldo della democrazia, di una società libera e responsabile dove verità e giustizia sono tutelati. E ogni persona viene riconosciuta nella sua dignità”, ha concluso.

Foto © Imagoeconomica

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