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di AMDuemila
L’ex killer: “Lui custodisce ancora i segreti delle stragi”

“Vorrei dire a Messina Denaro che lui sarà pure sfuggito all’arresto, ma i familiari sono tutti in galera per causa sua. Matteo, Cosa nostra è finita, lo Stato è più forte. Rifletti, ti resta solo una cosa da fare: costituisciti e liberati da quel diavolo che prende chi fa parte dell’organizzazione, io mi sono liberato”. E’ questo l’appello del collaboratore di giustizia, Pasquale Di Filippo, 56 anni, killer di Cosa nostra e dal 1995 è uno dei pentiti più importanti, nei confronti del superlatitante Matteo Messina Denaro in un’intervista su “La Repubblica” edizione Palermo di oggi. L’ex boss conosce bene la primula rossa di Castelvetrano, e sa anche qualI segreti custodisce: “Quelli della stagione delle bombe. Gli vorrei dire: io lo so che le stragi le avete fatte voi, ma ci sono stati altri poteri che vi hanno suggerito, oppure obbligato. Tu sai chi sono questi poteri, io no altrimenti lo avrei già detto. I poteri che vi hanno sfruttato e rovinato”. Di Filippo ha ricordato gli episodi in cui ha incontrato il super boss trapanese: “Fra il 1994 e il 1995 ci vedevamo in un appartamento nella zona di viale Michelangelo, messo a disposizione da Nino Mangano, il reggente del mandamento di Brancaccio, di cui facevo parte. C’erano anche Leoluca Bagarella, il cognato di Riina, e Salvatore Grigoli, l’insospettabile titolare di un negozio di articoli sportivi che ha fatto una quarantina di omicidi, fra cui quello di un parroco. Una volta, Messina Denaro chiese a me e a Grigoli di andare ad Enna, per spedire una lettera. C’era l’indirizzo di una donna straniera, all’estero”. Il pentito ha poi raccontato che dopo il suo arresto sarebbe dovuto tornare in libertà: “Quando fui arrestato, dissi che presto dovevo rivedere tutti in un appartamento di via Pietro Scaglione: dovevano darmi le ultime direttive per organizzare l’omicidio di Claudio Martelli a Roma. Mi fu risposto che era troppo rischioso tornare in libertà”. Mentre per quanto riguarda gli spostamenti e la latitanza di Messina Denaro, Di Filippo ha spiegato che il boss “si metteva accanto a Pizzo, che andava in giro con il Fiorino dell’azienda acquedotti, per cui lavorava - ha continuato - Matteo ama la bella vita, ma è anche capace di restare rinchiuso dentro una grotta”.
L’ex killer, che ha fatto arrestare il super boss corleonese Leoluca Bagarella e rivelato il nome dell’assassino di padre Pino Puglisi, ha raccontato del rapporto conflittuale che vive con sua figlia: “A mia figlia, che ha 15 anni, ho spiegato che ho fatto arrestare il superlatitante Leoluca Bagarella, ma non le basta. Non le basta che ho svelato il nome dell’assassino di don Pino Puglisi, e che ho fermato i responsabili delle stragi di Roma, Milano e Firenze. È arrabbiata con me, mi saluta appena. Le ho detto: amore di papà, mi impegnerò ancora di più per fermare l’ultimo grande pericolo, che è Matteo Messina Denaro, latitante da troppo tempo. Voglio sfidarlo con le mie parole, non mi fa paura”. Di Filippo ha anche spiegato la “condanna” che porta dentro di sé: “Chiedo perdono a mia figlia e alle persone a cui ho fatto del male. Ho cercato di rimediare, fermando quei folli che volevano portare avanti le stragi. E per questo mi hanno condannato a morte. So di alcune lettere di minacce arrivate nelle redazioni di due giornali”. E riguardo il motivo per cui la figlia non vuole più sentirlo, il pentito ha raccontato: “Sapeva che eravamo andati via da Palermo per la cattura di Bagarella. Niente altro. Poi, vedendo la serie Tv “Il Cacciatore” ha sentito cose non vere: che avrei commesso una ventina di omicidi, che sarei stato un torturatore. Tutte falsità, ho dato mandato ai miei avvocati, Sergio Maglio, Mario Geraci e Carlo Fabbri, di fare causa alla Rai. Ma, intanto, mia figlia non mi vuole più parlare. Alcuni psicologi la stanno aiutando, devo dire grazie al servizio centrale di protezione”.
In conclusione, il giornalista di “La Repubblica” ha ricordato al pentito che anche Messina Denaro ha una figlia: “Deve costituirsi per riabbracciare quella ragazza che soffre. Anche se questi non sono affari miei”.