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di Aaron Pettinari
Quella di Luigi Ilardo, in passato capomafia della provincia di Caltanissetta poi divenuto confidente del colonnello Michele Riccio e ucciso, il 10 maggio 1996, prima di divenire definitivamente collaboratore di giustizia, è una di quelle storie ancora oggi prive di una verità completa. E' un dato oggettivo che grazie alle sue dichiarazioni, sotto il nome di "fonte Oriente", sono stati arrestati uomini di mafia di primissimo piano e il 31 ottobre 1995 portò i Ros a Mezzojuso, nel covo di Bernardo Provenzano. Un contributo che aveva fornito indicazioni anche sui rapporti tra mafia politica ed anche massoneria.
La sentenza del processo trattativa Stato-mafia ricorda come "sin dai primi approcci e sino al 2 maggio 1996, lo scopo perseguito dal Riccio e condiviso da Ilardo fu, prima di dare corso in una fase successiva alla collaborazione con la Giustizia, quello di pervenire alla cattura di latitanti dell'associazione mafiosa ‘Cosa nostra’, tanto che, in effetti, vennero in sequenza individuati e arrestati, sulla scorta delle indicazioni del medesimo Ilardo, numerosi latitanti di primo piano”.
Lo scorso aprile per l'omicidio di Ilardo sono stati condannati all'ergastolo dalla Corte d'assise d'appello di Catania i capimafia Giuseppe Madonia e Vincenzo Santapaola, in qualità di mandanti, il boss Maurizio Zuccaro, come organizzatore, e Orazio Benedetto Cocimano, come esecutore materiale.
Il processo ha stabilito in maniera chiara la responsabilità di Cosa nostra nel delitto ma quel che ad oggi resta avvolto nel mistero è come cosa nostra catanese venne a sapere della volontà di Ilardo di collaborare. In questi anni è emerso dalle dichiarazioni dell'ex boss di Caccamo, oggi pentito, Antonino Giuffrè, che vi fu una fuga di notizie da ambienti giudiziari nisseni, ed anche il colonnello Michele Riccio confermò il dato dopo alcuni colloqui avuti con un altro ufficiale dell'Arma.
Nei giorni scorsi i figlia di Ilardo, Luana, ha rilasciato una lunga intervista a Il Fatto Quotidiano in cui è tornata a chiedere giustizia e verità per la morte di suo padre ripercorrendo pezzi della propria storia non solo ricordando il giorno dell'omicidio ("Abbiamo sentito la macchina di papà, il bambino è corso sul balcone, poi all’improvviso tutti quei colpi di pistola. Sono scesa di corsa, urlavo, piangevo. L’ho tirato a me, l’ho stretto forte. Ho sentito sul petto il suo ultimo respiro”), ma anche quello in cui apprese che il padre voleva collaborare con lo Stato ascoltando la sua voce nei nastri registrati (“Mi chiamo Luigi Ilardo e ho deciso di collaborare con la giustizia. Cosa Nostra è diventata solo una macchina di morte. L’unica cosa che mi spinge è la ricerca della normalità della mia vita e di quella dei miei figli, perché sono stati i loro sacrifici, i loro dolori, a farmi capire i veri valori della vita che non ho mai trascurato…”).
Una storia vissuta con dolore. “Non ero più solo la figlia di un mafioso. Ero anche la figlia di un pentito. Adesso so che lo ha fatto per noi - ha detto al collega Walter Molino - E ha scelto di passare dalla parte dello Stato dopo aver scontato interamente la sua pena. Ha fatto bene? Sì. Lo ha fatto nel modo giusto? No. Si è fidato delle persone sbagliate. Mio fratello Michele porta il nome del colonnello Riccio".
La sua rabbia si sfoga anche sull'ufficiale dei Carabinieri perché, a suo parere, "quando ha capito che papà era in pericolo Riccio non avrebbe dovuto lasciarlo solo neppure un istante. E invece lo ha abbandonato al suo destino". E poi ancora: "In 23 anni non mi ha mandato neppure un telegramma di condoglianze. Né lui, né Mori, né nessun altro. Tutti spariti”.
La replica del colonnello Riccio è arrivata nei giorni scorsi, sempre in un'intervista a "Il Fatto Quotidiano": "Comprendo e rispetto il dolore di una figlia, ma Luana deve sapere che Luigi Ilardo io non l’ho mai lasciato solo. Il giorno in cui Ilardo fu ucciso ci eravamo incontrati nella sua azienda agricola di Lentini. Nel pomeriggio mi accompagnò in aeroporto e mi salutò dicendomi che la sera sarebbe andato a cena con la moglie. Poco dopo mi raggiunse il capitano Damiano dei Ros. Era cadaverico, mi disse che il procuratore di Caltanissetta Tinebra aveva fatto trapelare la voce della collaborazione di Ilardo. Istintivamente accesi il registratore che tenevo in tasca e registrai tutto". Riccio ha quindi spiegato che la prima telefonata che fece fu al generale Mori ("gli urlai che avrei denunciato tutti alla magistratura") e che provò anche a chiamare Ilardo ma senza riuscire a rintracciarlo. Era comunque certo che si sarebbero sentiti, come sempre accadeva, a tarda sera. "Presi l’aereo per Genova - ha aggiunto - arrivai a casa e trovai mia moglie in lacrime: sul Televideo c’era la notizia dell’omicidio".
Riccio ha spiegato di non aver contattato l famiglia di Ilardo "per evitare strumentalizzazioni e per proteggerli" ed ha al tempo stesso ricordato le parole che il numero uno dei Ros Antonio Subranni (al processo trattativa imputato e condannato con Mori a 12 anni nel processo di primo grado) gli disse irridendolo: “Povero Riccio, ti hanno ammazzato il confidente”.
Certo è che la collaborazione con la giustizia di Ilardo avrebbe potuto provocare un vero terremoto all'interno dei più alti gangli del potere.
A Riccio la "fonte Oriente" aveva anche parlato dei mandanti esterni delle stragi del '92 e del '93. E con dovizia di particolari nei processi Michele Riccio aveva spiegato che Ilardo era stato alquanto esplicito quando aveva dichiarato a Mario Mori: “Molti attentati che sono stati addebitati esclusivamente a Cosa Nostra, sono stati commissionati dallo Stato e voi lo sapete”. Il col. Riccio aveva ribadito anche l'indicazione avuta dallo stesso Ilardo su Marcello Dell'Utri quale persona di riferimento di Cosa Nostra nel periodo in cui era stato deciso di appoggiare la nascente Forza Italia ma anche quelle rivelazioni sul ruolo ibrido della Massoneria "deviata" e di tutte quelle entità esterne a Cosa Nostra che il confidente aveva avuto modo di conoscere.
E' chiaro, dunque, il motivo per cui Ilardo era scomodo. E la ricerca della verità, anche in questo capitolo, non deve rimanere vana.
(1 Luglio 2019)

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