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di AMDuemila
La tanto discussa emergenza rifiuti della città di Napoli del 2008 "fu risolta da Nicola Cosentino con un'intuizione brillante". A rivelarlo è il collaboratore di giustizia Nicola Schiavone, figlio del padrino Francesco detto Sandokan, condannato in primo grado per camorra in due diversi processi, assolto in appello in un terzo processo, e condannato con sentenza definitiva per la corruzione dei secondini del carcere dove trascorse un periodo di custodia cautelare. Il pentito, rispondendo alle domande del pm Fabrizio Vanori lo scorso 18 novembre ha riferito che l'operazione di Cosentino fu possibile grazie a una “convergenza di interessi” fra l’allora potentissimo leader politico e il boss Michele Zagaria, in quel momento latitante. In particolare con quella “brillante intuizione”, si legge nel verbale, Cosentino sarebbe riuscito a “garantirsi da un lato la benevolenza dei politici nazionali della sua coalizione, primo fra tutti Silvio Berlusconi, che in quel momento era in campagna elettorale per le Politiche, e degli imprenditori che avrebbero effettuato i trasporti; dall’altro, in caso di fallimento avrebbe potuto dare la colpa ai cittadini che protestavano” ed erano, sempre secondo il pentito, “appoggiati dai casalesi, perché era notorio che il terreno fosse degli Schiavone”. Il collaboratore però non è a conoscenza, ha detto, "dei termini dell’accordo né chi eventualmente svolse il ruolo di intermediario”. Il verbale è agli atti del processo di appello “Il Principe e la Ballerina” sulle infiltrazioni della camorra a Casal di Principe e sulla mediazione di Cosentino per un finanziamento bancario a un ipermercato a Casal di Principe. La difesa di Cosentino però fa notare: il sito di Ferrandelle fu indicato a gennaio 2008 in una riunione alla presenza del commissario straordinario De Gennaro, del presidente della Regione Bassolino e del sindaco Iervolino. Cosentino era all’opposizione. Infine, il 4 giugno, la Cassazione deciderà sull’assoluzione di Cosentino e dei fratelli nel processo “Carburanti”, imputazioni di estorsione e illecita concorrenza con l’aggravante mafiosa nella gestione dell’Aversana Petroli, l’azienda di famiglia.

Foto © Imagoeconomica

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