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di AMDuemila
L’indagine, partita da Sassari, è arrivata a Roma dove i pm avevano chiesto l’archiviazione dell’accusa di abuso d'ufficio

Il Gip del Tribunale di Roma, Clementina Forleo, il 29 marzo scorso ha ordinato al pm di formulare l’imputazione coatta di abuso d’ufficio verso l’ex comandante generale dei Carabinieri, Tullio Del Sette, insieme ad Antonio Bacile, ex comandante regionale della Sardegna, e Gianni Pitzianti, delegato del Cocer-Cobar, l’organismo di rappresentanza dell’Arma. Invece per omissione di atti d’ufficio per Del Sette e Bacile. A riportare ieri la notizia è stato il giornalista Marco Lillo sull’edizione cartacea de “Il Fatto Quotidiano”. L’ex comandante generale dell’Arma avrebbe trasferito un colonnello dei Carabinieri, Giovanni Adamo, assecondando i voleri del sindacato dell’Arma, il Cobar-Cocer e non ha invece avviato un procedimento disciplinare verso tutti i militari ‘invischiati’ in una vicenda di trasferimenti punitivi e protezioni indebite verso chi non rispetta le regole e le gerarchie.

Riavvolgendo il nastro

Ripercorrendo i fatti della vicenda nell’articolo si fa riferimento all’inchiesta della Procura di Sassari, trasferita poi a Roma due anni fa. Quattro giorni dopo aver ricevuto le carte del Comando Generale, la procura romana aveva chiesto l’archiviazione il 6 ottobre 2017 per tutti gli indagati.
La vicenda è iniziata quattro anni e mezzo fa a Pozzomaggiore nel sassarese. Il 29 ottobre 2014 si giocava una partita di serie A, Cagliari-Milan, quando i Carabinieri fermarono un 45enne del luogo, Michele Chessa, privo di documenti. I due militari che lo bloccarono hanno raccontato che Chessa avrebbe opposto resistenza e subito dopo sarebbe scattata una colluttazione. Invece un collega, Giuseppe Saiu, in servizio in Procura a Sassari, ha smentito il racconto dei militari. Per questa vicenda la procura di Sassari ha aperto un indagine dove il pm Giovanni Porcheddu ha ritenuto attendibili le dichiarazioni di Saiu. “Ero al bar, ricordo che quella sera c’era la partita del Cagliari. - ha dichiarato pochi giorni fa durante il processo in corso contro i due carabinieri - Da lì ho visto l’appuntato C. afferrare Michele Chessa, lo ha girato, sbattuto contro il montante dell’auto dei carabinieri, poi gli ha sferrato un pugno e infine lo ha ammanettato. Chessa non ha mai reagito, anzi poco prima aveva alzato le mani mentre indietreggiava...”.
Nel corso delle indagini, il magistrato ha intercettato conversazioni nelle quali i Carabinieri di Bonorva avrebbero programmato una spedizione punitiva a Poggiomaggiore e avrebbero auspicato trasferimenti per i loro superiori. Grazie alle intercettazioni si arrivò a capire che i fatti di Pozzomaggiore erano inseriti all’interno di una serie di episodi di tensione con due superiori: il Comandante della Compagnia di Bonorva, il tenente Francesco Giola, e il Comandante del Nucleo Radiomobile, il luogotenente Antonello Dore.

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Il giudice Clementina Forleo in uno scatto del 2009 © Imagoeconomica


Il sindacato Cobar-Cocer, si schierò a difesa dei sottoposti contro Dore e Giola e contro il comandante provinciale di Sassari, il colonnello Giovanni Adamo, che li difendeva.
In conclusione, il sindacato riuscì ad ottnere il trasferimento degli ufficiali Adamo e Giola. Per quanto riguarda Dore, qust'ultimo mantenne il grado di fatto è stato demansionato dalla sottoposizione a un tenente, perdendo anche l’alloggio di servizio.
Nel marzo 2017, il pm sardo stralciò le posizioni di Del Sette e dei due coindagati e girò tutto a Roma con una lettera rivolta ai colleghi: “Le indagini svolte sino a questo momento hanno fatto emergere come il trasferimento venne deciso a seguito di una indebita intromissione nella scelta di esclusiva competenza dei vertici dell’Arma dei Carabinieri da parte del Cobar Sardegna e, in particolare, di un suo componente, tale Pitzianti Gianni.
I pm romani Francesco Dall’Olio e l’aggiunto Paolo Ielo chiesero di archiviare l’abuso d’ufficio in quanto “difettano gli elementi costitutivi sia dal punto di vista dell’elemento oggettivo che di quello soggettivo” e l’omissione di atti d’ufficio perché “non risultano rapporti diretti tra gli indagati, né accordi collusivi tra gli stessi volti a sfavorire il Colonnello Adamo o gli altri militari”. Invece per il Gip i carabinieri di Bonorva “avevano in programma di compiere delle azioni ritorsive nei confronti dei colleghi che avevano osato doverosamente smascherare illeciti imputabili ad alcuni di essi e posti in essere nell’esercizio delle loro funzioni (quali l’ammanettamento di Michele Chessa ingiustamente accusato di aver provocato a due di essi lesioni personali)”. Secondo Forleo le intercettazioni sono importantissime: “Il tenore di alcuni passi di tali conversazioni non consente di nutrire dubbi su tali illeciti obiettivi oltre che sul coinvolgimento a tal fine di esponenti del Cobar Sardegna (Gianni Pitzianti) e di taluni vertici dell’Arma dei Carabinieri (nella fattispecie Tullio Del Sette e Antonio Bacile) che avrebbero dovuto occuparsi di dare ‘una lezione’ a chi aveva correttamente e doverosamente svolto i suoi compiti istituzionali oltre che i suoi doveri civici”. Per il Gip l’inchiesta “danno conto di particolari attenzioni che la scala gerarchica attivava nei confronti” di Giola, Dore e Adamo. Inoltre, Forleo ha evidenziato le pressioni del sindacato tramite l’appuntato Pitzianti che avrebbe fatto sul comandante della Legione Sardegna Antonio Bacile “affinché si attivasse per punire” i tre ufficiali. Un altro elemento degno di nota, secondo il Gip è che, prima dei trasferimenti e del demansionamento “va registrata la visita del Comandante Del Sette a Bonorva il 21 agosto 2015”. “Giola riferiva di essere stato aggredito verbalmente” da Del Sette che avrebbe permesso solo a Pitizianti di esporre il suo punto di vista ribaltando di fatto le gerarchie. Per il Gip “dalle conversazioni intercettate emergevano inequivocabilmente le influenze che gli interlocutori potevano avere sul generale Del Sette”.

Foto © Imagoeconomica

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