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Udienza rinviata perché non si trova chi conosce il dialetto del Fujian

E’ partito subito con lo scoglio della lingua il processo ‘China truck’ che vede imputato quello che la Dda considera il ‘capo dei capi’ della mafia cinese in Europa, Zhang Naizhong. Oltre a lui alla sbarra ci sono anche altri otto orientali ugualmente accusati di reati maturati in lunghi anni di scontri fra clan a Prato per il controllo di attività illecite, dalla contraffazione di merci, ai trasporti al gioco d’azzardo, alla prostituzione, alla droga, allo sfruttamento della manodopera clandestina.
Il processo si è arenato sulla necessità di reperire un interprete per le traduzioni di intercettazioni dal dialetto del Fujian, area della Cina cui appartengono alcuni imputati dove si parla una lingua parecchio diversa dal mandarino, la lingua ufficiale di Pechino. Quindi, il tribunale di Prato, in trasferta a Firenze nell'aula bunker col collegio presieduto dal giudice Francesco Gratteri, ha dovuto aggiornarsi al 4 marzo. Ma ancora prima di questa decisione tutta l'udienza è stata impegnata sui problemi di traduzione delle conversazioni intercettate nella lingua degli imputati. Le difese avevano posto un'eccezione, comunque respinta dal tribunale perché "tardiva", criticando la nomina, da parte dello stesso tribunale, di un perito perché non è di madrelingua cinese (è di lingua araba), benché sia dotato delle competenze tecniche per trascrivere le conversazioni, anche 'pulendole' da rumori, fruscii, ambiguità sonore. In realtà il perito si avvale dell'opera di ausiliari di lingua cinese. Tuttavia le difese hanno anche eccepito che il giuramento sulla perizia lo fa lui e non i traduttori cinesi che lo supportano. Comunque sia, per il tribunale di Prato si tratta di eccezione tardiva e l'ha respinta, quindi il processo va avanti con questi assetti. Rimane adesso, dunque, da risolvere il fatto che nella 'squadra' del consulente non c'è un interprete del dialetto di una particolare area della Cina e il tribunale sta cercando la figura competente idonea.
Il processo è solo una parte dell’inchiesta del pm Eligio Paolini e condotta dalla squadra mobile di Prato che il 18 gennaio 2018 portarono all'ordinanza di arresto per 25 orientali, poi scarcerati dal tribunale del riesame il mese dopo perché, in modo clamorosamente opposto rispetto al gip, non ha ravvisato l'accusa di associazione mafiosa. In realtà sullo sfondo delle indagini ci sono omicidi efferati - di solito con armi bianche - ordinati nel tempo anche a Prato per regolare i conti fra le organizzazioni cinesi, oltre al clima di intimidazione e subordinazione che regna nella Chinatown pratese con atteggiamenti di deferenza tipici delle realtà mafiose. Zhang Naizhong, che avrebbe collegamenti diretti con la Cina e che intercettato si sarebbe definito il capo della mafia cinese in Europa, pacificando Prato avrebbe esteso il suo comando fin sulle triadi attive a Parigi (Francia), poi avrebbe acquisito una sua credibilità pubblica anche presso le istituzioni locali. Adesso, insieme ad altri cinesi ritenuti i vertici dell'organizzazione vincente, è imputato in questo processo che si presenta alleggerito di molte accuse.
In ballo, invece, le posizioni di molti altri indagati su cui deve essere svolta udienza preliminare per il rinvio a giudizio. Molti potrebbero chiedere il rito abbreviato.

Fonte: ANSA

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