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maniero felicedi Mattia Fossati
Il nuovo libro di Maurizio Dianese che svela le tre vite del boss della mala

Venticinque anni sono passati da quando Felice Maniero ha iniziato a parlare delle sue malefatte. Venticinque anni nei quali, grazie al “pentimento” del boss, abbiamo saputo tutto quello che c’era da sapere sulla mala del Brenta e sul padrino di Campolongo Maggiore che per vent’anni ha seminato terrore e morte nel Nordest. Tutta la storia è stata ricostruita, eccetto un capitolo: dove sono finiti tutti i soldi di Faccia d’angelo?
Doppio gioco criminale, il nuovo libro-inchiesta di Maurizio Dianese getta un fascio di luce proprio sui misteriosi capitali a disposizione del boss Felice Maniero e sulla nuova vita del bandito iniziata dopo la scelta di collaborare con la giustizia.
“Aveva pensato a tutto – spiega Dianese – da quando è scappato dal carcere di Padova (14 giugno 1994) a quando è stato riacciuffato a Torino (12 novembre 1994) Maniero aveva dato ordine ai suoi di spostare il suo tesoro dalla Svizzera all’Italia”. Una parte di questo denaro (circa 33 miliardi di lire) sarebbe stato affidato a Lucia Carrain, madre e con tutta probabilità vero ragioniere della banda, la quale avrebbe affidato i capitali al cognato di Felicetto (Riccardo Di Cicco, condannato in primo grado a quattro anni e dieci mesi per aver riciclato 11 miliardi provenienti dalle casse del boss). Di questi soldi ne aveva già parlato lo stesso Maniero nel 2016, quando si era presentato alla Procura della Repubblica di Venezia per incolpare il cognato e la sorella Noretta di essersi tenuti una parte del denaro che egli gli aveva affidato per poterli riciclare. Ma quei 33 miliardi potrebbero essere solo una minima fetta del tesoro contenuta nel forziere che un tempo era sotterrato nei paludosi e umidi terreni disseminati sull’argine del Brenta.
“Durante le pause dei processi – svela Dianese – abbiamo fatto il conto dei miliardi che Maniero ha guadagnato in vent’anni di carriera criminale. Non possono essere meno di 100 miliardi di lire, circa 50 milioni di euro”.
Se teniamo per buono ciò che Faccia d’angelo ha confessato ai magistrati mancano all’appello circa 70 miliardi di lire. Cosa è successo di quella massa di denaro?
Il libro inchiesta di Maurizio Dianese non offre la risposta (del resto solo Felice Maniero conosce la verità) ma mette sul tavolo l’ipotesi più attendibile. “Potrebbe averli affidati – ipotizza il giornalista di nera del Gazzettino – ad alcune vetrerie “amiche” di Murano. Aveva già avuto rapporti con questi ambienti quando la banda faceva da padrone a Venezia”. È solo una suggestione? Pare di no.
Persino lo stesso Riccardo di Cicco, a verbale, ha confermato che Felice Maniero avrebbe reinvestito buona parte dei propri capitali proprio in alcune vetrerie delle isole della laguna di Venezia. Se non bastasse nel 2016 quando Maniero ha chiesto alla sorella e al cognato di restituirgli 150 mila euro provenienti dal suo tesoretto, astutamente non occultati alle autorità durante il pentimento, pare che l’ex boss della mala si sarebbe catapultato a Murano a batter cassa in qualche vetreria. Ha quindi così riciclato tutto il suo patrimonio illegale? “È una delle ipotesi – chiarisce Dianese – del resto non dimentichiamoci che lui è stato l’amministratore delegato di una società per male azioni. Ha avuto a libro paga centinaia di persone a cui versava uno stipendio mensile, come se fossero i suoi dipendenti, ma il 100% della torta se lo metteva in tasca lui prima di dividerlo e si teneva per sè comunque la maggioranza degli introiti”.
Dove sono finiti quindi tutti i soldi del boss?
Il mistero resta avvolto nelle nebbie del Piovese però con il nuovo libro di Maurizio Dianese è stato finalmente svelato il doppio gioco del boss Felice Maniero.

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