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mafia gangster c istockdi Antonio Mazzeo
L’imprendibile superboss Matteo Messina Denaro; i fratelli stragisti Filippo e Giuseppe Graviano da Brancaccio, Palermo; tutti i rampolli della famiglia allargata Santapaola-Ercolano-Vacante di Catania; le potenti ‘ndrine di Platì e Cirò Marina e i reggenti della Sacra Corona Unita pugliese; i portavoce delle cosche meridionali in terra lombarda ed in Emilia Romagna. Nel lungo racconto del costruttore Biagio Grasso davanti ai giudici del Tribunale di Messina, sono questi i principali referenti, partner e finanche parenti sparsi in mezza Italia del gruppo criminale peloritano con a capo l’anziano Francesco Romeo e il figlio Vincenzo “Enzo”. Connection di altissimo livello che hanno permesso alla famiglia Romeo di diversificare gli investimenti in molteplici settori economici e conquistare piena autorevolezza nel firmamento criminale nazionale. Come dire che Messina, ormai, non è seconda a nessuno nelle trame della borghesia imprenditrice, predatrice e mafiosa.

Le relazioni pericolose di Biagio Grasso
Io non sono stato mai affiliato con i canoni tradizionali né nella famiglia barcellonese né tanto meno nel clan Santapaola-Ercolano, soprattutto perché le persone, gli imprenditori vicini che hanno attività insieme a loro, i capi, non usano più da tanto tempo questo tipo di usanza”, ha dichiarato Biagio Grasso nel corso della sua deposizione all’udienza del 30 novembre del processo antimafia Beta sulla grande area grigia in cui convivono e cooperano criminali, imprenditori, professionisti e funzionari pubblici della città di Messina.

Avevo però un ruolo importante a tutti gli effetti ancor di più con i clan Romeo e Santapaola, dovuto all’amicizia e al rapporto strettissimo di investimenti che abbiamo fatto con Enzo Romeo”, ha proseguito il neocollaboratore di giustizia. “Lui mi ha messo in contatto con personaggi di calibro appunto come Vincenzo Ercolano, persona che comunque non incontrava nessuno se non era assolutamente garantita da uno di sangue e di famiglia. Personaggi come Roberto Vacante che è entrato in merito a tutta una serie di rapporti che si dovevano creare con aziende del catanese per lavori importanti che c’erano, come Tecnis, in Piemonte e altre attività che si dovevano sviluppare sul territorio messinese e quindi la costruzione dei parcheggi e la proposta per fare il palazzo di giustizia a Messina in alcune aree vicino al La Farina… E tutta una serie di attività che si volevano fare nel campo dei rifiuti non solo solidi urbani ma rifiuti di inerti in un grosso appezzamento che Vincenzo Ercolano aveva sulla statale che porta verso Siracusa dove la nostra socia di Milano, Allievi, ebbe dei contatti già direttamente con Vincenzo Ercolano una volta accompagnato da me, altre volte da sola per portare attrezzatura che noi avevamo a Milano e quindi iniziare una società con loro su Catania”.

Venivo presentato a queste persone come socio di Vincenzo Romeo, persona di fiducia già vicina al clan di Pippo Gullotti, anche perché il clan di Barcellona è stato sempre vicino e alleato del clan Santapaola tant’è vero che Nitto Santapaola è stato latitante a Barcellona Pozzo di Gotto per diverso tempo”, ha spiegato Grasso. “Quindi mi presenta con queste credenziali, più chiaramente vengo con lui e lui all’interno della famiglia è considerato la persona di maggiore serietà di tutti i più giovani che all’epoca erano ancora liberi sul territorio. Io conoscevo gli appartenenti alla famiglia Romeo. Francesco Romeo è il marito di Concetta Santapaola nonché papà di tutti fratelli Romeo fra cui Enzo. Concetta Santapaola è la sorella di Nitto Santapaola, il boss capo della storica famiglia Santapaola. Francesco Romeo l’ho conosciuto in diverse occasioni, ha fatto direttamente anche qualche intervento dal punto di vista economico quando c’è stato un periodo che eravamo in crisi di liquidità e ha pagato per esempio qualche effetto cambiario a dei soggetti di Catania. Anche se la gestione da quello che ho potuto constatare e vedere era totalmente in mano a Vincenzo Romeo, per una questione di rispetto di anzianità e di caratura criminale, per qualsiasi decisione importante si consigliava sempre con il padre. È intervenuto due o tre volte direttamente lui pagando delle somme a dei fornitori per conto nostro per l’operazione che avevamo in quel momento al Villaggio Aldisio. Ha pagato una cambiale di 5 mila o 10 mila euro a Le Costruzioni dello Stretto, erano delle cambiali che XP, la mia società e di Enzo Romeo, aveva emesso nei confronti di quella società che nelle more era proprietaria della Procoim che era titolare dell’operazione a via Chinigò. Francesco Romeo aveva un ruolo di apice anche se non era più operativo considerati i limiti di età, però in ogni caso veniva informato di tutto da Vincenzo Romeo, tant’è vero che tante volte mi ricordo mi diceva: Non fare in modo che ti deve chiamare mio padre, stiamo parlando alla fine, chiudiamo ‘sta operazione, liquida perché mio padre vuole parlare con te…”.

Dei soggetti che sono parenti di Vincenzo Romeo ho conosciuto direttamente Vincenzo Ercolano, Roberto Vacante, il figlio di Nitto Santapaola Francesco Santapaola in virtù di un’estensione o un recupero somme ai danni dell’architetto La Spina in riferimento ad un vecchio affare che La Spina aveva fatto con i capi storici del clan Santapaola negli anni ’80”, ha rivelato l’imprenditore di origini milazzesi. “La Spina aveva fatto un investimento in società con la famiglia Santapaola per la costruzione di 600 appartamenti ad uso turistico nella zona di Acireale, poi questo investimento per una questione simile a quella del Torrente Trapani si fermò, solo che il La Spina rimase in debito di 4 miliardi delle vecchie lire nei confronti di Nitto Santapaola e di altri soggetti di spessore. Una parte a dir del La Spina la restituì, circa 2 miliardi delle vecchie lire; una restante somma pari a 2 miliardi e quindi a circa un milione di euro era rimasta ancora da dare… Quindi io con La Spina entro in contatto per delle attività normali che avevo come imprenditore su Messina. L’architetto La Spina sa che sono amico intimo di Vincenzo Romeo anche perché glielo dico pure io e mi dice: Mi devi fare un favore, mi devi fare conoscere ‘sto ragazzo, anche perché io conoscevo il padre, lo stimo tantissimo, ma non conosco ‘sti ragazzi che so che sono persone serie e apposto, e così gli presento Vincenzo Romeo. Quest’ultimo in qualche misura era a conoscenza di questa vicenda e quindi gli dice: Mi interesso io, da qui contatta Francesco Santapaola che insieme ad un altro soggetto di cui non ho mai saputo il nome, ma so che era il figlio di uno soprannominato Manuncula, scendevano a Messina e hanno minacciato diverse volte l’architetto La Spina, e da qui Vincenzo Romeo insieme a me si interessa nella mediazione di questa vicenda. Fatto sta che non ha avuto comunque più pressioni il La Spina in maniera violenta come li riceveva prima e fino al mio arresto non aveva versato somme in virtù di questo debito. Con l’interessamento di Vincenzo Romeo questa cosa si era in qualche maniera affievolita”.

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