Questo sito utilizza cookie tecnici e di terze parti per migliorare la navigazione degli utenti e per raccogliere informazioni sull’uso del sito stesso. Per i dettagli o per disattivare i cookie consulta la nostra cookie policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque link del sito acconsenti all’uso dei cookie.

cucchi ilaria c imagoeconomicadi Lorenzo Baldo
Il Maresciallo Roberto Mandolini chiede 50.000 euro di risarcimento
“Il maresciallo Mandolini mi ha fatto causa perchè avrei leso la sua immagine con questa pagina. Vuole da me 50mila euro”. Inizia così il post di Ilaria Cucchi sulla sua pagina facebook. La notizia è di ieri. “La convocazione per trovare una ‘mediazione’ è fissata per il 18 ottobre”, spiega la sorella di Stefano Cucchi che poi specifica cosa ha fatto il suo principale accusatore: “Ha cancellato dalla sua pagina tutti gli innumerevoli post provocatori ed offensivi nei confronti miei e della mia famiglia, per non parlare di Stefano. Ma io li ho conservati tutti. Il maresciallo Mandolini ha deposto il falso e depistato le indagini sulla morte di mio fratello, facendo in modo che la mia famiglia affrontasse anni di un processo falso costosissimo sul piano economico e soprattutto emotivo. Ora vuole pure 50mila euro”.
Per ricordare chi è il maresciallo Mandolini basta riprendere le parole di Riccardo Casamassima, il carabiniere che con le sue dichiarazioni ha dato un impulso determinante alla Procura di Roma nell'indagine bis sulla morte di Stefano Cucchi. “‘E’ successo un casino, i ragazzi hanno massacrato di botte un arrestato’. Me lo disse una mattina dell'ottobre del 2009, senza fare il nome degli autori, un preoccupatissimo maresciallo Roberto Mandolini (da poco alla guida della stazione Appia, ndr), portandosi la mano sulla fronte e precipitandosi a parlare con il comandante Enrico Mastronardi della stazione di Tor Vergata”. Con queste parole Casamassima aveva iniziato la sua deposizione davanti alla Prima Corte d'Assise di Roma lo scorso 15 maggio. “Il nome di Stefano Cucchi come del massacrato di botte - aveva evidenziato il teste - fu percepito dalla mia compagna, Maria Rosati (anche lei nei carabinieri, ndr) - che era dentro quell'ufficio e aggiunse che stavano cercando di scaricare la responsabilità sulla polizia penitenziaria”. Casamassima aveva spiegato di avere suggerito al maresciallo Mandolini nell’ottobre 2016 durante un incontro di andare “dal pm a dire le cose che sai, mi rispose: ‘No. Il pm ce l'ha a morte con me’”. La decisione di raccontare questo episodio era arrivata nel 2015, sei anni dopo la morte di Cucchi, “perchè pensavo che Mandolini volesse fare lui stesso qualcosa. Avevo paura di ritorsioni - aveva aggiunto Casamassima - dopo la mia testimonianza hanno cominciato a fare pressioni pesanti nei miei confronti. Ho avuto anche problemi perché ho rilasciato interviste non autorizzate; si stava cercando di screditarmi, e io dovevo far capire che tutto quello che dicevano non era vero”. “All'inizio la vicenda Cucchi non mi aveva visto coinvolto in prima persona - aveva evidenziato il teste - ma troppe cose fatte dai miei superiori non mi erano piaciute, come l'abitudine di falsificare i verbali e di coprire gli autori di illeciti. E vergognandomi di ciò che sentivo e vedevo, ho deciso di rendere testimonianza, pur temendo ritorsioni e pressioni che poi si sono puntualmente verificate. Non appena il mio nome è uscito sui giornali, ho dovuto fare i conti con una serie di procedimenti disciplinari, tutti pretestuosi”.
A margine di quell’udienza Ilaria Cucchi - che dal giorno della morte del fratello ha continuato instancabilmente a cercare giustizia e verità - aveva commentato amaramente: “Per anni io e la mia famiglia abbiamo rincorso la verità, abbiamo atteso troppo. Ritengo che il principale responsabile di questa attesa sia il maresciallo Mandolini”. “Ricordo bene quando Mandolini venne in aula nel primo processo, quello sbagliato - aveva sottolineato - a raccontarci la storiella che quella era stata una serata piacevole e che Stefano era stato anche simpatico. Adesso è il processo giusto, si parla di pestaggio. E ogni volta che entro in quest’aula ho la pelle d’oca. E’ inaccettabile, e lo dico da sorella di Stefano ma anche da cittadina, che si sia cercato di scaricare tutto sulla polizia penitenziaria”.
Di inaccettabile, per un Paese che si definisce civile, c’è che chi ha subito una tremenda ingiustizia come la morte improvvisa di un proprio congiunto per mano di chi aveva il dovere di tutelarlo, venga ora denunciato da uno degli imputati del processo. E’ questa l’immagine che viene lesa: quella della giustizia.

Ad Ilaria Cucchi e alla sua famiglia l’abbraccio e la piena solidarietà di tutta ANTIMAFIADuemila


Foto © Imagoeconomica

ARTICOLI CORRELATI


Sulla mia pelle: l'atto di accusa di un film da vedere

ANTIMAFIADuemila
Associazione Culturale Falcone e Borsellino
Via Molino I°, 1824 - 63811 Sant'Elpidio a Mare (FM) - P. iva 01734340449
Testata giornalistica iscritta presso il Tribunale di Fermo n.032000 del 15/03/2000
Privacy e Cookie policy

Stock Photos provided by our partner Depositphotos