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dellutri marcello sguardoTribunale di sorveglianza dispone il differimento di pena
di AMDuemila


Di Matteo: "Dell'Utri resta elemento cardine del rapporto mafia-politica"

Marcello Dell'Utri, ex senatore di Forza Italia, lascerà il carcere. A deciderlo è stato il Tribunale di sorveglianza che, accogliendo la richiesta dei legali, ha disposto il differimento della pena per l'ex senatore. Il cofondatore di Forza Italia è al momento detenuto nel carcere di Rebibbia a Roma per scontare una condanna definita a sette anni per concorso esterno in associazione mafiosa.
Il Tribunale di sorveglianza aveva già respinto la richiesta della difesa a febbraio scorso spiegando che Dell'Utri sarebbe potuto scappare e sostenendo che le patologie di cui era affetto non erano in stato avanzato. Ora sembrerebbe che il provvedimento sia stato adottato per i problemi di salute.
Secondo quanto avevano accertato i medici di Rebbibia, che all'epoca avevano inoltrato ai giudici di Sorveglianza le relazioni sullo stato di salute dell’ex senatore, Dell’Utri è affetto da una cardiopatia e una forma di diabete grave e nel luglio scorso gli è stato diagnosticato un tumore maligno alla prostata. Per questo motivo i legali Alessandro De Federicis e Simona Filippi avevano presentato richiesta di scarcerazione in quanto, a loro dire e con il sostegno del garante dei detenuti, "il carcere e le strutture protette sono inadeguate per le cure di cui ha bisogno Dell'Utri”. Il primo no del Tribunale di sorveglianza era arrivato a dicembre 2017. All'epoca i giudici motivarono la decisione scrivendo che "sulla scorta del quadro clinico complessivo i periti hanno concluso per la compatibilità con il carcere non emergendo criticità o urgenze tali da rendere necessario il ricorso a cure o trattamenti non attuabili in regime di detenzione ordinari”. E quindi: “Sono sotto controllo farmacologico e non costituiscono aggravamento del suo stato di salute”.A febbraio scorso avevano aggiunto le altre considerazioni relative al rischio di fuga. Ad aprile però i legali avevano fatto sapere che la Cassazione aveva annullato l’ordinanza del tribunale di Sorveglianza di Roma del 5 dicembre 2017 chiedendo ai giudici di valutare nuovamente il suo caso tenendo conto “dell’aggravamento delle condizioni sanitarie” e degli effetti sulla sua salute del trasferimento quotidiano in ospedale. Così lo scorso 15 giugno è stata disposta una nuova perizia medica, ed oggi si apprende la decisione del Tribunale di sorveglianza di accogliere la richiesta dei difensori dell'ex senatore.

Marcello Dell'Utri, per aver avuto rapporti con i clan di Cosa nostra fino al 1992 nel 2014 è stato condannato. Dopo la condanna definitiva aveva tentato la fuga in Libano dove è rimasto ben poco perchè fu arrestato a Beirut. Il 20 aprile di quest'anno l'ex senatore è stato nuovamente condannato, a 12 anni in primo grado al processo trattativa Stato -mafia. Secondo la ricostruzione dei pm il cofondatore di Forza Italia era l'uomo cerniera nella seconda parte della trattativa tra Cosa nostra ed i nuovi referenti politici, che trovavano espressione nel partito di Berlusconi insediatosi con l'appena nata Seconda Repubblica.
In merito alla scarcerazione non sono mancati i commenti. Secondo l'ex magistrato Antonio Ingroia, ieri intervenuto a margine della presentazione a Genova del suo libro 'Le trattative', ha dichiarato: "Il mio punto di vista è che ogni condannato come Dell'Utri deve scontare la pena ma se viene riconosciuto che vi sono condizione di salute incompatibili con la detenzione carceraria può essere giusto che vada ai domiciliari. I giudici del Tribunale di sorveglianza avranno fatto queste considerazioni".
Ed anche il sostituto procuratore nazionale antimafia, Nino Di Matteo, uno dei pm del processo “Trattativa Stato-mafia”, ha espresso un pensiero, rilasciato a La Repubblica: "Prendo atto del provvedimento del tribunale di sorveglianza di Roma, ma ci sono alcuni dati che oggi più che mai devono essere sottolineati. Dell’Utri resta un condannato definitivo per concorso esterno in associazione mafiosa, per essere stato l’artefice e il garante per un ventennio dei rapporti fra i vertici della mafia palermitana e Silvio Berlusconi". Quindi il pm ha ricordato la condanna a 12 anni proprio al processo finito lo scorso 20 aprile. L'ex senatore è stato ritenuto colpevole "per aver svolto nel periodo immediatamente successivo alle stragi il ruolo di cinghia di trasmissione tra le richieste dei “corleonesi” allo Stato e il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi" e su di lui ci sono anche altre inchieste come quella "su un possibile coinvolgimento pure nelle stragi del 1992-1993". Infine ha concluso: "Dell’Utri resta uno degli elementi cardine dei più recenti rapporti fra la mafia e la politica, ed è potenziale conoscitore di retroscena importanti anche per completare il percorso di conoscenza sulle stragi".

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