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ciotti libera numeri pariNando dalla Chiesa: “La sentenza ora è arrivata, ma è come se ci fosse stata solo un'opinione”
di AMDuemila

“Bisogna continuare a cercare la verità, perché da questa sentenza sono emerse solo piccole verità” ha detto don Luigi Ciotti dal palco della manifestazione del 25 aprile in piazza Duomo a Milano, parlando della sentenza di primo grado del processo sulla trattativa Stato-mafia dello scorso 20 aprile.

“Bisogna impedire che qualcuno fermi questo percorso, bisogna andare avanti – ha sottolineato il fondatore di Libera - Tocca anche a noi fare in modo che questo percorso non venga fermato". Il prete antimafia si è quindi scagliato contro "le parole di chi afferma che quel processo non andasse fatto" quando invece è un “dovere morale che spetta a tutti” quello “della verità nei confronti di chi è stato assassinato e nei confronti dei loro cari”. Don Ciotti ha fra l'altro sostenuto che "la liberazione dell'Italia va completata, l'Italia va ancora liberata, perché un Paese dove c'è ancora la mafia non è un Paese liberato".

Anche il presidente onorario di Libera Nando dalla Chiesa ha parlato della sentenza che ha condannato i mafiosi e i tre ufficiali del Ros per minaccia o violenza a corpo politico dello Stato, criticando il tentativo di sminuire una sentenza tanto importante: "Di fronte a questa vicenda, che è complicata e quindi può darsi finisca in altro modo, per anni ci siamo sentiti dire: 'aspettiamo la sentenza, sono le sentenze che parlano'. La sentenza ora è arrivata, ma è come se non ci fosse stata. E' come se ci fosse stata solo un'opinione". Dalla Chiesa ne ha parlato alla celebrazione del 25 aprile all'Istituto Cervi, a Gattatico (Reggio Emilia) nella casa che fu dei sette fratelli Cervi, partigiani e martiri della Resistenza. "Mi ricordo - ha detto dalla Chiesa - la mattina dopo la sentenza di primo grado su Andreotti: Roma era tappezzata di manifesti che davano per scontato che quella fosse 'la sentenza'. Ora che si è entrati nel vivo della trattativa tra stato e mafia, questa non è 'la sentenza', non è neanche 'una sentenza', sembra una cosa che pensano dei magistrati che non hanno abbastanza elementi per capire quello che è accaduto. E soprattutto è colpa dei giudici popolari che non sono sufficientemente preparati dal punto di vista tecnico per giudicare, è la prima volta che lo sento dire...".
Il sociologo e figlio del generale Carlo Alberto dalla Chiesa ha avvalorato il lavoro dei magistrati che in diverse occasioni e da diversi soggetti sono stati criticati in questi anni e attaccati: “La sentenza ci dice che quei quattro magistrati che hanno lavorato per arrivare a quella sentenza non erano degli ossessi, non erano dei fissati della trattativa, perché dopo di loro ci sono stati dei magistrati che hanno giudicato. Non erano solo quei quattro a pensarla in quel modo, sono passati attraverso un dibattimento molto lungo, di fronte a persone che non erano coinvolte nelle inchieste e che hanno giudicato con serenità”.
Dalla Chiesa non ha risparmiato dalla critica le passerella in cui si ricordano le vittime una sola volta all'anno: “Il 23 maggio, a ricordare Falcone a Capaci, vedremo tante persone che sgomitano da anni fra di loro per farsi vedere - ha concluso il presidente onorario di Libera - perché quella è la grande occasione in cui si celebra la propria antimafiosità. Poi spariscono, non c'è più una parola, una assunzione di responsabilità".

Fonte ANSA

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