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Quel maledetto terremoto ha avuto l'ardire di pensare di separarci: giammai!!! Il mio amore per te è così grande che non riesco più a raccontarlo, nessuna parola può contenerlo, si sente e basta! E tu lo senti, lo so! E nel silenzio del sentire, parlano solo i nostri cuori ed è il dialogo più bello! Sempre con me, figlio mio, per sempre!”. Inizia così il post pubblicato sulla pagina facebook di Grazia Malatesta, madre di Davide Centofanti, 22 anni, una delle otto vittime della Casa dello studente crollata nel terremoto de l’Aquila il 6 aprile 2009. “Non so che cosa unisca di più, se le grandi catastrofi o le grandi gioie - scrive ancora Grazia citando lo scrittore portoghese Josè Saramago -. Le catastrofi sono una buona marea per far venire a galla l’istinto di conservazione, l’egoismo istintivo (le gioie, a pensarci bene, hanno anch’esse i loro peccati). Ma almeno, dopo una catastrofe, quando ci ritroviamo alla luce del giorno, ancora non del tutto ripresi dallo spavento, forse vergognosi delle fughe dissennate, della ferocia del ‘si salvi chi può’ - ci guardiamo l’un l’altro negli occhi e ci vediamo uguali, un po’ fratelli e amici. Perciò parliamo tanto di quel che ci è accaduto, con questo, con quello, con lo sconosciuto che ci è capitato davanti per caso. C’è un bisogno impellente di abbandonarci, di comunicare, come se tutti insieme acquistassimo forza per far fronte a quel che ancora potrebbe succedere. Tutti insieme - ecco il fiore di questo piccolo arbusto che è la cronaca. Di colpo, le persone vogliono delle soluzioni, si afferra il terremoto con entrambe le mani, virilmente. Stavolta è così. Non abbiamo vinto la paura, ma abbiamo guadagnato solidarietà”.
La dignità di questa madre di Vasto è pari alla sua determinazione nel pretendere verità e giustizia. Quella giustizia che torna in mente nelle motivazioni della sentenza della Cassazione (depositate il 17 febbraio dello scorso anno) che ha confermato le condanne per il crollo della Casa dello studente: quattro anni di reclusione per gli ingegneri Bernardino Pace, Pietro Centofanti e Tancredi Rosicone, e due anni e sei mesi per Pietro Sebastiani, il presidente della Commissione collaudo dell'Azienda per il diritto agli studi universitari. La sintesi di quella sentenza è devastante: la Casa dello studente era destinata a crollare sotto il sisma del 2009. Il palazzo - avevano sottolineato i supremi giudici - è stato in tutto e per tutto modificato, rimanendo tuttavia identico all'originale soltanto per ciò che attiene alle sue componenti statiche, rispetto alle quali né i tre progettisti, né il collaudatore si sono minimamente posti il problema se tutto quello che era stato realizzato, con le radicali e totali modificazioni conseguitene, fosse ancora compatibile con quanto era stato progettato e valutato quasi quaranta anni prima e per tutt'altra destinazione”. La sensazione che le condanne nei confronti dei colpevoli siano state fin troppo lievi è del tutto evidente. Ma questa è la giustizia nel nostro Paese.
E mentre la terra ha ripreso a sussultare l’amore di Grazia per il suo Davide continua ad essere il punto fermo che va oltre ogni retorica istituzionale in vista degli anniversari dei terremoti. Un punto fermo che impone ai rappresentanti delle istituzioni di non ripetere gli stessi errori.

Foto © Andrea Pioltini

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