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bologna colorRogatoria in Svizzera sui milioni di dollari partiti da un conto del “venerabile
di AMDuemila
Torna l’ombra del maestro venerabile della Loggia P2, Licio Gelli, scomparso nel 2015, sui fatti della strage di Bologna, che il 2 agosto 1980 causò 85 moti e quasi 200 feriti. La Procura generale di Bologna, che nel 2017 ha avocato l’inchiesta della Procura, ha avviato un filone di inchiesta importante con una rogatoria in Svizzera per verificare gli eventuali movimenti per diversi milioni di dollari che, prima della strage, sarebbero partiti da un conto bancario elvetico aperto, riconducibile proprio a Gelli, in favore di una serie di soggetti appartenenti ai più discussi ambienti dei Servizi segreti dell’epoca, a giornalisti a loro vicini e a elementi dell’estremismo nero veneto.
A darne notizia è “Il Fatto Quotidiano” che ha evidenziato come la “pista” non sia comunque una novità nell’ambito delle indagini sull’eccidio. La Procura della Repubblica di Bologna, infatti, l’aveva esclusa nel 2017, ma la Procura generale vuole comunque andare fino in fondo su quelle movimentazioni per capire se il denaro sia stato utilizzato per finanziare gli attentatori.
Se così fosse è plausibile che Gelli, oltre ad aver “depistato” come dicono le sentenze, sarebbe stato il mandante, o uno dei mandanti, della strage alla stazione.
Un dato di cui l’Associazione fra i familiari delle vittime è fermamente convinta tanto che nel 2015 consegnò in un esposto un documento, intitolato “Bologna Bologna - 525779 - X.S.” e relativo a un conto aperto dal venerabile alla Ubs di Ginevra, proveniente dal fascicolo del processo per il crac del Banco Ambrosiano di Roberto Calvi.
Ed è da questo che l’Avvocato generale di Bologna Alberto Candi e il sostituto procuratore generale Nicola Proto, titolari dell’inchiesta, sono ripartiti.
Nella richiesta di archiviazione della Procura di Bologna per l’inchiesta sui “mandanti occulti”, avevano scritto che “nessun elemento concreto è emerso per fondare l’ipotesi di un finanziamento oggettivamente e soggettivamente indirizzato alla commissione della strage proveniente da Licio Gelli, Umberto e Mario Ortolani, specificamente individuabile, rintracciabile e documentabile”. E sul documento “Bologna - 525779 - X.S.” agli atti del processo sul crac del Banco Ambrosiano scrivevano che “non ha evidenziato alcun elemento che riconduca la destinazione di tali somme al gruppo Ordine Nuovo diretto da Maggi e/o al gruppo Fioravanti, Mambro, Ciavardini, Cavallini”.
Gli ex Nar Fioravanti e Mambro, per la strage, furono condannati in via definitiva all’ergastolo mentre nel 2007 è stato condannato Ciavardini a 30 anni. In primavera si aprirà un altro processo contro Gilberto Cavallini, 65 anni, ergastolano in semi-libertà, anch’egli ex Nar, accusato di aver dato supporto logistico agli autori dell’eccidio alla stazione.
Ma furono solo loro ad agire?
Certo è che Licio Gelli negli anni Novanta, seppur assolto da varie altre accuse, fu condannato per calunnia aggravata dalle finalità di depistaggio insieme al faccendiere legato al Sismi e alla massoneria Francesco Pazienza, al generale piduista del Sismi Pietro Musumeci che era membro della P2 e al colonnello Pietro Belmonte, scomparso nel 1988, che non apparteneva alla P2 ma figura in un rapporto sulle logge bolognesi.
Oggi la Procura generale, sulla base di elementi ancora coperti da segreto, rilancia nella speranza che la rogatoria in Svizzera dia qualche nuovo risultato.